Presentata lunedì a Roma
una ricerca del CIDI (Centro Inziativa Democratica Insegnanti) sugli
insegnanti italiani oggi, tra valori costituzionali e comportamenti
professionali.
Un’indagine realizzata da cinque docenti e una ricercatrice, a cura di
Carlo Palumbo e Luigi Tremoloso, pubblicata come dossier della rivista
"Insegnare" -diretta da Mario Ambel-, e realizzata conducendo
interviste a oltre duemila insegnanti di 53 scuole
italiane.
La premessa, quella di sempre: nel nostro Paese tutti parlano di
scuola, ma pochi sanno veramente quel che vi accade e come si vive e
lavora al suo interno. E allora acquisisce significato dare voce a chi
trascorre tutti i giorni al suo interno, a chi esercita il mestiere di
insegnare, per lasciare che siano loro stessi a smentire alcuni
insistenti stereotipi.
Primo fra tutti, che gli insegnanti siano degli estremisti: ben il 55%
di loro non ha dichiarato il proprio orientamento politico. Ma non
solo: non emerge alcuna propensione, al contrario un certo pudore, al
mostrare e professare le proprie opinioni politiche all’interno della
classe.
Il 78% dei docenti definisce la finalità della propria professione
quella di contribuire alla diminuzione delle differenze di ordine
economico e sociale fra gli individui. Si attribuiscono, cioè, un
compito “costituzionale”: rendere effettivo l’art.3 della nostra carta
fondamentale.
Un approccio “democratico” all’insegnamento che è sempre più difficile
portare avanti, a causa delle spinte ideologiche di segno opposto, che
hanno fatto della concorrenza la via obbligata anche in ambito
scolastico, e di un modello vincente di società troppo distante da
quello della scuola.
Una distanza sempre più forte tra politica, pedagogia e corpo docente,
che ha portato gli insegnanti a chiudersi in se stessi, in forma
difensiva rispetto a una comunità che non gli conferisce valore e
rispetto.
Altri aspetti che emergono dalla ricerca, sono il rapporto
studenti-docenti, vissuto spesso come soddisfacente più sul piano umano
che su quello professionale, e il tema ricorrente del rapporto della
scuola con la realtà. La scuola italiana, costantemente accusata di non
aprirsi abbastanza all’esterno, soffre tra le spinte contrapposte di un
modello educativo tutto incentrato sull’approdo nel mondo del lavoro e
un modello invece basato sull’educazione alla cittadinanza.
Un rapporto in via di difficile ridefinizione, a cui servirebbe, prima
che i danni causati da questo Governo siano irreparabili, riaprire una
discussione approfondita su cosa significhi essere bravi insegnanti
oggi.
L’indagine lascia la risposta agli stessi docenti: ai futuri
approfondimenti, resta da comprendere quanti e quali modelli di
insegnante e di insegnamento emergano da questa interessante panoramica
del mondo dietro la cattedra.
(di Giulia Tosoni da RassegnaPd)
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