Il nostro Polibio
lo chiama “sciocchezzario” e Lucio Ficara
si indigna, sempre sul sito Aetnanet, con cui entrambi
collaborano, relativamente alla
attesa e penelopesca vicenda dello sblocco del concorso a dirigente
scolastico che ormai sta assumendo tempi biblici mentre molte
scuole boccheggiano e altre sono rette da presidi insipienti e altre ancora da dirigenti il cui concorso , bocciato su tutto il fronte, ma che si vuole a tutti i costi salvare. E’ stata
tuttavia questa vicenda, o lo è ancora?, un campanello di allarme il
cui squillo sembra sia passato invano, come invano è passata la
proposta fatta dalla Gilda alcuni anni addietro di rendere elettivi i
presidi.
Ma è stata pure una proposta dell’Italia dei valori di appena pochi
mesi fa, a firma Giambrone, e un’altra similare è partita dalle fila
del Pd e dai noi regolarmente riportata. Il dibattito quindi
sembrerebbe esserci nonostante manchino i risultati tangibili che
consentirebbero, se passasse la legge, di permettere ad ogni scuola
autonoma di eleggersi il proprio dirigente: una sorta di piccola
rivoluzione democratica all’interno del farraginoso corpo normativo
della istruzione italiana. A parte il notevole risparmio di
denari pubblici per esaminare i probabili 150mila candidati
all’annunciato concorso e di quelli privati, per farsi preparare da una
immensa schiera di agenzie formative di tutti i colori e sapori, si
potrebbe contare su un preside che sicuramente non si trasformerebbe in
“sceriffo”, alla ricerca di docenti che fanno le barchette o che
disobbediscono per sospenderli dalle lezioni e quindi dallo stipendio,
ma che cercherebbe il sostegno dei colleghi attraverso un
programma condiviso e uno staff compatto di collaboratori, a cui se ne
contrapporrebbe un altro con strategie politiche diverse, ma in ogni
caso sempre rivolte tutte a migliorare sia l’offerta formativa e sia la
vivibilità nella scuola. Inoltre con l’elezione diretta in ciascuna
istituzione non si verificherebbero mai vuoti o vacanze dirigenziali,
proprio perché il giorno dopo si andrebbe a elezioni. Tuttavia
l’aspetto più significativamente importante risiede nel fatto che il
preside non sarebbe il risultato e il frutto di una prova
concorsuale, anche rigorosa, che metterebbe in cattedra ( e
spessissimo capita) perfino un collega con poche o scarse
attitudini alla dirigenze, autoritario, permaloso, senza carisma, ma il
prodotto sicuramente migliore di un dibattito
politico-cultuirale-didattico e democratico nato fra i colleghi e
all’interno della scuola medesima. In altro termini i professori
sarebbero certamente in grado di capire benissimo con chi avrebbero a
che fare nel prossimo futuro e nell’arco dei 5 0 4 anni di dirigenza
del loro collega, conoscendone curriculum e caratteristiche
psicologiche e culturali. Insomma non ci sarebbero problemi col collega
della stessa scuola, né aspettative messianiche, né sorprese
dell’ultima ora, a parte lo stop tassativo al giro dei
trasferimenti. Meglio di così?
Eppure eppure, cantava la poetessa saffica cinese, questa proposta che
il nostro sito ha fatto sua, come rilevava Ficara e come sostiene
Polibio, raccoglie qualche gallinacea opposizione per il fatto che la
scuola si trasformerebbe in un pantano pubblicitario, specchio delle
liti politiche parlamentari o delle risse delle elezioni
amministrative. Che potrebbe essere una opinione rispettabile se non ci
fosse pendulo e bizantino lo sciocchezzario denunciato da Polibio:
sarebbero i professori, la maggioranza dei professori, la gran parte
degli educatori di una scuola, quelli cioè che danno il voto a un loro
collega per eleggerlo alla massima dirigenza, così sprovveduti,
ricattabili, superficiali e corruttibili da acclamare il primo che
passa o chi li imbonisce a parole o con prebende? Ma ci faccia il
favore! Tenersi un podestà per paura della democrazia ci pare
ancora più stupido.
Pasquale Almirante
p.almirante@aetnanet.org