Milano -
In tempi di recessione c’è un comparto che continua a crescere e che
apre nuovi spiragli sui mercati globali: è quello che si fonda sulla
cooperazione e sulle relazioni commerciali tra Italia e Cina. A
confermarlo non sono soltanto i numeri – con un interscambio annuo di
32,9 miliardi di euro e una crescita dell'11%, da gennaio ad agosto,
rispetto allo stesso periodo del 2013 – ma anche il dialogo
intergovernativo, le partnership istituzionali (basti pensare al
Business Forum Italia-Cina inaugurato lo scorso giugno), le piattaforme
d’interazione e gli strumenti messi in campo per facilitare gli
investimenti bilaterali.
Un quadro che ha anche rivoluzionato i programmi di formazione, oggi
più che mai orientati a sostenere l’ingresso nelle piazze orientali. A
innovare l’offerta per stare al passo con le richieste dell’economia
del gigante asiatico è l’Università Cattolica del Sacro Cuore, che in
accordo con la Fondazione Italia-Cina, ha lanciato il China Business
Management (CBM) Programme: un corso di alta formazione sui temi dello
sviluppo, delle relazioni e della gestione del business in Cina. «La
crescita vertiginosa della Cina, che registra un aumento del Pil 2014
stimato sopra il 7% (seppur dopo anni con crescita a doppia cifra) –
spiega Alessandro Baroncelli, Ordinario di Economia e Gestione delle
imprese e direttore MIB Master in International Business e del centro
di ricerca ICRIM – impone una profonda conoscenza dei modelli di
consumo, delle pratiche commerciali, della storia, della geografia,
delle nozioni giuridiche e manageriali: un passo imprescindibile per
mantenere e aumentare la competitività. Il percorso di studio e di
lavoro sul campo, pianificato con l’obiettivo di formare nuove figure
professionali con alte competenze di cross-cultural management e
soprattutto di accompagnare le imprese nell’ingresso sul mercato cinese
o nel rafforzamento della loro presenza, prevede anche un corso di “Use
of Chinese language” allo scopo di insegnare le basi fondamentali per
un corretto approccio con interlocutori cinesi».
Oggi che le competenze più ricercate da declinare approcciando il
mercato cinese sono quelle del middle management - direttori
commerciali, finanziari e di marketing o direttori del personale - la
conoscenza delle dinamiche culturali e dello stile manageriale diventa
fondamentale e propedeutica a quella business oriented.
I segnali di apertura e collaborazione manifestati dal premier cinese
Li Keqiang, durante la visita dei giorni scorsi in Italia, «non possono
cogliere impreparate le nostre imprese e chi all’interno di esse si
occupa di risorse umane – continua Baroncelli – ecco perché crediamo
che la formazione sul campo, con attività pratiche di simulazione,
field work con obiettivi pratici di sviluppo del business in e con la
Cina, cicli di conferenze e visite in azienda, debba essere alla base
di un reale programma d’inserimento, che si rafforza con uno stage
curriculare retribuito di tre mesi, che può essere prolungato di altri
tre mesi con uno stage extra-curriculare, in una delle tante aziende
partner di Università Cattolica del Sacro Cuore e Fondazione Italia
Cina».
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