La
ministra dell'Istruzione, Gelmini, ha esultato ma perché forse non ha
considerato bene che la sentenza del Consiglio di stato, che annulla
quella del Tar con cui si dichiarava illegittima l'attribuzione del
credito scolastico ai ragazzi che si avvalgono dell'insegnamento della
religione cattolica escludendo gli altri, è alla fine dei conti a
sfavore delle casse dello Stato.
L'alta Corte infatti, se per un verso ha ribadito che l'insegnamento
della rc non dà luogo a voti (giusta la normativa) e che, «nel caso
l'alunno scelga di avvalersi di questo insegnamento, la materia diventa
per lo studente obbligatoria e concorre quindi all'attribuzione del
credito scolastico», per l'altro verso ha pure sottolineato che per non
creare discriminazione a livello di valutazione e possibilità
formativa, il Miur deve prevedere attività alternative in tutte le
scuole a favore degli alunni che non si avvalgono del docente di
religione.
D'altra parte la libertà di coscienza è garantita dalla Costituzione
per cui lo Stato non può, nel momento in cui concede un beneficio quale
appunto il credito scolastico, usare parametri diseguali nei confronti
dei suoi cittadini.
Addirittura alcuni giuristi, commentando la sentenza del CdS, affermano
che il suo presupposto sia proprio la assoluta parità fra docente di
religione cattolica e insegnante alternativo il quale viene dato
dall'alta corte per scontato in tutte le scuole italiane come il suo
collega di religione.
Se dunque la ministra, come pare stia facendo col nuovo regolamento
sulla valutazione, vuole escludere il docente di attività alternative
alla religione cattolica dall'attribuzione di punteggi e quindi di
crediti, disattenderebbe la stessa sentenza del Consiglio di stato.
La mancata attivazione dell'insegnamento alternativo può pertanto
incidere sulla libertà religiosa dello studente o delle famiglia, e di
questo aspetto il Miur dovrà necessariamente farsi carico.
Né d'altra parte appareeducativo lasciare i ragazzi che non si
avvalgono in balia di loro stessi quando in classe entra il docente di
religione cattolica; né è legalmente accettabile che perdano un'ora di
lezione dal complessivo monte orario.
E' vero che qualche preside, se dispone di risorse, nomina un docente
per intrattenerli, ma a costui non è data nessuna facoltà, né di
valutazione né tantomeno di assegnazione di crediti.
Pasquale Almirante
La Sicilia del 16 maggio 2010