Il Liceo catanese ha quest’anno accolto l’invito del MIUR a sottrarre arte e letteratura alla dittatura culturale dei format di vario tipo e lo ha fatto attivando un percorso che è sinonimo di impegno e partecipazione. Se il programma nazionale collegato all’annuale incontro del “Maggio dei Libri” propone sotto l’etichetta “Libriamoci” un’attenzione più particolare all’atto del leggere e del liberarsi dai lacci e lacciuoli del quotidiano, quanto messo in campo dal liceo catanese vuole essere un momento in più di analisi e di riflessione, di condivisione e di proposizione. Il tutto nel segno della sicilianità, come chiarisce il titolo generale del progetto della scuola “Sicilia come metafora”. Non a caso - come ha affermato con decisione e convinzione il Dirigente del Liceo prof. Gabriella Chisari - “avere preso come leitmotiv la celebra esternazione di Leonardo Sciascia firma una complicità di idee e di risoluzioni da raccordare con l’impegno della scuola, di ogni scuola: fare che la lezione dei grandi diventi monito e viatico per le giovani generazioni”.
Tant’è. Di Leonardo Sciascia, della sua opera e del suo pensiero si è parlato con una costruttiva interazione fra momento letterario e momento privato con il significativo apporto della figliola e con l’impegno costruttivo e colorato degli studenti del “Galilei”.
Una storia di cultura ed attenzione sociale, di centralità degli affetti domestici e di magistero intellettuale esercitato con semplice quotidianità si è dipanata attraverso le parole di Anna Maria Sciascia gelosa custode dell’intimità domestica e al tempo stesso lettrice intuitiva ed intransigente dell’opera del padre. L’ospite ha risposto alle mille domande degli studenti del Galilei, ha dialogato con un pubblico numeroso e attento costituito non soltanto da alunni e docenti ma da intere famiglie che hanno voluto condividere con la scuola questo significativo momento culturale. Che,ancora una volta, fa del “Galilei” una realtà aggregante oltre che propositiva.
Sollecitata dai numerosi quesiti, Anna Maria Sciascia ha confermato sicuramente quanto già noto ma ha altresì modificato l’angolazione analitica consegnandoci una rappresentazione del padre come personaggio pubblico senz’altro schivo (come siamo abituati a conoscerlo) ma nient’affatto silenzioso o pessimista come l’immaginazione interpretativa suggerisce. Un uomo al centro del dibattito culturale in una terra siciliana fertile di ingegni in ogni campo che si ritrovavano di volta nella discrezione del salotto privato della famiglia Sciascia laddove i giovani imparavano dai grandi nella maniera più diretta e semplice. Accade così di delineare un personaggio per molti versi inedito che accanto al risaputo amore per Pirandello nutriva un interesse sostanzioso per la narrativa e la saggistica francese, cultore attento e smagato della storia isolana fuori da tutti quegli ismi che rischiano di comprometterla e svilirla. Propenso a suggerire percorsi letterari e letture,lo troviamo imprevedibilmente al fianco della figlia nell’ardita decisione della giovane di abbandonare gli studi (in seguito vantaggiosamente ripresi) per concedersi una pausa intellettuale che abbia però il sapore della costruzione dell’io piuttosto che dell’allentamento della tensione intellettuale. Ben diversa cosa dalla ingombrante figura di Pirandello padre che Anna Maria Sciascia aveva fatto oggetto di studio nel suo saggio Il gioco dei padri.. Sempre sull’universo familiare, le parole della Sciascia hanno gettato luce nuova ricordando il clima culturale sostenuto ma al tempo stesso naturale che ha consentito ai suoi figli la frequentazione di un nonno oltre gli schemi portandoli a scelte lavorative in linea con tanto bagaglio culturale,regista di molti lavori sciasciani l’uno, studioso di letteratura italiana all’Ateneo di Varsavia l’altro.
Sulla polemica che ha animato gli ultimi anni di vita dello scrittore relativamente al concetto e alle esternazioni sulla mafia, il pubblico ha posto più di un quesito con serenità e discrezione ricevendone in cambio semplicità di giudizio ma fermezza interpretativa.
L’appassionante conferenza ha visto un aspetto squisitamente critico-analitico nella prolusione del prof. Francesco Tosto docente di Lettere del Liceo dal titolo “L’ossimoro del vivere nelle poesie di Leonardo Sciascia”. Lo studioso ha intrattenuto il pubblico su un tema, l’opera in versi, ancora oggi non adeguatamente affrontato e lo ha fatto fornendo la misura inedita di una lettura sostanziata di tristezza e solitudine dove soltanto il tremore di cose specchiate può “mutare il nulla in parola”. Dall’inesausto dualismo fra prosa e lirica, si origina la parola nel suo valore paradigmatico, ma soprattutto è da qui che nascono le proiezioni emotive, i discorsi ideologici e politici, i principi morali.
Gabriella Congiu