È approdato alla
Camera lo schema di decreto legislativo per la revisione delle modalità
di svolgimento degli esami di Stato per la scuola secondaria di secondo
grado a partire dall’anno scolastico 2017-2018, come previsto dal comma
181 lettera I 2) della legge 107. Un passo verso il cambiamento
promesso dalla “Buona scuola”. Il meccanismo attuale, introdotto nel
lontano 1997 dalla legge 425, evidenzia ormai molteplici criticità e il
voto finale dei diplomati non è più considerato dalle università indice
di una buona preparazione.
Dalla lettura dello schema di decreto traspaiono modifiche consistenti
e tali da operare un restyling profondo al volto dell’esame di Stato.
Non cambierà, invece, la composizione della commissione che attualmente
è presieduta da un presidente esterno all’istituzione scolastica e
composta da tre membri esterni e da tre membri interni.
Ma proviamo a sintetizzare le differenze tra la procedura odierna e
quella che la ministra Fedeli ha inviato al Parlamento.
Ammissione agli esami
Varie le novità, tra cui l’introduzione delle prove Invalsi nel corso
del quinto anno, ferme restando le rilevazioni già effettuate nella
classe seconda, e l’ammissione agli esami più “facile”. La riforma
prevede, infatti l’ammissione con la media del sei, compreso il voto di
condotta, e non più con almeno la sufficienza in tutte le discipline.
Quindi potrà capitare che uno studente con tre in matematica e 10 in
educazione fisica e in condotta sarà ammesso agli esami. Ma, al di là
delle polemiche che potranno sorgere su tale questione, riassumiamo le
quattro condizioni necessarie per poter essere ammessi agli esami:
a) aver frequentato almeno i tre quarti del monte ore previsto dal
curricolo di studi;
b) avere ottenuto nello scrutinio finale la media del 6;
c) aver partecipato alle attività di alternanza scuola lavoro previste
dalla legge 107 (200 ore nei licei e 400 nei tecnici e professionali da
svolgere nel triennio);
d) aver partecipato alle prove Invalsi (con qualsiasi esito) a
carattere nazionale nel corso del quinto anno, “computer based” e
adattive, volte a verificare i livelli di apprendimento conseguiti in
tre materie: italiano, matematica e inglese.
Anche per i candidati esterni l’ammissione all’esame è subordinata,
oltre al superamento dell’esame preliminare, alla partecipazione alle
prove Invalsi presso la scuola statale o paritaria dove sosterranno
l’esame di Stato. Ugualmente, gli studenti con disabilità e Dsa
parteciperanno alle prove standardizzate, pur con i necessari
adattamenti alle prove predisposti dal consiglio di classe. Saranno
invece ammessi senza l’espletamento delle prove Invalsi, gli studenti
frequentanti le scuole italiane all’estero.
Il credito scolastico
Dal 2018 il percorso formativo dello studente acquisterà più peso in
quanto il credito scolastico anziché valere 25 punti, potrà arrivare
fino a 40 punti, 12 al terzo anno, 13 al quarto e 15 al quinto anno. E,
di conseguenza peserà meno l’esame: 20 punti ciascuno per i due scritti
– Italiano e prova d’indirizzo – e per il colloquio.
Le prove scritte
Tre le novità importanti:
a) introduzione di griglie con punteggi per la correzione al fine di
uniformare i criteri di valutazione delle commissioni d’esame;
b) obbligo di superare due sole prove scritte a carattere nazionale
(italiano e prova di indirizzo;
c) punteggio massimo totale di 40 punti per le due prove scritte
(ognuna delle due prove scritte massimo 20 punti) contro i 45 punti
della situazione odierna.
Salterà quindi la controversa terza prova, quella più temuta e
criticata per le troppo differenti prove confezionate la mattina stessa
dalle singole commissioni.
Dovrebbe cambiare, ma lo stabilirà un successivo decreto del ministro,
la classica struttura della prova scritta di Italiano attualmente
svolta sotto forma di saggio breve/articolo di giornale, analisi del
testo, tema storico e di attualità. Nello schema di decreto legislativo
si legge infatti che la prova di Italiano consisterà nella redazione di
un testo di tipo argomentativo riguardante temi di ambito artistico,
letterario, filosofico, scientifico, storico, sociale, economico e
tecnologico, e che potrà essere strutturata in più parti, anche per
consentire la verifica di competenze diverse, in particolare la
comprensione degli aspetti linguistici, espressivi e
logico-argomentativi, oltre la riflessione critica da parte del
candidato.
Il colloquio
Il colloquio, che avrà un punteggio massimo pari a 20 (non più 30
punti), sarà volto ad accertare il conseguimento del profilo culturale,
educativo e professionale dello studente e la sua capacità
argomentativa e critica a partire da un testo o da un documento scelto
tra alcune proposte elaborate dalla commissione. E’ quindi la
commissione a scegliere, e non lo studente a decidere, come iniziare il
colloquio. Viene finalmente abbandonata l’esposizione della cosiddetta
“tesina” preparata dallo studente per iniziare il colloquio, quasi mai
frutto di un reale lavoro di ricerca, mentre viene lasciato spazio
all’esposizione delle attività svolte in alternanza mediante una breve
relazione e/o un elaborato multimediale.
Il bonus e la lode
Cambia anche l’attribuzione del bonus di 5 punti a disposizione delle
commissioni per integrare il punteggio. Nella procedura attuale può
essere attribuito ai candidati in possesso di almeno 15 punti di
credito scolastico e 70 tra prove scritte e colloquio orale; con la
riforma sarà possibile attribuire il bonus soltanto a coloro che
abbiano ottenuto almeno 30 punti di credito e 50 punti nelle prove
d’esame.
Sarà più facile avere la lode. La commissione, infatti, potrà
motivatamente attribuire la lode a coloro che conseguiranno il
punteggio massimo di 100 punti senza aver fruito del bonus, a
condizione che, come nella situazione odierna, gli studenti abbiano
conseguito il credito scolastico massimo e il punteggio massimo
previsto per ogni prova d’esame. Ma non sarà più necessario, essere
stati promossi nell’ultimo triennio del ciclo di studi con voti
superiori o uguale a 8 in tutte le discipline.
Documento di valutazione finale
L’esito finale dell’esame sarà sempre espresso in centesimi, ma, per
uniformare i giudizi delle commissioni a livello nazionale, al diploma
finale è allegato il Curriculum dello studente con i livelli di
apprendimento conseguiti nella prove Invalsi (distintamente per
ciascuna disciplina oggetto di rilevazione), le competenze, le
conoscenze e le abilità anche professionali acquisite e le attività
culturali, artistiche e di pratiche musicali, sportive e di
volontariato, svolte in ambito extra scolastico nonché le attività di
alternanza scuola-lavoro ed altre eventuali certificazioni conseguite.
Le università, sulla base della propria autonomia, potranno tenere a
riferimento per l’accesso ai percorsi accademici, i livelli di
competenza conseguiti nelle discipline oggetto delle prove Invalsi.
Apprezzabile lo sforzo del Governo su questo fronte ma riteniamo
altresì necessaria la definizione di standard nazionali dei livelli di
competenza almeno nelle aree disciplinari fondamentali. E ancora più
urgente ricondurre ad unità le prove d’accesso all’università con le
prove di certificazione delle competenze acquisite in ambito scolastico.
Laura Virli
Il Sole 24 Ore