Il nostro sito
Aetnanet.org già da qualche mese, tramite Lucio Ficara e Polibio,
aveva espresso forti dubbi sul rispetto dei tempi indicati dalla
ministra per bandire il concorso a 2.800 posti di Ds entro il 2010. I
fatti finora ci danno ragione. Noi continuiamo a pensare che il
bando non potrà uscire che tra l'estate e l'autunno del 2011: vedremo.
Ci sono oggi in Italia ben 1497 scuole senza preside. Vale a dire il 14
per cento del totale degli istituti. Una situazione paradossale
destinata nel prossimo futuro a diventare drammatica. E che segna punte
ancor più allarmanti in alcune regioni, in Lombardia in particolare,
dove le scuole decapitate rappresentano il 25 per cento del totale. Ma
siamo oltre il 20 per cento anche in Liguria, Piemonte, Emilia Romagna,
Abruzzo e Sardegna. I dati, diffusi da Flc-Cgil, evidenziano la
necessità di un nuovo concorso, come hanno chiesto nei giorni scorsi
anche Andis e Disal, le due maggiori associazioni di categoria secondo
le quali nel 2012 le scuole senza presidi saranno 2800, più della metà
del totale. Per questo hanno inviato al ministro Gelmini una lettera
con cui sollecitano l’emanazione del bando di concorso attraverso cui
selezionare nuovi presidi.
Maria Stella Gelmini si era impegnata
a indire un concorso per presidi entro l’anno. Lo aveva detto
all’inizio del nuovo anno scolastico. Lo ha ripetuto il 25 settembre:
“A breve ci sarà un concorso per 2.800 presidi”. L’anno sta per
scadere, ma del bando non c’è alcuna traccia. E la scuola ne paga le
conseguenze. Chissà fino a quando. Perchè,
anche se il concorso venisse bandito, ci vorranno almeno un paio d’anni
prima che sia espletato (l’ultimo concorso, indetto nel 2003, si
concretizzò in nomine effettive solo tre anni dopo). E come si rimedia
nel frattempo? Coi così detti presidi “reggenti”: dirigenti che
oltre alla loro scuola sono chiamati a dirigerne anche un’altra. “Il
dato in sé – spiega Antonio Valentino, un preside milanese punto di
riferimento della Flc Cgil nazionale in un intervento su
www.scuolaoggi.org – non esprime a pieno la gravità della situazione.
Perché i casi di governo a dir poco problematico delle nostre scuole,
per via delle reggenze, vanno moltiplicati per due. Le sofferenze
infatti riguardano non solo le scuole con “reggenti”, ma anche le
scuole di titolarità dei dirigenti impegnati in altro istituto.
Probabilmente ci sono tra questi tanti colleghi “navigati” per i quali
la gestione di due scuole non rappresenta un grande problema. Può darsi
ci siano casi del genere. Anche se ritengo che il problema della
gestione di un istituto scolastico, se si affronta sottovalutando
“l’esserci” a scuola anche come presenza fisica, non abbia grosse
possibilità di essere risolto al meglio”. E ciò avviene in un momento
particolarmente difficile per lo stato del sistema formativo nazionale.
“Oggi non ci sono scuole semplici e scuole complesse”, continua
Valentino. “Tutte le situazioni sono difficili. Ci sono certo
differenze, anche sostanziali. Ma, in nessun caso, per quanto ne
sappia, ti trovi davanti a situazioni “indolori”. Perché una scuola di
massa non è per definizione semplice, in questi anni il numero degli
stranieri è molto cresciuto, il problema dei disabili è ormai
consistente, la demotivazione dei nostri insegnanti, abbandonati a se
stesi, è ormai patologia, le nostre scuole sono sempre più povere e i
bisogni sempre più urgenti e pesanti. E i saperi disciplinari e quelli
pedagogico-didattici richiederebbero una manutenzione continua delle
professionalità, mentre la formazione è ancora un optional praticato
positivamente, nella maggior parte dei casi, solo dai già formati,
eccetera, eccetera”. In questo quadro assume ancor più rilevanza
l’iniziativa della Gelmini di calare dall’alto la sua riforma delle
superiori. Un intervento che inserisce una preoccupazione in più.
Ne è del tutto convinto Antonio Valentino: “Quest’anno – dice – ha
preso l’avvio il riordino della scuola superiore, una riforma “epocale”
per il nostro ministro, che penso non sappia con precisione di cosa si
tratta. Un’opportunità per tanti (al netto dei tagli che pure
rappresentano, per come sono stati fatti, una scelta sbagliata e
controproducente sotto vari aspetti). Tanti che, ora come ora, non
possono che prendere atto, ancora una volta, che le riforme fatte così
non servono. Che permettere che tante scuole abbiano dirigenti
“dimidiati” nelle loro competenze di motivare, promuovere, organizzare
e gestire le innovazioni significa non credere nelle riforme che si
dice di volere. Questo per la semplice ragione, di cui c’è ormai
diffusa consapevolezza, che i cambiamenti non li determinano gli
ordinamenti che si emanano, ma le azioni mirate e convergenti,
espressioni di una governance diffusa e responsabile del sistema scuola
ai vari livelli. Che sia in grado di registrare allineamenti,
scostamenti, accomodamenti, diversificazioni, rispetto agli obiettivi
proposti negli ordinamenti; ma anche di individuare misure di
accompagnamento che permettano di procedere per approssimazioni
successive (non, molto probabilmente, le stesse ad Acireale e a
Vipiteno)”.
Come porre rimedio a questa
situazione? Con un nuovo concorso da bandire al più presto. Le
associazioni di categoria Andis e Disal hanno inviato una lettera al
ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini ”per richiedere con
estrema urgenza l’emanazione del bando per il reclutamento dei
dirigenti scolastici sui moltissimi posti vacanti’. Mentre per l’anno
scolastico in corso – continua la lettera – un terzo delle scuole
statali italiane hanno un dirigente scolastico a mezzo tempo,
prevedendosi per il settembre 2012 oltre 2.800 posti vacanti, la
precarietà della situazione riguarderà, nel prossimo anno, quasi la
metà delle istituzioni scolastiche autonome”. Da qui la
conclusione: ”L’assenza da oltre
quattro anni di un concorso per nuovi dirigenti scolastici ci sembra
non solo un grave danno alle scuole, ma un segno tangibile di
trascuratezza per le istituzioni scolastiche autonome e per la
professione di dirigente in particolare”, conclude la lettera. In ogni
caso ci vorrà tempo prima che il rimedio inizia ad avere efficacia,
anche perché l’espletamento delle prove richiede almeno un paio d’anni.
La scuola, intanto, resta ferma al palo. (di
Augusto Pozzoli da Il Fatto)
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