Pare che l'Italia
sia, tra i Paesi occidentali avanzati, uno di quelli dove è maggiore il
divario tra grado di istruzione e reddito economico. In altre parole,
spesso (non sempre ovviamente, ma in un numero statisticamente
significativo di casi) le persone con i livelli più elevati di
istruzione sono quelle che percepiscono gli stipendi più bassi. Questo
è vero soprattutto nel campo delle professioni "umanistiche", dove si
verifica, da un certo numero di anni, un precariato intellettuale che
ha del disperante.
Questo è il contesto sociologico in cui si muove l'ultimo romanzo di
Flavio Santi, il cui io-narrante protagonista è, appunto, un free-lance
della penna: scrittore, traduttore, giornalista, «professore a
contratto» (cioè manovalanza a bassissimo costo) in un ateneo. Il tono
è intemperante e sopra le righe. Già in un romanzo come La vita agra di
Luciano Bianciardi (1962) lo scrittore toscano metteva in luce, tra
pungente sarcasmo e lucida disperazione, vizi e storture dell'industria
culturale degli anni del boom. E se quelli erano gli anni
dell'espansione produttiva, è evidente che oggi, in tempi di crisi e
recessione, le cose non possono che essere peggiorate. A Bianciardi
(oltre che a John Fante, al titolo di un cui celebre romanzo, Aspetta
primavera, Bandini, allude quello del libro di Santi) sembra essersi
ispirato il nostro autore, quanto meno per l'insofferenza che pervade
il suo romanzo.
Il protagonista, Fulvio Sant, è un inetto postmoderno, che si barcamena
in un mondo in cui i creditori sono puntualissimi, mentre chi deve
pagare è in ritardo di mesi. Ha una moglie, Giulia (che ha sposato
perché assomiglia a Simone Weil), ma non si nega l'avventura con una
studentessa. Ha un rapporto ambivalente con la politica: spera in
Walter Veltroni, che lo delude quando, a una sua lunga e articolata
lettera, risponde con un messaggio standard. Detesta quei baroni
universitari, magari pure di sinistra, che si riempiono la bocca di
paroloni come "giustizia", "merito", "trasparenza", e poi ai concorsi
commettono le peggiori nefandezze per far vincere i propri allievi a
scapito di gente più brava. Operaio-intellettuale, è un personaggio
riuscito, che si muove in pagine spesso percorse da autentici lampi di
genio. (di Roberto Carnero da IlSole24Ore)
redazione@aetnanet.org