Oggetto: alcune considerazione sul Suo articolo pubblicato su “La Repubblica” – ed. Palermo del 28/10/2009 dal titolo “Il diritto e la beffa”
Egregio prof. Guzzetta,
di certo non ci sono, cito testualmente, “parole più usate e abusate in questo periodo di quelle che evocano la competizione e il merito”. E se poi la competizione si sposta nelle aule dei tribunali, essa fa assurgere al ruolo di vittime, perseguitati, vincitori morali, coloro i quali non son riusciti a far emergere le proprie qualità nei luoghi più appropriati. Ed ecco che improvvisamente costoro diventano seri , mentre chi ha vinto il concorso, per tradizione tutta italiana, ha corrotto, ha imbrogliato o , al massimo, è stato soltanto fortunato.
Naturalmente nessuno chiederà mai al novello Catone di turno di dimostrare i fatti, di portare un minimo straccio di prova a sostegno di tali verità assolute.
Certamente chiunque potrà sostenere che la beffa è per i candidati che si sono rivolti ai giudici e per questo “magari se lo meritavano “ di vincere il concorso. Ergo, coloro i quali il concorso lo hanno vinto davvero non lo meritavano e non possono neppure ricorrere ai giudici per ristabilire una verità travisata, stravolta, utilizzata a proprio piacimento per ottenere, come potrebbe dire quello stesso vecchio professore di latino da lei citato, la morte altrui per il proprio godimento.
Ma tant’è! La libertà di stampa, almeno per chi ha libertà di mezzi per poter veder stampato ciò che ritiene saggio comunicare alle nuove generazioni, garantisce spazio a iosa per poter asserire che tutti noi vincitori del concorso ordinario siamo dirigenti incapaci e immeritevoli.
In altri luoghi, in culture più civili della nostra, qualcuno Le potrebbe chiedere di quali fatti Lei sia a conoscenza per poter sostenere che alla guida di circa 400 Istituzioni Scolastiche autonome vi siano altrettanti inetti, incompetenti, ignoranti e indegni Dirigenti dello Stato. Qualcuno potrebbe dirLe che tali aggettivazioni suffragate da fatti La obbligherebbero alla denuncia agli organi competenti per la rimozione degli stessi dirigenti o, al contrario, potrebbe ricordarLe che tali appellativi, gratuitamente attribuiti, potrebbero portare gli stessi dirigenti a ravvisare gli estremi per la calunnia e/o diffamazione. Ma Lei potrebbe obiettare che non vi è alcuna accusa diretta, grazie all’uso sapiente di arguzie linguistiche che nulla affermano ma tutto lasciano intendere.
Bene, emerito professore, si documenti sul (de)merito di noi dirigenti scolastici che operiamo in trincea, non certo chiusi in ufficio, con uno stipendio assolutamente inadeguato, giornalmente costretti a fronteggiare continue emergenze economiche e culturali.
Non starò certo a illustrarLe l’iter che ci ha portati fin qui. Non credo Lei sia veramente interessato a questo. E, se lo fosse, potrei suggerirLe di leggere anche le nostre argomentazioni, di studiare meglio tutta la documentazione che riguarda il famigerato corso-concorso a dirigente scolastico. Scoprirebbe, sicuramente, ben altre verità e realtà. Ed io non voglio certo toglierLe il piacere della scoperta che, son sicuro, caratterizza ogni uomo di cultura.
Cordiali saluti,
Giuseppe Lo Porto
Io faccio parte di quella schiera di "fortunati concorrenti" che hanno superato l' ormai millantatissimo concorso per dirigenti scolastici che ho affrontato con la serietà e con la dignità che da sempre caratterizzano la mia condotta personale e professionale.
Ho superato la prova selettiva ho affrontato due scritti (tutta farina del mio sacco) ho affrontato due orali un corso di nove mesi e un tirocinio di ottanta ore, cambiando come tanti i punti di riferimento e le coordinate della mia vita. Questa stessa cosa hanno fatto nostri colleghi meno fortunati i quali hanno cambiato città, affittato case, affrontato viaggi sacrificato molto del loro tempo e speso tanto del loro denaro visto che a dispetto di quello che pensano "gli esclusi"neanche lo stipendio è poi così lusinghiero: noi non abbiamo la RIA nè l'assegno ad personam tributato ai cosiddetti presidi incaricati.
L' avere condotto con serietà e professionalità un compito così gravoso che come ha avuto modo di affermare lo stesso Dirigente del nostro USP ha cambiato il volto della provincia avrebbe dovuto conferire ai dirigenti neo immessi in ruolo dignità e considerazione. Al contrario immeritatamente ci siamo sentiti tacciare di disonestà di commistioni con gli imbrogli di mafia di macchie di illegittimità di detenzione e usurpazioni di malloppi e di ... chi più ne ha più ne metta con la ingenerazione di dubbi sulla nostra identità e immagine.
Non voglio con questo giustificare le modalità assolutamente superficiali e talvolta ingenue con cui sono state condotte le correzioni da parte delle commissioni nè tanto meno contestare le ragioni delle, fino ad ora, due candidate buggerate. Ma mi chiedo: cosa ci lega con chi avendo avuto per la terza volta l'opportunità di superare un concorso non ce l'ha fatta? Purtroppo un saggio per dirigenti non può essere fatto di quattro facciatine di protocollo (robetta da scuola media) né un progetto interrotto e abbandonato in corso di edificazione (e forse non solo per ragioni di tempo).
