Infatti,
secondo il disegno di legge, le graduatorie, che da provinciali
diventano regionali, sono aperte solo ai nativi e ai residenti, e i
docenti diventano dipendenti delle regioni e non più dello Stato.
Tutto questo è anticostituzionale.
Neanche l'attuazione delle modifiche al titolo quinto della
Costituzione comporta il passaggio degli insegnanti alla dipendenza
delle regioni e per di più non c'è principio costituzionale che
impedisca ad alcuno di andare a cercare lavoro fuori regione, mentre
d'altra parte direttive europee ribadiscono in più occasioni il diritto
alla libera circolazione delle persone e dei servizi.
Comunque la vogliamo mettere
questa uscita della Gelmini sulle graduatorie regionali per gli
insegnanti della scuola statale sa di obbedienza alla Lega. Che da
sempre se la prende con gli insegnanti meridionali rei di affollare le
graduatorie, di non conoscere i dialetti locali e soprattutto, detto e
non detto, di essere un po' fannulloni. Questa scelta targata Gelmini,
Bossi, Tremonti parte dalla materialità dei problemi ma è anche una
misura che dà il senso dei progetti a lunga scadenza del berlusconismo
e del leghismo
Ma questa volta il razzismo della Lega, che intercetta come sempre, i
peggiori umori della gente diventa progetto di legge, presentato alla
Camera dei deputati, a poche ore dal successo elettorale. E si badi
bene alla Camera c'è già un disegno di legge della maggioranza che
affronta gli stessi temi: reclutamento degli insegnanti, valutazione e
così via. Aziendalismo da una parte (il disegno di legge Aprea secondo
il quale il preside manager si sceglie i suoi insegnanti), impaurito
localismo, respingimento dell'insegnante non autoctono dall'altra. Non
c'è da stare allegri. Perché per una via o per l'altra il programma di
smantellamento della scuola della repubblica va avanti. In più la Lega,
sostenuta da Gelmini, ci aggiunge il carico da novanta dell'egoismo
territoriale. Infatti, secondo il disegno di legge, le graduatorie, che
da provinciali diventano regionali, sono aperte solo ai nativi e ai
residenti, e i docenti diventano dipendenti delle regioni e non più
dello Stato.
Tutto questo è anticostituzionale. Neanche l'attuazione delle modifiche
al titolo quinto della Costituzione comporta il passaggio degli
insegnanti alla dipendenza delle regioni e per di più non c'è principio
costituzionale che impedisca ad alcuno di andare a cercare lavoro fuori
regione, mentre d'altra parte direttive europee ribadiscono in più
occasioni il diritto alla libera circolazione delle persone e dei
servizi.
C'è da chiedersi : perché questo problema sorge adesso dopo decenni in
cui in massa gli insegnanti meridionali trovavano lavoro al Nord? Anche
da semplici laureati. Con tutta evidenza negli anni passati il lavoro
nella scuola non era sufficientemente appetibile per i laureati del
Nord che riuscivano a trovare lavori più competitivi e meglio pagati.
Ora che la crisi morde va bene anche il lavoro nella scuola. Ma bisogna
liberare le graduatorie dagli insegnanti meridionali che spesso si
trovano ai primi posti. Vorrei sommessamente ricordare che le
graduatorie sono ordinate secondo un punteggio di merito. E vorrei
invitare la Gelmini, perché ogni pazienza ha un limite come diceva
Totò, a non usare l'argomento che i titoli (lauree e abilitazioni alle
professioni) al Sud si ottengono più facilmente e con voti più alti.
L'ideologia razzista della Lega parte, ora che le possibilità di
lavoro, come di accesso ai servizi sociali si restringono,
dall'obiettivo primario di difendere il "territorio". Mai che venga in
mente a loro signori da quando sono al governo , sia a Roma ladrona,
sia nelle loro valli, di battersi per esempio contro la dissennata
riduzione degli insegnanti o per corposi investimenti nelle politiche
del welfare. Perché il nemico, secondo questa logica, non è il governo
ma chi mangia ( o ruba) una fetta del tuo pane. E così cresce e si
alimenta l'ideologia dell'intolleranza, della lotta al diverso, allo
straniero, all'altro da sé.
Questa scelta targata Gelmini, Bossi, Tremonti parte dalla materialità
dei problemi ma è anche una misura che dà il senso dei progetti a lunga
scadenza del berlusconismo e del leghismo. Una sistematica distruzione
dell'identità del nostro paese, condizione indispensabile per procedere
ad una ricostruzione a loro immagine e somiglianza. Non basta
riscrivere la storia, non basta ridurre drasticamente le cattedre. Non
sono soddisfatti neanche della mattanza di precari che continua. È la
scuola nella sua funzione di luogo di formazione alla cittadinanza lo
scopo della loro azione. È qui che individuano, giustamente, il
baluardo più forte in difesa dell'identità della Repubblica.
E' la scuola la linea del Piave. Cedere su questo significherebbe far
crollare una diga attraverso cui passerebbe di tutto. Non solo il
pensiero unico berlusconiano, già dominante attraverso il sistema
televisivo, ma la "cultura" leghista, il razzismo e la xenofobia, i
particolarismi e gli egoismi, i ridicoli dialetti e le tradizioni
posticce di un ascendente che è celtico solo nelle fantasie alcoliche
dei dirigenti delle camicie verdi. Il mondo della scuola è chiamato ad
uno sforzo straordinario, di portata storica. Reso ancor più gravoso da
una necessità di supplenza, quasi, rispetto ad una opposizione che ne
ha fatto sempre un tema da "addetti ai lavori". E' un tema politico
troppo importante e decisivo non solo per gli insegnanti, ma per la
tenuta civile del Paese, sul quale costruire un'opposizione forte e
mobilitante , che superi frantumazioni, debolezze, incertezze. Perché
la scuola è anche il più straordinario serbatoio di intelligenze,
volontà, culture, che il paese abbia a disposizione. Non è affatto
certo che la Gelmini varcherà la linea del Piave. La voglia di futuro,
di nazione, di cultura, è ancora molto giovane. La scuola della
repubblica si salverà