Egr.
Presidente della Regione Sicilia, Dott. Raffaele Lombardo,
in uno spirito di confronto e fattiva collaborazione, lo scrivente e un
gruppo di precari ATA, colgono l’occasione per sottoporle la grave
situazione del precariato catanese e la soluzione ritenuta più efficace
per interrompere una lunga ed estenuante rincorsa al ruolo nella P.I..
Il ruolo della politica siciliana, può rappresentare, come in altri
settori della P.A. un punto di partenza importante. La soluzione, che
reputiamo migliore e che intendiamo sottoporle, riguarda la
presentazione di un disegno di legge in Parlamento, nel rispetto dei
principi comunitari, in grado di coniugare il contenimento della spesa
pubblica a standard produttivi di maggiore efficienza ed efficacia.
Ciò non potrà realizzarsi senza un dialogo costruttivo e di programma
tra le forze politiche e sindacali, che consenta una collocazione
definitiva del personale ATA, nel comparto scuola, a tutt’oggi privo
della copertura di migliaia di posti vacanti e disponibili.
Premesso che la mancata adozione delle misure speciali previste
nel Decreto Milleproroghe che tutelino nel prossimo A.S. 2011/12 i
precari ATA (mancato rinnovamento della misura delle supplenze
prioritarie), è il preallarme annunciato del rischio di perdita del
posto di lavoro, di circa 20.000 mila ATA, fortunatamente compensati
dai numerosi pensionamenti a partire dal 01/09/2011, e che a rendere
ancora più problematica la questione si aggiunge, il piano
programmatico degli interventi di razionalizzazione dell’utilizzo delle
risorse umane e strumentali adottato dal Ministero dell’Istruzione,
dell’Università e della Ricerca di concerto con il Ministero
dell’Economia e delle Finanze, sul quale il Tar Lazio Sezione terza
bis, con Ordinanza depositata il 14 marzo 2011, ha accolto le revisioni
di costituzionalità (di seguito indicate) dell’art. 64 del D.L.
112/2008, convertito in legge 133/2008 in esecuzione del quale era
stato emanato il DPR 119/2009, secondo le quali le finalità della norma
erano diverse da quelle di effettiva organizzazione del servizio di
istruzione, avendo invece mere finalità di risparmio di spesa:
1. Eccesso di potere legislativo (violazione degli artt. 3 e 97 della
Costituzione);
2. Violazione della riserva di legge di cui all’art. 97 della
Costituzione;
3. Violazione del riparto di competenza legislativa tra Stato e Regioni
– violazione dell’art. 117 Cost.
la materia di cui sopra, non può essere demandata solo all’attività
sindacale, ma è altresì di competenza del Parlamento Italiano, che
dovrà porre rimedio attraverso una legge, al crescente numero di
ricorsi presentati al Tribunale del lavoro, nelle controversie aventi
ad oggetto i contratti a termine stipulati con il MIUR da numerosi
dipendenti della scuola e reiterati per più di 3 anni, nel medesimo
profilo.
Da questa iniziativa, dipende il futuro del personale ATA e il
rilancio di una parte della scuola pubblica siciliana. La normativa
richiesta deve intervenire per sanare quella situazione di criticità e
instabilità che da anni caratterizza il sistema di istruzione, per via
del ricorso alla reiterazione sistematica dei contratti a tempo
determinato colmando quella vacatio legis necessaria per dare
continuità e consistenza alle attività del personale ausiliario ed
amministrativo della scuola, già private di numerose unità in organico
di diritto.
Il disegno di legge si propone di stabilizzare il personale ATA, in
primo luogo coprendo quel 10,2% dell’organico di diritto su posto
vacante e disponibile, dato attualmente in supplenza annuale o fino al
termine delle attività didattiche per l’a. s. 2009-2010, come
risultante dalle dotazioni organiche ufficiali a cui è stato sottratto
il personale in servizio a tempo indeterminato : circa 71.100 ATA.
A tal fine chiediamo che usufruiscano della normativa in questione i
precari in servizio “da almeno 3 anni, comprensivi di rinnovi o
proroghe, anche non continuativi, come previsto dalla Direttiva
Comunitaria 1999/70/CE del 28 giugno 1999 relativa all’accordo quadro
CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato o che conseguano tale
requisito in virtù di contratti stipulati anteriormente alla data del
31 agosto 2011 o che siano stati in servizio per almeno tre anni, anche
non continuativi, nel quinquennio anteriore alla data di entrata in
vigore della presente legge, che ne facciano istanza, purché siano
stati assunti mediante procedure selettive di natura concorsuale o
previste da norme di legge,
a partire dalla copertura in organico dei nuovi posti che si rendessero
disponibili dalle cessazioni dal servizio al 1 settembre 2011, quando
le nuove norme sull’età pensionabile per le donne (70,7 % del personale
in servizio è di sesso femminile) che entreranno in vigore dal 1
gennaio 2012 fanno prevedere un aumento delle ultime cessazioni dal
servizio (39.088 al 1 settembre 2009) consentendo con le nuove
immissioni in ruolo disposte dalla presente norma un abbassamento
dell’età anagrafica del personale in servizio (50 anni in media).
