La stima fatta dai
tecnici del ministero dell’Istruzione dice che, se il caso Genova
dovesse fare scuola, il costo sarebbe compreso fra i 4 ed i 6 miliardi
di euro. Una piccola manovra finanziaria, visto che il decreto anti
crisi dell’estate scorsa era di 24 miliardi. Quelle cifre hanno fatto
preoccupare il ministro dell’Economia Giulio Tremonti, che le ha lette
insieme alla richiesta di valutare ogni possibile intervento sugli
organici, compresa l’ipotesi di un pacchetto di assunzioni per coprire
i posti che ogni anno vengono assegnati di sicuro ai precari. E che
potrebbe mettere le casse pubbliche al riparo dalla probabile batosta
dei ricorsi. Il campanello d’allarme è suonato venerdì scorso quando il
tribunale del lavoro di Genova ha condannato il ministero
dell’Istruzione a risarcire 15 precari con poco più di 30 mila euro a
testa.
Mezzo milione in tutto. In realtà non si tratta delle prima
sentenza del genere: già in passato altri tribunali avevano condannato
il ministero a riconoscere ai precari diritti garantiti ai loro
fortunati colleghi a tempo indeterminato: dagli scatti di anzianità al
pagamento dello stipendio durante il periodo estivo. La novità della
sentenza di Genova sta nella dimensione del risarcimento e nella sua
motivazione giuridica: l’incompatibilità con una direttiva comunitaria
che obbliga ogni Stato membro a limitare l’uso dei contratti a termine.
Un mix che fa sperare chi è in attesa di un contratto vero e che
potrebbe creare seri problemi al bilancio pubblico. Il verdetto di
Genova è solo l’inizio: la Flc Cgil segue 40 mila persone che stanno
pensando ad un ricorso simile, in tutto le persone coinvolte potrebbero
essere 150 mila. Proprio per questo il governo sta studiando come
intervenire e già oggi l’argomento sarà discusso al ministero
dell’Istruzione insieme ai sindacati. Quali sono le possibili
soluzioni? Scontata la decisione di fare appello contro la sentenza, ma
si tratta solo di un modo per guadagnare tempo. La richiesta avanzata a
Tremonti (valutare ogni possibile intervento sugli organici) potrebbe
aprire la strada ad una proposta che fanno da tempo sia i sindacati sia
il Partito democratico. L’intervento, ancora tutto da verificare,
riguarderebbe un corposo pacchetto di assunzioni fatte pescando dalla
lista dei precari. Una soluzione che taglierebbe il numero dei
possibili ricorrenti e, almeno in teoria, potrebbe essere fatta quasi a
costo zero. Una magia? In realtà no. «Una buona parte dei supplenti —
spiega Massimo Di Menna della Uil scuola — viene chiamata ad inizio
anno su posti non temporaneamente vuoti ma liberi» . Quei precari,
cioè, non sostituiscono chi si assenta per una malattia lunga o una
maternità ma coprono un posto che si sa vuoto fin dall’inizio, ad
esempio per un distacco sindacale oppure perché ci sono spezzoni di
cattedra che non si incastrano. In tutto sono circa 50 mila i posti
che, stabilmente, vengono assegnati ai precari. Se sono sempre quelli
perché non vengono assunti insegnanti a tempo indeterminato? Finora il
ministero dell’Economia ha sempre negato l’ok perché un contratto a
tempo determinato è flessibile, cioè può essere tagliato a differenza
di uno a tempo indeterminato. Ma la sentenza di Genova cambia la carte
in tavola, perché potrebbe essere meno costoso assumere adesso
piuttosto che risarcire dopo. «Lo Stato — dice per la Flc Cgil Domenico
Pantaleo — potrebbe addirittura guadagnarci, tanto quelli sono stipendi
che paga in ogni caso mentre risparmierebbe sulla gestione delle
graduatorie» . Una cosa, però, è la soluzione studiata dai tecnici,
un’altra la scelta politica. E sia Gelmini che Tremonti hanno sempre
parlato apertamente di necessaria riduzione degli organici. «Ma il
governo deve prendere una decisione— dice per la Cisl scuola Francesco
Scrima — altrimenti la questione verrà lasciata alle aule
giudiziarie» (da Corriere della sera di Lorenzo Salvia)
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