Equità, Partecipazione ed Efficacia sono le finalità che
possono rappresentare l'insieme delle intenzioni con cui si è
dato inizio a partire dagli anni '60 alle iniziative di riforma del
sistema scolastico italiano. Ognuna di esse ha avuto un proprio
percorso storico, che non sempre si è intrecciato con quello delle
altre. Se fossero state tenute insieme sia dai movimenti
politici, sia dai governi che si sono succeduti altra avrebbe potuto
essere la storia degli ultimi 40 anni della scuola italiana e
soprattutto altra sarebbe la sua attuale condizione.
Equità. E' uno dei nodi più
difficili da sciogliere nelle scelte di politica scolastica, perchè in
genere si intende giocare la sfida dell'equità contro quella ricorrente
dell'efficacia, come se non potesse essere garantito quanto è
necessario in termini di qualificazioni elevate ed utili
alla società, consentendo a tutti pari opportunità di formazione, non
lasciando nessuno indietro.
E' questo un problema che hanno fatto emergere la consapevolezza
dell'importanza dell'istruzione nei processi di mobilità sociale e
l'insofferenza verso tutte le forme di privilegio sociale, in qualche
modo confermate dalla preclusione ad alcuni corsi di studio.
L'istruzione come bene comune è un principio di democrazia che si è
fatto strada lentamente nella società ed ha alimentato nei
decenni precedenti le lotte politiche tese a renderlo disponibile
in una scuola aperta a tutti. L'universalizzazione del diritto
all'istruzione e all'educazione è un bisogno della società; è un
bisogno di ogni singola persona.
Molti sono stati i modi per affrontare il problema dell'equità e della
giustizia a scuola. La misura ricorrente e iniziale per fare della
scuola un'istituzione giusta è quella di abbattere ogni forma di
barriera al diritto di accesso ad ogni corso di studio. Non ci sono
motivi per sostenerne le ragioni e anche per poterle camuffare. E
contro la proclamazione di questo diritto il fatto che si vengano
a costituire indirizzi di studio che si distinguono non per le
caratteristiche dei propri curricoli, ma secondo le classi sociali di
appartenenza degli alunni che li frequentano. Lo sono anche e
soprattutto le cosiddette forme di selezione "cognitiva"
(la cui arbitrarietà dovrebbe sempre essere denunciata) per
accedere ai corsi a numero chiuso, perchè impediscono a molti giovani
di potere dare corso alle proprie aspirazioni e perchè negano il
diritto di potersi confrontare con saperi ritenuti importanti per la
loro vita. Oltre a questi ostacoli, ma anche se non ci fossero, le vere
limitazioni al diritto allo studio e quindi all'equità sono
quelle di natura economica-sociale, che impediscono a molti giovani di
scegliere o di prolungare la propria carriera scolastica. Basti
guardare alle iscrizioni all'Università e ai licei, scuole nominalmente
e per convenzione sociale più adatte per la carriere accademiche.
La riduzione degli aiuti economici (borse di studio,buoni libro) e la
mancanza di adeguati servizi (alloggi, mense, trasporti)
consolidano questo permanente aspetto dell'iniquità del mondo della
scuola e dell'istruzione.
Altro modo per rendere la scuola un'istituzione giusta è l'elevamento
della scolarità dell'obbligo. C'è un periodo di formazione nella vita
di ogni giovane che non può essere negato a nessuno e che
necessariamente si dilata nel nostro tempo. L'innalzamento dell'obbligo
scolastico è misura necessaria e adeguata alla società della
conoscenza, che rischia di essere inefficace se non viene unita ad una
lotta serrata e convinta alla dispersione e se non si dà corso ad
un'ampia manutenzione dei curricoli e della didattica.
La permanenza più lunga dentro le aule non risolve da sola il
problema di una più estesa e qualificata formazione di tutti i giovani.
La scolarizzazione di questo diritto/obbligo spesso è essa stessa causa
di dispersione. L'assenza di un'offerta di formazione professionale
articolata, ricca di contenuti, legata al territorio e al mondo del
lavoro impedisce di ridimensionare il fenomeno della dispersione e di
garantire ad alcuni strati della popolazione giovanile le risorse
necessarie per inserirsi nel mondo del lavoro e per esercitare i
diritti di cittadinanza.
L'obbligo scolastico è ancora un nodo da sciogliere senza
dogmatismi e con aderenza alle reali possibilità di renderlo operante
nella sua portata e nelle sue finalità. E' un problema di prima
grandezza che richiede il superamento di molte resistenze e di molti
luoghi comuni.
Si è ritenuto per molto tempo,oggi un po’ meno, che il differimento più
lontano possibile delle scelte definitive del tipo di studi fosse una
misura per l'equità, che lo fossero i curricoli quanto più possibili
unitari. Molte riforme e molti tentativi di riforma sono stati ispirati
da questo convincimento e non solo in Italia. La differenzazione non è,
però, in'invenzione del diavolo; trova spiegazione nella storia dello
sviluppo delle istituzioni scolastiche e della società e può essere una
soluzione adeguata per valorizzare la pluralità e la differenza dei
talenti e delle vocazioni. Trova una sua forte legittimazione solo se
ogni indirizzo di studi viene adeguatamente valorizzato e se ogni
indirizzo consente di potere proseguire, se ce ne sono le condizioni,
il corso di studi; se da un indirizzo si possa transitare ad un altro
senza particolari difficoltà e se ogni indirizzo è in grado di
assegnare a chi lo frequenta il bagaglio necessario per affrontare la
navigazione della vita.
C'è un problema di cultura; c'è un problema di orientamento e c'è
un problema di stratificazione sociale, quest'ultimo non sempre
alla portata della scuola, che bisogna risolvere. Il rischio di avere
indirizzi di studio, socialmente dedicati e frequentati, è dietro
l'angolo e non sono solo i curricoli a determinarlo. C'è sempre un modo
per inventarsi un segmento di istruzione che non è alla portata di
tutti ed è buono per mantenere intatte le distanze sociali tra gli
alunni.
I modi per affrontare il problema dell'equità non sono a costo zero né
per l'amministrazione, né per il mondo della scuola e dai
tentativi messi in atto si vede quanta sensibilità ci sia e quanta
volontà per trovare le migliori soluzioni. Sono di impedimento a
volte le regole stesse dell'organizzazione del lavoro e della carriera
dell'insegnante, oltre che il tradizionalismo professionale al quale si
finisce per aderire. Se non si assegnano gli insegnanti migliori e più
esperti con adeguate incentivazioni e tutele alle scuole in zone di
disagio sociale difficilmente si può parlare di lotta alla dispersione:
i buoni e motivati insegnanti sono la prima E INDISPENSABILE DOTAZIONE
TECNOLOGICA PER VINCERE LA BATTAGLIA DEL SUCCESSO SCOLASTICO E DELLE
PARI OPPORTUNITA'.
C'è equità se nessuno resta indietro,se tutti escono dal sistema di
istruzione e formazione con quel che serve per essere buoni cittadini e
buoni lavoratori.
prof. Raimondo Giunta