Dacci
oggi la riflessione quotidiana (25 aprile 2013)
“Ogni parola che non impari oggi è un calcio nel culo domani”.
Solo l’educazione rende liberi. E lo studio è, innanzitutto, un
percorso di crescita e di libertà, di cultura e di liberazione. Vale la
pena impegnarsi. Per imparare a vivere da cittadini responsabili e
impegnati nel nostro tempo.
Forse la
scuola, oltre all’italiano, deve insegnare ad essere cittadini. E l’insegnante
deve essere maestro o profeta?
«La scuola siede fra il passato e il futuro e deve averli presenti
entrambi. È l’arte delicata di condurre i ragazzi su un filo di rasoio:
da un lato formare in loro il senso della legalità, dall’altro la
volontà di leggi migliori cioè di senso politico. […] Il ragazzo non è
ancora penalmente imputabile e non esercita ancora diritti sovrani,
deve solo prepararsi a esercitarli domani ed è perciò da un lato nostro
inferiore perché deve obbedirci e noi rispondiamo di lui, dall’altro
nostro superiore perché decreterà domani leggi migliori delle nostre.
E allora il maestro deve essere per quanto può profeta, scrutare i
“segni dei tempi”, indovinare negli occhi dei ragazzi le cose belle che
essi vedranno chiare domani e che noi vediamo solo in confuso».
(Don Lorenzo Milani)
«Ho appena letto il tuo articolo sui dialetti. Volevo esprimere la mia
modestissima opinione in merito. No, non sono d’accordo
sull’insegnamento dei dialetti a scuola! Pur costituendo l’espressione
più profonda delle proprie radici, questa attività non é certo
prioritaria rispetto ai grossi passi in avanti che la scuola dovrebbe
compiere su altri fronti. Primo fra tutti, credo, migliorando le
proprie metodologie didattiche e riformando gli ormai spesso obsoleti
programmi ministeriali. Inoltre, credo, che se spazio ci fosse ancora,
questo dovrebbe essere volto ad attività di educazione civica che volga
alla costruzione di una comune identità nazionale, ancora, purtroppo,
molto lontana!».
(S. F., un’amica)