I
GIOVANI DELLA GMG: NON UNA MASSA DA MANOVRARE, MA PERSONE LIBERE
Ragazzi, stupiteci
di
UMBERTO FOLENA - AVVENIRE
I
l fatto è che sono bravi, proprio bravi i ragazzi della Gmg. Ma per
accorgersene bisogna avere tanto tempo e poca supponenza. Bisogna
incontrarli:
uno, dieci, cento. Parlarci, cercando di far loro dimenticare che sei
un
giornalista e potresti essere loro padre. Sedersi per terra con loro, e
accidenti alla sporcizia. E bere dalla stessa borraccia, e accidenti ai
batteri.
Stare
sotto lo stesso sole, e accidenti al sudore.
Sono
bravi. Sensibili. Intelligenti. Ma non recitano la parte dei bravi
ragazzi a
tutti i costi. Chi è partito per Madrid al buio, a occhi chiusi, senza
aspettarsi nulla e senza credere in verità certissime, ma con il cuore
ingombro
di dubbi, te lo dice; proprio come chi è arrivato per una chiamata
precisa, con
uno scopo limpido, per far crescere una fede non più bambina. Ti fanno
le
domande giuste, non ti danno le risposte che pensano tu possa
desiderare. In
questo sono davvero poco televisivi e a un casting naufragherebbero tra
sorrisi
di compatimento. Non amano compiacere, diffidano di chi cerca di
compiacerli.
I
ragazzi di papa Benedetto, quelli della Gmg 2.0, sono una grande
risorsa. Per
la Chiesa e per la società. Per il mondo intero: oggi, adesso, non in
un
imprecisato futuro.
Costituiscono
un potenziale enorme, capace di realizzare l’unica vera rivoluzione che
conta,
quella dei cuori e delle menti. Purché. Purché non li consideriamo una
massa.
Una massa da piazzare su qualche tavolo da gioco. Una massa da
vivisezionare.
Una massa da manipolare. Un esercito da schierare per qualche strategia
di cui
loro stiano però all’oscuro. Purché non liconsideriamo 'nostri' nel
senso della
proprietà. Nostri, di noi adulti, e di una Chiesa che sciaguratamente
dovesse
cadere nell’errore di incatenare e inchiodare in ruoli e schemi,
anziché
liberare.
Purché,
invece, li consideriamo persone libere da aiutare a rendersi ancora più
libere.
Persone
che scoprono la propria chiamata, nella Chiesa e nella società. Persone
con il
coraggio di inseguire il proprio personale sogno, senza indietreggiare.
Persone
da rispettare nella loro libertà, anche se dovessero prendere, speriamo
per
poco, strade non esattamente diritte. Persone per cui pregare. Persone,
giovani
donne e uomini a cui affidare, a ragion veduta, delle responsabilità.
Giovani
donne e uomini che non è giusto rimangano imprigionati per sempre in
ruoli di
bassa manovalanza, fino a convincersi che le loro idee non interessano
agli
adulti, alla comunità, alla società; fino ad andarsene delusi. Giovani
che
sarebbe peccato grave se li deludessimo.
Questa,
più di ogni altra, è stata la Giornata mondiale dei giovani. La loro
Giornata.
Non, con tutto il rispetto, la Giornata degli educatori, dei preti, dei
vescovi. Neppure la Giornata del Papa, che i giovani ha convocato
proprio
perché la festa fosse la loro festa. Gli educatori, i preti, i vescovi
e sì,
perfino il Papa si sono messi a servizio dei più giovani. Proprio come
Gesù ha
fatto e ha invitato a fare: i più grandi a servizio dei più piccoli,
senza quel
paternalismo che i giovani, comunque, annusano e smascherano.
E
allora diamogliela, la fiducia. Nelle comunità, nelle parrocchie, nelle
aggregazioni, nelle scuole, nelle università, nei posti di lavoro, in
politica.
Ci hanno stupito per una settimana. Perché dubitare che possano
stupirci per
anni interi?