L’insegnante aveva assunto atteggiamenti offensivi e minacciosi verso gli studenti, rivolgendo loro continue offese e minacce e costringendo alcune allieve, che si erano lamentate dinnanzi al dirigente scolastico delle espressioni pronunciate nei riguardi loro e dei compagni, a scrivere sotto minaccia di bocciatura e di carcere una lettera al dirigente per ritrattare le precedenti accuse.
Per tali motivi la Corte di Cassazione ha superato le censure dedotte dalla ricorrente confermando la condanna per i delitti di abuso di mezzi di correzione aggravato e continuato (le condotte si erano infatti protratte per un ampio lasso di tempo), nonché violenza privata aggravata (per l’aver costretto sotto minaccia a scrivere la lettera al dirigente)
La ricorrente riteneva non sussistente l’abitualità del comportamento e su tale base fondava la richiesta di applicazione del nuovo istituto della “non punibilità per particolare tenuità del fatto” di cui al 131bis c.p.. I giudici della Corte hanno, però, confermato l’impianto accusatorio sostenuto dai giudici di merito affermando che i comportamenti dell’insegnante, protratti nel tempo e ritenuti costituenti una continuazione criminosa, non possono che essere ritenuti abituali e da tale affermazione discende l’inapplicabilità del 131bis.
I giudici hanno, inoltre, evidenziato la “grave pressione minacciosa” esercitata sulle allieve per indurle a scrivere la lettera al dirigente, ciò rappresentando un evidente ipotesi di violenza privata. Gli altri comportamenti, invece, come le minacce di bocciatura e voti bassi, rimangono nell’alveo dell’abuso di mezzi di correzione, reato che si sostanzia nel “comportamento dell’insegnante che umili, svaluti, denigri o violenti psicologicamente un alunno causandogli pericoli per la salute, atteso che, in ambito scolastico, il potere educativo o disciplinare deve essere sempre esercitato con mezzi consentiti e proporzionati alla gravità del comportamento deviante del minore, senza superare i limiti previsti dall’ordinamento o consistere in trattamenti afflittivi dell’altrui personalità“.
Nel caso in esame dunque la presenza di comportamenti non isolati e coinvolgenti un numero significativo di studenti, hanno condotto i giudici di Cassazione a dichiarare inammissibile il ricorso
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