La rivoluzione
digitale della scuola italiana ha le armi spuntate: connettere a
Internet tutte le 328mila classi italiane (dalle primarie fino alle
superiori) entro l'anno accademico appena iniziato è una missione
impossibile. Il decreto-legge 95 del 6 luglio 2012 lo diceva senza
mezzi termini: iscrizioni online, registro elettronico e pagelle
digitali dovevano essere operative in tutta Italia già un anno fa.
Negli ultimi 12 mesi le cose non sono migliorate e sembra che sulle
cattedre ci saranno solo penne e fogli di carta.
Trasformare in blocco tutta la scuola italiana non è facile,
soprattutto perché nel testo del decreto-legge appare la famosa formula
“ senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”. Ma
risparmiare su fotocopie e libri cartacei non ti permette di mettere un
computer in tutte le classi, o di dare un tablet in mano a tutti gli
studenti. Senza contare che il Miur non ha definito una linea guida
precisa per pagelle e registri online: non esiste un software unico e
ogni scuola deve cavarsela da sola.
Una bella sfida per gli istituti scolastici italiani che, secondo il rapporto Ocse, hanno a che fare con una strategia
centrale limitata dalle carenze di budget. Esistono casi virtuosi già
avanti nelle sperimentazioni digitali – come l' Istituto
comprensivo di Castellucchio, la prima scuola a carta zero in
Italia – ma i grandi numeri dicono esattamente il contrario: l'Italia
non è ancora pronta per collegare la spina della scuola digitale. Ecco
perché.
Manca uno standard comune
Secondo una indagine promossa da Kion (Cineca) condotta su 200
presidi, il 45% degli intervistati ha dichiarato di non aver ancora tra
le mani alcuna soluzione per il registro digitale. Di questi, il 72%
cercherà un software sul mercato, mentre il 20% non ha le idee chiare.
C'è poi un l'8% convinto di poter rinviare la decisione nel tempo
grazie a una proroga di legge. Insomma, ognuno dei quasi 28mila
istutiti statali – dalle primarie in su – dovrebbe adeguarsi con le
proprie forze.
Visti i numeri in gioco, monitorare la digitalizzazione caso per caso è
praticamente impossibile. Per fortuna molte delle iniziative condotte a
livello locale sono supportate dalle regioni che, con il contributo del
Miur, stanno elargendo fondi per progetti legati alla scuola digitale.
Tuttavia, gran parte dei fondi – come nel caso di Toscana e Emilia-Romagna – sono diretti ai programmi Scuol@
2.0 e Cl@sse 2.0 per l'implementazione delle lavagne
interattive (Lim) e altre tecnologie di rete.
Ma alle scuole servono anche i computer
Nonostante lo stanziamento di fondi, i programmi del Miur sono diretti
soprattutto alle scuole già dotate di attrezzature e connessione
soddisacenti. C'è il rischio, cioè, che gli istituti più arretrati
siano penalizzati nella transizione dalla carta al digitale. Succede
anche a Roma presso il liceo Mamiani, che ha chiesto ai genitori degli
alunni di donare computer, monitor, portatili, stampanti e scanner. La
buona volontà c'è, ma da sola non basta.
Il rinnovo delle dotazioni informatiche nelle scuole è un altro tasto
dolente: comprare computer e software nuovi di zecca svuoterebbe le
casse degli istituti nel giro di pochi mesi. La soluzione? Per esempio
optare per software open source – il cui aggiornamento da parte di
tecnici esterni non è comunque gratis – e per il riuso di macchine
usate. Le spese sarebbero più contenute e a trarne vantaggio sarebbe
l'intero territorio, come è successo nel caso del progetto anch'io Pc che
coinvolgeva una rete locale di aziende e comuni per la rigenerazione di
personal computer.
La vera sfida resta comunque un'altra: insegnare proprio agli insegnati
(e passi il gioco di parole) come ci si muove tra strumenti online e
linguaggi di programmazione. Esistono community che lavorano in questa
direzione – vedi Porte aperte sul Web – ma il loro sforzo non è
ancora in grado di raggiungere tutti i 700mila docenti della scuola
pubblica italiana.
Gli ebook slittano al 2015
Altra nota dolente: l'adozione dei testi digitali è stata rimandata di almeno altri
due anni scolastici. Portare i libri di scuola su tablet o ereader
resta un sogno lontano: nell'era digitale 24 mesi di attesa sono una
enormità e il rischio è quello di adottare una soluzione già troppo
vecchia per il resto degli standard mondiali. Lo ha detto a Wired anche
Ernesto Belisario ( @diritto2punto0), avvocato esperto di e-gov e
nuove tecnologie: “Il rinvio degli ebook al 2015 è una follia e il 'non
siamo pronti ' del ministro Carrozza è un segnale pessimo. Non sappiamo
neppure quali saranno le tecnologie disponibili tra due anni: se
l'innnvoazione non è veloce tutto diventa inutile. Serve un piano
effettivo di switch off delle vecchie tecnologie che abbia una scadenza
precisa. In parole chiare: non si torna più indietro. Purtroppo
l'Italia ha il difetto di essere il paese dell'eterna sperimentazione.
Però nel nostro paese gli esempi virtuosi esistono. Questo lo sappiamo.
È arrivato il momento che i progetti pilota diventino esempi da seguire
e applicare su vasta scala”.
Gli ultimi interventi del governo
Il Consiglio dei ministri del 9 settembre ha approvato il decreto L’istruzione riparte, che prevede lo stanziamento di
fondi a favore della scuola e dell' istruzione universitaria. In
particolare, ci sono 15 milioni di euro per incrementare la
connettività wireless nelle scuole secondarie (con priorità a quelle di
secondo grado); 8 milioni (2,7 per il 2013 e 5,3 per il 2014) per
finanziare l'acquisto da parte di scuole secondarie di libri di testo –
da ora facoltativi e sostituibili con altro materiale – e ebook da dare
in comodato d'uso agli alunni bisognosi; 10 milioni per il 2014 per la
formazione del personale scolastico anche sul piano delle competenze
digitali.
Lorenzo
Mannella - Daily.wired.it