Per i precari
è un riscatto. L’assunzione a tempo determinato potrebbe presto infatti
rivelarsi più sconveniente per il datore di lavoro (in questo caso lo
Stato, rappresentato dal ministero dell’Istruzione) che per il docente.
E’ questo lo scenario che si profila, dopo le sentenze emesse –
l’ultima lo scorso 22 febbraio – da un giudice del lavoro di Trapani
nei confronti del Miur. Nel giro di due settimane il dicastero guidato
da Francesco Profumo è stato condannato a risarcire tre insegnanti
precari: uno di educazione fisica con 150mila euro, un altro di
elettrotecnica a cui spettano 169.700 euro e un terzo che avrà diritto
ad un risarcimento di quasi 173mila euro.
Le motivazioni? Le stesse per tutti e tre i casi: abuso dei contratti a
termine, mancati scatti d’anzianità e stipendi estivi (luglio e agosto)
non corrisposti per gli anni passati e per quelli futuri, fino all’età
pensionabile. Una decisione significativa quella del giudice Mauro
Petrusa che, non potendo imporre la stabilizzazione dei tre insegnanti
– vista la sentenza della Cassazione che lo scorso giugno aveva
rigettato la richiesta di un precario della scuola – ha trovato lo
strumento per condannare la discriminazione da parte dello Stato nei
confronti di chi ha un contratto a termine. Insomma il trattamento
economico di un insegnante precario – puntualmente licenziato il 30
giugno, per poi essere riassunto dal 1 settembre – deve essere uguale a
quello di un suo collega di ruolo, progressione economica compresa.
Il Miur a questo punto potrebbe dover sborsare molti più soldi,
rispetto al mezzo milione di euro che, come stabilito dal giudice
Petrusa, verserà ai tre insegnanti siciliani. In Italia infatti si
stimano circa 20mila ricorsi già notificati, promossi dalle varie sigle
sindacali di categoria, come la Flc-Cgil, l’Ugl-Scuola e l’Anief
(Associazione nazionale insegnanti e formatori). E’ stato proprio
quest’ultimo ad assistere i docenti siciliani. “Stiamo assistendo ad
una striscia di condanne esemplari sul trattamento economico dei
lavoratori precari – commenta il presidente Marcello Pacifico – ma è
solo l’inizio: anche se ogni controversia presenta situazioni
specifiche abbiamo serie motivazione per pensare che i giudici del
lavoro di tutto il Paese non vogliano assecondare l’abuso cronico del
datore di lavoro, in questo caso lo Stato, nel negare l’assegnazione di
cattedre nella loro interezza, compresi i periodi estivi, e di quegli
scatti stipendiali concessi erroneamente sino ad oggi solo al personale
di ruolo. Al ragionamento del loro collega di Trapani – auspica
Pacifico – potrebbero perciò adeguarsi tutti i giudici del lavoro
d’Italia”.
E questo per il Miur vorrebbe dire scucire qualcosa come tre miliardi
di euro. Interpellato da ilfattoquotidiano.it, il ministro Profumo ha
preferito non commentare. Del resto, ancora pochi giorni – forse – e la
patata bollente passerà nelle mani del suo successore. Sul cui capo
potrebbe arrivare una sentenza ben più importante, perché vincolante.
Quella della Corte di Giustizia europea, a cui lo scorso gennaio un
giudice del lavoro di Napoli ha rinviato il ricorso di un precario
contro la legge derogatoria n.106/11. La norma – “approvata contro ogni
logica” dice Pacifico – esclude proprio il settore Scuola
dall’applicazione del decreto legislativo 368 del 2001 che, recependo
la direttiva della Comunità Europea 70/1999, apre alla stabilizzazione
per tutti i lavoratori che hanno svolto almeno 36 mesi di servizio.
Dunque se Lussemburgo dovesse dar ragione ai circa 80mila precari, metà
docenti e metà Ata, lo Stato italiano dovrebbe assumerli (a tempo
indeterminato) tutti e subito. Ma se invece ad averla vinta fosse la
legge derogatoria, voluta dal governo Berlusconi, “questo non vorrebbe
dire che i giudici del lavoro non potranno rifarsi alla sentenza emessa
dal loro collega siciliano” condannando il Miur a risarcire i precari
della scuola. In poche parole lo Stato è in cul de sac”, chiosa il
presidente dell’Anief che invita chi ancora non lo ha fatto a
rivolgersi al proprio sindacato per reclamare i risarcimenti danni per
il servizio svolto da precario negli ultimi dieci anni su posto vacante
e disponibile.
Gabriele
Paglino - Ilfattoquotidiano.it