Ma io non voglio entrare nel merito. L'unica cosa che volevo dire è che alla fine tra magagne, irregolarità, chiacchiere, silenzi ed errori le vere vittime di questo concorso siamo noi vincitori che in buona fede siamo stati assunti lasciando il nostro sicuro lavoro accettando sedi disagiate abbracciandone con entusiasmo il peso per essere alla fine tacciati di "delinquenza" e magari essere sbalzati fuori dal posto senza possibilità di ritorno all’insegnamento, affamando le nostre famiglie e partecipando al "dolore" di chi non ha neanche l'idea di cosa sia stato l'impegno concorsuale. Chi risarcirà noi dei danni subiti, visto che siamo quelli che effettivamente ne hanno avuto il male maggiore?
I colleghi perdenti in realtà non hanno perso niente se non una opportunità (che non è poco) ma noi cosa rischiamo?? Posto di lavoro, disoccupazione, danni morali, esistenziali, monetari, all'immagine e tanto altro ...ivi compresi gli sguardi compiaciuti e sibillini di tante persone che ti stanno intorno e che pensano che nella migliore delle ipotesi hai sganciato la bustarella!
E' tutto molto vergognoso ma la cosa più vergognosa è l'atteggiamento di questi presunti colleghi che hanno trasformato un problema di serietà da parte delle commissioni in una vera e propria guerra contro di no muovendo una macchina mediatica e di opinione contrastabile a questo punto solo con una denuncia collettiva per diffamazione (non so se si è avuto modo di sentire volgari apprezzamenti espressi in tono di sfida firmati da alcuni sedicenti dirigenti in pectore).
Quindi, per favore, non si spari sulla folla.
lettera firmataEgregio prof. Guzzetta,
di certo non ci sono, cito testualmente, “parole più usate e abusate in questo periodo di quelle che evocano la competizione e il merito”. E se poi la competizione si sposta nelle aule dei tribunali, essa fa assurgere al ruolo di vittime, perseguitati, vincitori morali, coloro i quali non son riusciti a far emergere le proprie qualità nei luoghi più appropriati. Ed ecco che improvvisamente costoro diventano seri , mentre chi ha vinto il concorso, per tradizione tutta italiana, ha corrotto, ha imbrogliato o , al massimo, è stato soltanto fortunato.
Naturalmente nessuno chiederà mai al novello Catone di turno di dimostrare i fatti, di portare un minimo straccio di prova a sostegno di tali verità assolute.
Certamente chiunque potrà sostenere che la beffa è per i candidati che si sono rivolti ai giudici e per questo “magari se lo meritavano “ di vincere il concorso. Ergo, coloro i quali il concorso lo hanno vinto davvero non lo meritavano e non possono neppure ricorrere ai giudici per ristabilire una verità travisata, stravolta, utilizzata a proprio piacimento per ottenere, come potrebbe dire quello stesso vecchio professore di latino da lei citato, la morte altrui per il proprio godimento.
Ma tant’è! La libertà di stampa, almeno per chi ha libertà di mezzi per poter veder stampato ciò che ritiene saggio comunicare alle nuove generazioni, garantisce spazio a iosa per poter asserire che tutti noi vincitori del concorso ordinario siamo dirigenti incapaci e immeritevoli.
In altri luoghi, in culture più civili della nostra, qualcuno Le potrebbe chiedere di quali fatti Lei sia a conoscenza per poter sostenere che alla guida di circa 400 Istituzioni Scolastiche autonome vi siano altrettanti inetti, incompetenti, ignoranti e indegni Dirigenti dello Stato. Qualcuno potrebbe dirLe che tali aggettivazioni suffragate da fatti La obbligherebbero alla denuncia agli organi competenti per la rimozione degli stessi dirigenti o, al contrario, potrebbe ricordarLe che tali appellativi, gratuitamente attribuiti, potrebbero portare gli stessi dirigenti a ravvisare gli estremi per la calunnia e/o diffamazione. Ma Lei potrebbe obiettare che non vi è alcuna accusa diretta, grazie all’uso sapiente di arguzie linguistiche che nulla affermano ma tutto lasciano intendere.
Bene, emerito professore, si documenti sul (de)merito di noi dirigenti scolastici che operiamo in trincea, non certo chiusi in ufficio, con uno stipendio assolutamente inadeguato, giornalmente costretti a fronteggiare continue emergenze economiche e culturali.
Non starò certo a illustrarLe l’iter che ci ha portati fin qui. Non credo Lei sia veramente interessato a questo. E, se lo fosse, potrei suggerirLe di leggere anche le nostre argomentazioni, di studiare meglio tutta la documentazione che riguarda il famigerato corso-concorso a dirigente scolastico. Scoprirebbe, sicuramente, ben altre verità e realtà. Ed io non voglio certo toglierLe il piacere della scoperta che, son sicuro, caratterizza ogni uomo di cultura.
Cordiali saluti,
Giuseppe Lo Porto