Arrivano i
primi accoglimenti e il Ministro e l'On. Malpezzi del PD si sbracciano
a difendere mediaticamente la loro posizione, replicando indirettamente
le recenti pronunce dei Tribunali che hanno ammesso i non abilitati
alle prove del Concorso 2016. La loro posizione, non poteva essere
altrimenti, va nella direzione della difesa del bando del Concorso
stesso che ha escluso i non abilitati, criterio stabilito dalla L. 107,
che ha definito in maniera del tutto opinabile i criteri d'accesso al
concorso pubblico, almeno in ambito scolastico. Il Ministro ha chiarito
che i ricorrenti potranno sostenere le prove solo dietro la
presentazione di decreti cautelari, invitando gli USR a rispettare la
norma. Ciò significa che, in assenza di questi decreti, i ricorrenti
non potranno partecipare alle prove nel giorno previsto per la loro
classe di concorso e dovranno attendere l'eventuale organizzazione di
sessioni suppletive per poter effettuare le prove stesse. Se i
ricorrenti non otterranno entro domattina, quindi, provvedimenti
d'urgenza, qualora si presentassero alle prove, non avrebbero speranza
di partecipare, vista la precisazione del Ministro, alla quale
sicuramente i Dirigenti regionali si allineeranno.
Questa situazione, però, va necessariamente letta politicamente,
soprattutto dopo le dichiarazioni che ribadiscono la legittimità
dell'esclusione dal concorso dei non abilitati, come stabilito dalla
legge. Ma quanti si sono chiesti quale sia veramente lo spirito dietro
questa iniqua legge? Il “Concorsone” del 2012 aveva tentato la stessa
parziale esclusione, impedendo l'accesso a determinati blocchi di
laureati. Tuttavia i Tribunali li hanno ammessi, rilevando come il
bando non potesse irragionevolmente escluderli, viste anche le
disattenzioni normative e procedurali che hanno caratterizzato il
sistema di reclutamento scolastico per oltre dieci anni.
Poi, nel 2015, arriva la Legge 107 e, come il Governo vuol far credere,
pretende di mettere ordine in una materia complessa e annosa, come il
precariato scolastico, frutto di una stratificazione irrazionale e di
scelte politiche di volta in volta diverse a favore di un sistema di
formazione mai rispettoso delle persone o dei bisogni del reali del
sistema. Ecco, qui è il nodo: può una legge aggirare le sentenze
escludendo possibili candidati ad un concorso pubblico, candidati per
altro già pienamente inseriti nel sistema di reclutamento a tempo
determinato, in modo assolutamente cinico e senza ripensamenti?
Diverso sarebbe stato, in un quadro politico rispettoso delle persone,
dei cittadini, oltre che dei titoli e delle professionalità, se la
scelta di riservare un concorso agli abilitati fosse stata completata
da una adeguata programmazione volta ad assorbire quel precariato
pregresso, assunto dalla III fascia d'istituto, precariato non
autogeneratosi ma con il quale anche l'attuale amministrazione ha
siglato migliaia di contratti, nonostante i proclami demagogici e vuoti
che hanno accompagnato il varo de “La Buona Scuola” contro la
“supplentite”. Invece, l'esclusione dei non abilitati non è nemmeno
stata confortata dall'annuncio di percorsi abilitanti, né ordinari né
straordinari, questi ultimi richiesti dal 2014, per risolvere il
problema dei docenti non abilitati con anni di servizio alle spalle e
per rispondere alla nuova prospettiva imposta dall'attuale Governo di
accedere al reclutamento solo con il famigerato titolo abilitante.
Lo stesso titolo, tuttavia, non sembra essere necessario per fare da
tappabuchi in un sistema nel quale i recenti piani di assunzione hanno
avuto un impatto insignificante, non avendo escluso minimamente il
ricorso al precariato, anche non abilitato, e senza lasciare
intravedere alcuna soluzione adeguata alla categoria nei prossimi anni,
date le premesse e l'insufficienza dei posti messi a bando rispetto
alle esigenze del sistema.
Insomma, dal nostro punto di vista, i criteri scelti per il bando
dell'attuale concorso sono totalmente inadeguati, sia per gli esclusi,
sia per coloro i quali è rivolto, di fatto a loro volta esclusi
insensatamente dai piani di assunzione attuati. A cosa serve un
concorso per selezionare abilitati, ovvero docenti già formalmente
“perfetti” per esercitare la professione che già esercitano? E perché
un docente non abilitato non può dimostrare le sue capacità e
competenze attraverso un concorso pubblico, strumento che è servito in
tutta la storia della Repubblica proprio per stabilire l'accesso alle
professioni? La politica non risponde, non risolve, anzi genera nuove
contraddizioni e, cosa assai più grave, stabilisce nuove regole che
danno vita a nuove disparità, non rispettando nemmeno i principi
costituzionali di equità ed uguaglianza.
In modo discutibile, poi, il mondo politico si sbilancia in previsioni,
sostenute dall'attuale legge, auspicando l'esclusione dal concorso, nel
merito, dei non abilitati, a dispetto delle cautelari. In mancanza di
griglie di correzione adeguate che, nonostante le richieste, non sono
state ancora rese note, come possiamo escludere che al merito non si
arriverà mai e che i ricorrenti, per i quali saranno forse attivate
sessioni suppletive, quindi individuabili, saranno adeguatamente
valutati?
Si tratta di uno scenario sicuramente delirante ma, nel clima di totale
ambiguità in cui è avvolto questo concorso, ogni scenario, se non
altro, appare possibile.
Valeria Bruccola, Coordinatrice
Nazionale Adida
adida.associazione@gmail.com