L’aggettivo
“precario” accanto
alla voce scuola, fotografa
la
realtà della scuola italiana che,
nonostante le molteplici riforme e innovazioni, si presenta per il
nuovo
anno scolastico ancora
una volta sempre
più “precaria”, prevedendo 200.000
contratti a tempo determinato che lo Stato stipulerà
attraverso i Dirigenti scolastici, costretti addirittura
a ricorrere a giovani laureati che
si metteranno a disposizione con le MAD e saranno obbligati
a
convocare i precari delle GPS di
altre province.
Ancora una volta si registra il divario tra Nord e Sud e molti docenti del Meridione non sono disponibili a trasferirsi al Nord con 1.200 euro di stipendio, spesso in ritardo, dovendo sopperire all’incremento dei costi della vita e degli affitti.
Anche l’elenco delle dirigenze, da assegnare
agli ultimi vincitori di concorso, prevede numerosi sedi vacanti in
Lombardia, Piemonte,
Veneto ed Emilia Romagna.
I buoni propositi di “scuola di qualità”, di “scuola digitale 4.0” stentano a diventare concreti e realizzabili anche per la precarietà del servizio dei docenti, i quali non entrano nel vivo della progettualità didattica a servizio degli studenti.
La
svolta digitale, prevista fra l’altro dal Piano Nazionale di
Ripresa e Resilienza è prossima a beneficiare di somme rilevanti che
dovrebbero
servire per digitalizzare gli istituti e rivoluzionare la didattica,
acquistando strumenti tecnologici e nuovi laboratori, trasformando le
classi in
nuovi ambienti di apprendimento funzionali alle professioni digitali
del
futuro.
Dovrebbero essere presto avviati dei “Piani di formazione” sia da parte del Ministero e soprattutto da parte dalle aziende fornitrici degli strumenti digitali, ma: Chi saranno di destinatari di tale formazione? Quale sarà la ricaduta sull’efficienza didattica? Quanti docenti possiedono le competenze per allestire laboratori per le nuove professioni digitali?
A questi interrogativi la risposta è incerta e densa di dubbi e di perplessità, considerata la complessità del sistema scolastico e le ataviche carenze nelle procedure dei concorsi e delle nomine.
Nelle scuole, che a settembre riprenderanno il cammino ordinario del nuovo anno, con l’ingresso di numerosi docenti precari ci si limiterà, forse, ad un regolare funzionamento, ad un’ordinata trasmissione di contenuti, perdendo di vista la centralità dell’ottica formativa e della crescita globale dello studente, persona, soggetto di diritti e di doveri che a scuola comincia a crescere anche come “cittadino” attivo e responsabile.
La precarietà dei docenti costituisce il vuluns dell’efficienza didattica e dell’efficacia degli apprendimenti, spesso frammentati e discontinui nei metodi e nelle strategie.
A poco è servito il Piano Triennale dell’Offerta Formativa, che ogni anno subisce innovazioni e modifiche nell’attuazione dei progetti, in relazione alle risorse presenti nella Comunità scolastica.
Per il nuovo anno scolastico che si avvicina, si rinnova la formula adottata da Giorgio Torelli (1976), da Roberto Sturlese (2013) e da Mario Giro (2023) come titolo dei loro libri: “Avanti, adagio, quasi indietro” quasi a descrivere la fatica di migliorare e di crescere nel processo di qualità.
Giuseppe Adernò
Ancora una volta si registra il divario tra Nord e Sud e molti docenti del Meridione non sono disponibili a trasferirsi al Nord con 1.200 euro di stipendio, spesso in ritardo, dovendo sopperire all’incremento dei costi della vita e degli affitti.
I buoni propositi di “scuola di qualità”, di “scuola digitale 4.0” stentano a diventare concreti e realizzabili anche per la precarietà del servizio dei docenti, i quali non entrano nel vivo della progettualità didattica a servizio degli studenti.
Dovrebbero essere presto avviati dei “Piani di formazione” sia da parte del Ministero e soprattutto da parte dalle aziende fornitrici degli strumenti digitali, ma: Chi saranno di destinatari di tale formazione? Quale sarà la ricaduta sull’efficienza didattica? Quanti docenti possiedono le competenze per allestire laboratori per le nuove professioni digitali?
A questi interrogativi la risposta è incerta e densa di dubbi e di perplessità, considerata la complessità del sistema scolastico e le ataviche carenze nelle procedure dei concorsi e delle nomine.
Nelle scuole, che a settembre riprenderanno il cammino ordinario del nuovo anno, con l’ingresso di numerosi docenti precari ci si limiterà, forse, ad un regolare funzionamento, ad un’ordinata trasmissione di contenuti, perdendo di vista la centralità dell’ottica formativa e della crescita globale dello studente, persona, soggetto di diritti e di doveri che a scuola comincia a crescere anche come “cittadino” attivo e responsabile.
La precarietà dei docenti costituisce il vuluns dell’efficienza didattica e dell’efficacia degli apprendimenti, spesso frammentati e discontinui nei metodi e nelle strategie.
A poco è servito il Piano Triennale dell’Offerta Formativa, che ogni anno subisce innovazioni e modifiche nell’attuazione dei progetti, in relazione alle risorse presenti nella Comunità scolastica.
Per il nuovo anno scolastico che si avvicina, si rinnova la formula adottata da Giorgio Torelli (1976), da Roberto Sturlese (2013) e da Mario Giro (2023) come titolo dei loro libri: “Avanti, adagio, quasi indietro” quasi a descrivere la fatica di migliorare e di crescere nel processo di qualità.
Giuseppe Adernò