Politologi
ed esperti si sono interrogati alla ricerca dei motivi per cui
Berlusconi si sia scagliato contro la scuola pubblica, i docenti e pure
i libri di testo tacciandoli di sovversivismo comunista, ma senza
riuscire a dare spiegazioni che non fossero le solite arditezze
sociologiche. C'è voluta una trasmissione televisiva e il documento di
economia e finanza (Def) mostrato alla ignara ministra Gelmini a
svelare l'arcano e demolire tutte le analisi politologiche: la
previsione di spesa, numeri alla mano, per la scuola passerà
dall'attuale 4,2% del Pil al 3,7% nel 2015, pari a 13 miliardi. E come
si fa a giustificare una riduzione tanto pesante a carico
dell'istruzione che negli altri Stati è tenuta al centro
dell'interesse? Semplice, con una sfuriata contro la scuola pubblica
che inculca principi difformi al sentire delle famiglie, private fra
l'altro del diritto alla libertà educativa per i propri figli a causa
di leggi comuniste frutto del famigerato “68. Togliere quindi risorse
alla istruzione pubblica più che un danno è un atto dovuto, una
crociata santa anche per non continuare a foraggiare i professori
che come è noto (lo ha detto il premier) sono un potere forte in mano
alla sinistra e quindi contro di lui. Ma allora, dove si taglierebbe?
Sicuramente negli organici e poi continuando a congelare stipendi e
scatti di anzianità. E quale alternativa si prospetterebbe per
l'istruzione? A questo punto tutto sembra essere più chiaro: attuare su
scala nazionale il cosiddetto “modello Lombardia” che farebbe
risparmiare allo Stato molto di più dei tagli promessi. Di che si
tratta?
Il governo darebbe un voucher, uguale per tutti, che si potrà spendere
presso l'istituzione scolastica più gradita, sia pubblica e sia
privata. Chi poi vorrà per i propri figli strutture e insegnamenti più
particolari e esclusivi basta che integri l'assegno statale. E'
facile capire che nel giro di pochi anni fra le scuole si creino
disparità formative enormi, anche perchè gruppi di cittadini, di
organizzazioni, di società ecc. possono costruirsi scuole cucite sulle
loro esigenze, mentre i meno abbienti, non potendo integrare, dovranno
accontentarsi di ciò che resta e nella fattispecie di quella scuola
pubblica, chiave di volta del comunismo a detta di Berlusconi, ma che,
ed è bene non scordarlo, fu la testa d'ariete dello statalismo
fascista per togliere il monopolio dell'istruzione alla Chiesa
cattolica.
Sembra avverarsi dunque, se il progetto passa, una sorta di legge del
contrappasso dal momento che è proprio questa nuova destra a riportare
l'istruzione all'ordinamento prima di Gentile che architettò, come
disse Mussolini, la più fascista delle riforme.
Grottesco che sia proprio la sinistra a sostenere una impalcatura di
destra che la destra però vuole diroccare: più contrappasso di cosi?
Pasquale
Almirante - La Sicilia del 24 aprile 2011