La procedura
delineata dalla riforma Renzi-Giannini per assegnare il “bonus” agli
insegnanti meritevoli (che non prevede la consultazione con le Rsu)
appare «completa in ogni suo aspetto»; e quindi, il preside che ha
rispettato le regole (nell’attribuire le somme premiali ai docenti del
proprio istituto) ha operato correttamente (non ha cioè impedito o
limitato «in alcun modo l’esercizio della libertà e dell’attività
sindacale»).
La pronuncia del tribunale di Bari
È arrivata la prima sentenza di un giudice del lavoro sul tanto
contestato «Fondo per la valorizzazione del merito del personale
docente», introdotto dalla legge 107, con una dotazione di 200 milioni
di euro l’anno (da utilizzare per riconoscere una retribuzione
aggiuntiva ai professori che più s’impegnano a scuola, slegata dai meri
scatti d’anzianità).
A pronunciarsi, il 7 febbraio, è stato il tribunale di Bari che, con un
decreto, ha respinto un ricorso ex articolo 28 dello Statuto dei
lavoratori presentato dai sindacati territoriali (Flc-Cgil, Cisl
Scuola, Uil Scuola, Snals-Confsal), con il quale veniva contestata “la
natura antisindacale” del comportamento del dirigente scolastico, che,
a detta delle sigle, avrebbe violato le prerogative negoziali,
escludendo totalmente le Rsu dalla procedura di assegnazione e
distribuzione del “bonus”.
Le motivazioni
Rilievi, tuttavia, che per il magistrato pugliese non posso essere
condivisi: se è vero, infatti, che il Dlgs 165 del 2001, come
modificato dalla legge Brunetta, assegna, in linea di principio, alla
contrattazione collettiva il compito di definire il salario accessorio,
è altrettanto vero che la legge 107 del 2015, riferendosi ai soli
docenti del comparto scuola, «ha carattere speciale» e pertanto,
«derogatorio» rispetto alla normativa generale. Non solo: secondo il
tribunale di Bari, l’intera procedura che conduce all’erogazione dei
premi tratteggiata dalla «Buona scuola», è assolutamente «completa»: i
fondi sono ripartiti dal Miur ai singoli istituti, i criteri per
valorizzare i prof sono individuati da un comitato di valutazione (del
quale non fanno parte insegnanti designati dai sindacati), e tali
risorse, successivamente e sulla base di tali criteri, sono assegnate
agli interessati dal dirigente, in modo motivato. Insomma, in nessuna
di queste fasi è prevista la partecipazione sindacale, e non si
comprende, conclude il giudice, come ciò possa avvenire «senza incidere
in senso restrittivo sulle attribuzioni che la legge riserva a ciascuno
dei soggetti coinvolti nella procedura».
L’Anp plaude: riconosciute le nostre tesi
La decisione è stata subito condivisa dall’Anp, l’associazione
nazionale presidi: «Siamo soddisfatti, è il riconoscimento della
fondatezza delle nostre tesi – ha sottolineato la vice presidente,
Licia Cianfriglia -. Per questo ribadiamo la necessità che la legge 107
non venga smontata. È necessario riconoscere ai presidi prerogative
dirigenziali non solo per valorizzare gli insegnanti, ma soprattutto
per organizzare la scuola a favore di famiglie e studenti».
Claudio Tucci
Il Sole 24 Ore