La necessità di proporre tale disegno di legge, scaturisce dall’alto
tasso di precarietà presente, dal persistente ricorso dei precari agli
ammortizzatori sociali, misure provvisorie che seppur necessarie, non
risolvono il problema, e la cui soluzione va cercata in una legge
nazionale che consenta di sanare tale e persistente utilizzo di
personale a tempo determinato. Il ricorso alla contrattazione a tempo
determinato reiterata anche per lungo tempo parrebbe una scelta
programmatica dell’Amministrazione che non giova né ai precari, né alla
scuola siciliana, né alla politica regionale che rischia di perdere
credibilità e consensi.
Il Ministero di fatto formula ogni anno delle scelte sul numero di
immissioni in ruolo da effettuare. Sulla base del dato relativo
all’organico di diritto, stabilisce quale parte di tale organico deve
essere coperto con personale di ruolo e quale parte vada invece coperta
con contratti a tempo determinato mediante utilizzo delle Graduatorie
Permanenti. In altre parole, il Ministero pur essendo consapevole di
avere l’esigenza di coprire una determinata quantità di posti di
lavoro, più o meno costante nel corso degli anni, si riserva la facoltà
di coprire con contratti a tempo determinato una quantità notevole di
posti di lavoro, mettendo in ragionevole apprensione migliaia di
precari e il loro futuro.
L’accordo quadro in materia di diritto comunitario del lavoro,
introdotto dalla Direttiva 1999/70/CE, vieta a ogni Stato membro di
predisporre iniziative legislative finalizzate a realizzare disparità
di trattamento tra personale a tempo determinato e personale a tempo
indeterminato.
Una scelta amministrativa che si configura come programmata e
reiterata, mirata a contenere i costi del personale della scuola.
Le sentenze della Corte di Giustizia Europea del 4 luglio 2006 su
procedimento C. 212/04, del 7 settembre 2006 su procedimento C. 53/04,
confermano tale indirizzo che, in verità, è stato recepito nel nostro
ordinamento dal Decreto Legislativo 6 settembre 2001, n. 368, ma,
purtroppo, mai attuato nel comparto della scuola, a differenza di
quanto previsto dalla legge 26 dicembre 2006, n. 296 e dalla legge 24
dicembre 2007 n. 244, per altri comparti della pubblica amministrazione.
Nonostante la vacatio legis rappresenti il punto debole dei precari, le
recenti sentenze dei Tribunali del Lavoro di Siena e Livorno, etc.
segnano una tappa importante, circa un nuovo orientamento
giurisprudenziale in chiave comunitaria, in materia di stabilizzazione
dei lavoratori pubblici con contratto a termine e risarcimento del
danno, “in sovra ordine” alla normativa nazionale D.L. 2009/n. 134,
recepito con L.N. 167/09 che stabilisce invece che:
“i contratti a tempo determinato stipulati per il conferimento delle
supplenze previste dai commi 1, 2 e 3, in quanto necessari per
garantire la costante erogazione del servizio scolastico ed educativo,
non possono in alcun caso trasformarsi in rapporti di lavoro a tempo
indeterminato e consentire la maturazione di anzianità utile ai fini
retributivi prima della immissione in ruolo”.
Pertanto considerato che migliaia di precari ATA garantiscono l’inizio
delle attività propedeutiche di inizio anno scolastico, che il suddetto
personale non conosce sosta neanche nel periodo estivo, in quanto a
differenza delle attività didattiche tali adempimenti non consentono
alcuna interruzione (fermo restando il periodo di ferie obbligatorio di
gg. 15 previsto dal C.C.N.L. nel periodo 01/07 al 31/08), si rileva
come la mancata applicazione della normativa comunitaria seppur
recepita dal D.Lgs. 368/01, non trova ragione tranne che in una legge
nazionale che ne recepisca il contenuto colmando la vacatio legis.
Al fine di recepire la materia di cui sopra, si invita la S.V. a
prendere in considerazione al più presto la proposta di legge di cui in
oggetto, valutandone la soluzione più appropriata e tempestiva.
Cogliamo l’occasione, nell’approssimarsi della presentazione della fase
costituente di rifondazione del Movimento per l’Autonomia, di augurare
a tutti voi, impegnati in questo nuovo progetto politico, buon lavoro.
Mario Di Nuzzo
redazione@aetnanet.org