Siamo
tutti stati educati a scrivere per la carta e il nostro sistema
scolastico - quando ancora ci fa scrivere, e lo fa di rado - continua a
insegnarci a scrivere per la carta. Persino le redazioni dei giornali e
degli editori di libri lo fanno ancora.
Eppure, la nostra è probabilmente l'ultima generazione che scriverà
ancora per la carta. Quando mi capita di doverlo fare, mi rendo conto
che è tutto un altro mondo. Ci sono differenze enormi.
L'attenzione, la struttura e il
lettore scanner
Per quanto scriva in rete da oltre 17 anni, credo che le cose che ho
imparato -se ho imparato qualcosa- le ho imparate soprattutto da
lettore.
Il mobile, le nuove applicazioni di accesso ai contenuti (da Prismatic
a tutte le altre), ma anche i feed RSS e l'arcaico sfogliare le pagine
web, hanno cambiato il nostro approccio ai contenuti.
Prima i contenuti erano scarsi, potevamo dedicarci a leggere quelli che
compravamo. E già allora c'era il problema di conquistare l'attenzione
del lettore. Pensa alla regola base del giornalismo vecchio stile:
metti la notizia nelle prime due righe.
Oggi, tuttavia, è cambiata la scala: abbiamo milioni di possibilità e
la prima operazione che compiamo ogni volta è fare uno scanning del
contenuto per capire se ci interessa.
La prima cosa che facciamo, di solito, è fare come Woody Allen: «ho
fatto un corso di lettura veloce. Ho letto Guerra e pace. Parla di
guerra».
Ma per quanto sia una battuta paradossale, è per questo che oggi - se
scrivi un pezzo lungo- servono le spaziature tra i paragrafi e i titoli
dei paragrafi. O un takeaway in grande evidenza. Il tuo lettore deve
capire in un attimo il succo del discorso. Per decidere se gli
interessa quello che racconti o argomenti. Pe capire qual è la tua
posizione. Se sei twittabile. Se può distribuirti.
In fondo i tuoi lettori, nel modello di rete, sono i tuoi canali di
distribuzione.
La grammatica dei link
Questo è un punto forte. Quando scrivi sulla carta (e sei abituato a
scrivere sul web) i link ti mancano come la mamma che ti ha appena
lasciato alle suore il primo giorno d'asillo.
Senza link devi usare parafrasi, spiegare, fare assurdi giri di parole.
E inevitabilmente pensi: «com'è arcaico non poter linkare la fonte».
Scrivere per la carta dopo un po' ti sembra come guidare una vecchia
Ford Taunus del 1953 su una moderna autostrada.
Però anche i link non abbiamo imparato benissimo ad usarli. Non tutti i
link sono uguali: se linko la parola commodity, ti sto dicendo che se
vuoi approfondire puoi andarci. Se linko il titolo di un libro, sai che
puoi andare a vedere. Se linko Massimo, sai che cliccando puoi scoprire
di chi sto parlando, ma puoi tranquillamente proseguire la lettura e
farne a meno.
Ma in quel caso fornisci solo delle opzioni. Se invece davvero vuoi che
il lettore vada a leggere quello che tu vuoi che legga, devi motivarlo.
La tecnica che io uso è linkare direttamente il titolo del post e
spiegare perché devi leggerlo. Ma non è l'unica possibile.
Molti di noi invece linkano i post a una parola (io non ci clicco mai,
tu?) oppure linkano diverse parole di una frase a diversi post e tu
nemmeno capisci se sono link diversi. Nella maggior parte dei casi,
nessuno ci clicca mai. Se linki una parola, in pratica, dici:
approfondisci se vuoi. Non è importante.
Ma, se preferisci, buona parte di questo ragionamento te lo spiega
Lifehacker molto meglio di quanto faccia io. In un post che, guarda
caso, è breve e focalizzato: Write effectively for the Web.
Io ci aggiungerei solo una osservazione su un altro intangible value
dei link. I link fanno una cosa importante, e devi riflettere su come
li usi: creano relazioni e costruiscono una conversazione.
Abitare ciò che scriviamo
Qui ci sono due modi per dirlo. Il primo è che sul web, soprattutto,
leggiamo e scriviamo. Quindi siamo quello che scriviamo. È facile: la
scrittura è risultato prima di tutto del nostro pensiero e della nostra
intelligenza sociale.
Il secondo è più importante: scriviamo quello che siamo. Quello che
siamo in grado di pensare, ma anche quello che siamo in grado di essere
con gli altri. C'è poco da fare: tono e approccio sono parte del
contenuto. E la scrittura ne è solo il risultato.
Anche perché a differenza della carta i feedback sono immediati. I tuoi
lettori ti emendano, ti propongono la loro visione. E normalmente
reagiscono in base ai tuoi toni e al tuo approccio.
Così, se vuoi approfondire, in questi giorni ho trovato diversi link
interessanti. Il primo è un gran post di Vala Hafshar, dal titolo
inequivocabile: How To Be More Quotable, Connected And Collaborative.
E il secondo, in pratica, ti dice tutto quello che non devi fare. E
funziona sia nella vita sia nella rete: The 7 Habits of Highly Mediocre
People.
È dura provarci, ma piano piano anche questo farà parte della nostra
educazione. Che dici?
Giuseppe
Granieri - Bookcafe.net