Egregia ministra Gelmini,
impegnata com’è nella promozione del suo libro di favole, sicuramente
non mi leggerà, ma le scrivo lo stesso nella speranza che altri possano
farlo anche perché le uniche vie rimaste per esprimere il
dissenso sono i siti internet. E da questo nostro Aetnanet.org
piuttosto che polemizzare o imprecare mi permetto più semplicemente
darle qualche breve e sintetico suggerimento visto che di scuola ho
vissuto per ben 11 lustri e con ogni probabilità ho una visione un po’
più completa della sua. Fra l’altro è ormai comune l’idea che le scelte
da lei fatte sulla scuola rispondono a logiche politiche o a interventi
pilotati dai suoi funzionari o da imposizioni di altri ministeri. In
altre parole si dice che lei sia un ministro che si lascia manovrare
senza apportare nulla di suo: comunque sia la maldicenza mi lascia
indifferente e se non fosse così non le scriverei.
E in piena onestà le voglio ricordare ciò che lei disse quando si
venne a sapere del suo esame di avvocato in Calabria dove chiese la
residenza: mio padre non era ricco e avevo bisogno di lavorare subito.
Ha idea di quanti precari dicano da qualche anno la stessa cosa, ma non
riescono a trovare, contrariamente a quanto fece lei, una via di fuga
alla disoccupazione? Quanti papà piangono la miseria che lei ha
oggi così brillantemente superato? Ma non le voglio neanche
rimproverare la furbescheria del trasferimento a Cosenza per vincere il
concorso, benché sia contraria a qualunque principio di merito e di
lealtà con sé stessi e così via (chi le scrive si è sudato ogni
centimetro della sua strada con onore e dignità, e ha superato persino
l’ultima preselezione per dirigente tecnico che però i suoi funzionari
hanno falsato scartandomi superficialmente insieme con altri circa 200
colleghi anch’essi vincitori), la vorrei più semplicemente consigliare
a non scordare mai quelle sue parole sulla sacralità del lavoro,
invitandola quindi a operare con giustizia e imparzialità nel suo
ministero proprio facendo leva su quel suo originario bisogno che è
bisogno ormai di troppe persone. Capisco le difficoltà, ma non potrò
mai capire perché si ostini a fare dei tanti precari figli e
figliastri, a imbastire leggi per favorire alcuni e condannare altri, a
seguire le spinte di politici interessati piuttosto che quelle della
legge e della legalità. Si è resa conto del caos che ha provocato con
le graduatorie a perdere tra pettine e code? Cosa le ha impedito,
ricordando le sue origini familiari di bisogno, a operare secondo il
rigore delle leggi, evitando così i tanti ricorsi al Tar, al consiglio
di Stato e perfino alla Corte di giustizia europea? Perchè non ha
operato per smussare le guerre fra poveri che si sono innescate per un
centesimo di punto, per vivere al sud o al nord, per non riconoscere
titoli che il suo ministero ha permesso che si riconoscessero dietro
pagamento di rette salate? Non mi interessano le sue competenze
ministeriali né quelle di avvocato, che le avrebbero dovuto consigliare
maggiore attenzione, mi preme farle tornare in mente le difficoltà che
ebbe da neolaureata per trovare lavoro. I 250 mila precari oggi sono
per lo più su quella sua identica posizione iniziale e siccome,
contrariamente a lei, non hanno nessuno che li protegge, li protegga
lei, li aiuti lei e non già con raccomandazioni o invitandoli a votare
il suo partito, ma operando sulla scia delle leggi e del buon
senso, della correttezza delle normative e della più trasparente
legalità. Ha falcidiato, con Tremonti e Brunetta, l’istruzione per
risparmiare, benché si sarebbe dovuta opporre con tutte le forze? Ha
varato una riforma che lei chiama epocale? Ciò che è fatto è fatto, ma
ora almeno si impegni a dare certezze a questi giovani (molti non lo
sono ormai più) smantellando marchingegni indecorosi che ricordano
altre furberie; ripristini la legalità su tutto il fronte affinchè non
ci sia più bisogno di Tar e di giudici; adotti strategie di
trasparenza come le graduatorie nazionali; faccia assumere sui
posti effettivamente vacanti i professori precari; riconosca le
abilitazioni (ricorda i 20mila già abilitati che stavano per essere
immessi nelle GaE ma che lei ha fatto togliere dal decreto sviluppo?)
conseguite dopo il 2007; porti insomma ordine al suo ministero
togliendo tutti i motivi di contenzioso. E in ultimo una sola parola
sul concorso a dirigente scolastico. Come i dervisci, lei da un lato
dona e dall’altro toglie, da un lato taglia (“sega” direbbe il nostro
Plibio) e dall’altro spende: perché non vara una legge per
l’elezione diretta del preside da parte del collegio dei docenti? Oltre
a risparmiare parecchi milioni non avrebbe mai scuole sguarnite,
facendo assaporare ai colleghi il frutto succoso della democrazia a
scuola.
Pasquale Almirante
p.almirante@aetnanet.org