Poche settimane fa
una sentenza della Corte costituzionale ha ufficialmente e
definitivamente bocciato il sistema delle “code”, in base al
quale chiunque provenisse da un’altra provincia è stato inserito
d’ufficio in coda nelle graduatorie provinciali. Non stiamo parlando di
un cavillo giuridico, ma del principio fondante sui cui si è
basato per due anni il reclutamento dei lavoratori della scuola,
in base al quale l’origine territoriale ha rappresentato di fatto una
discriminante giuridica nella selezione del personale della
scuola. La Consulta ha espresso una valutazione giuridica
perfettamente coincidente col giudizio politico che abbiamo sempre
espresso: l’origine territoriale non può rappresentare un
parametro di valutazione della carriera e del merito (termine caro
alla maggioranza di governo) dei lavoratori. La sentenza ha
chiaramente ristabilito in via definitiva il principio che
riconosce ai lavoratori il diritto di essere inseriti nelle graduatorie
provinciali “ a pettine”, cioè in base al proprio punteggio.
Ciò nonostante, all’indomani della sentenza il dibattito
sulle code si è incredibilmente riaperto anziché chiudersi
definitivamente, perché in particolar modo
la Lega Nord cavalca le paure dei lavoratori settentrionali, ultima
frontiera della pluriennale
artificiosa guerra tra sottocategorie di precari: abilitati ssis,
abilitati con concorso, abilitati con corso
abilitante, non abilitati e oggi precari del nord e del sud.
Comprendiamo la paura dei precari storici del nord, che in caso di
inserimento massiccio a pettine
vedrebbero minacciati posti di lavoro resi sempre più esigui dai tagli
degli ultimi anni.
Comprendiamo la medesima paura da parte di chi nel 2007, in occasione
della sciagurata chiusura
delle graduatorie da parte di Fioroni, ha progettato di cambiare
radicalmente la propria vita
cercando al nord un minimo di stabilità a prezzo di notevoli sacrifici.
Comprendiamo il bisogno dei precari della scuola meridionali, spazzati
via dalla ramazza della
Gelmini (oltre il 50% dei 100.000 tagli di questi due anni si è
abbattuto soprattutto su Campania,
Calabria e Sicilia), di emigrare ancora una volta al nord in cerca di
lavoro e dignità.
Non tolleriamo, invece, il cinismo con cui esponenti di questo governo
agonizzante come il
“padano” Pittoni, speculando sulle paure dei lavoratori del nord si è
recentemente aperto al
confronto con un gruppo di precari, che dell’opposizione al “pettine”
ha fatto in questi anni la
propria unica ragione di vita. E’ evidente che dietro questa apertura
strumentale si nasconde il
progetto tutto leghista di regionalizzazione, che a quanto pare ha
fatto breccia anche tra gli “esperti”
di scuola nelle file dell’opposizione parlamentare. Ribadiamo che la
causa del malessere dei precari
non va individuata nei compagni di sventure, ma nelle nefaste politiche
di un governo
evidentemente più impegnato a finanziare guerre ipocritamente definite
“umanitarie”, piuttosto che
valorizzare istruzione e formazione. “Code” o “pettine” è un falso
problema montato ad arte che
distoglie l’attenzione dal problema reale. Qualunque soluzione che miri
alla semplice gestione delle
graduatorie, per quanto equa possa apparire, avrebbe come unico
risultato il mantenimento di un
esercito di precari deboli e ricattabili. Esiste un’unica soluzione
concreta al problema del precariato
scolastico: immissione in ruolo immediata di tutti i lavoratori
inseriti nelle graduatorie provinciali.
Noi come sindacato non possiamo che offrirci nuovamente come strumento
al servizio e nelle mani
dei lavoratori. Rilanciamo la lotta unitaria dei lavoratori della
scuola in quest’ultimo scorcio di anno
scolastico; riportiamo tutti insieme il conflitto nelle scuole e nelle
piazze, a partire dall’ipotesi di
riproporre una nuova ondata di scioperi degli scrutini e manifestazioni
nazionali. Riprendiamoci
tutto: scuola, lavoro, dignità.
USB P.I. Scuola
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