“Vieni a Marsala
per un dibattito sulla scuola con studenti, precari, docenti e genitori
un pomeriggio di questi?” “Certo che sì, vengo il 14 dicembre”.
L’invito è della coordinatrice del circolo del pd di Marsala,
insegnante di latino, “compagna di lotta”. Si può usare questo termine?
Mi piaceva l’idea di essere a Marsala a ricercare l’unità d’Italia
giusto in quel giorno. E così mi ritrovo sul pullman preso di corsa
dopo scuola ma bloccato in mezzo al traffico dagli studenti.
“Fanno bene” per fortuna intorno riconosco simili. Siamo con le
orecchie incollate alla radio, l’autista alza il volume. Sono le 13.30
del 14 dicembre 2010. Abbiate sfiducia… Tre voti. Lancio un ‘
imprecazione a voce così alta che se fossi stata una mia alunna mi
sarei beccata una nota. Intanto Palermo è davvero bloccata: il porto,
l’aereoporto, la stazione. Lo dice la radio.“Devono stare attenti
questi ragazzi”. Lo dice l’autista. Non siamo tanti su quel bus e
ognuno di noi pensa a voce alta, non parliamo tra noi. “Questo perché
poi li rivotiamo, ecco perché”.
Prima di arrivare a Marsala un sms mi avvisa che a Roma sta succedendo
il finimondo. La collega di partito e di mestiere mi porta a visitare
un relitto di cemento sul mare: lo vedi? Doveva essere un monumento per
l’impresa dei Mille. E’ incompiuto da vent’anni. Da centocinquanta, le
dico io. Con quest’animo mi ritrovo , alle 17.30, in una chiesa
sconsacrata, trasformata in audiorium davanti a un centinaio di
persone. Eravamo tutti pronti a ben altro e ce lo leggiamo negli occhi.
Ma è tutto un attimo, torniamo a essere quello che siamo: combattenti.
Lasciatemelo dire: combattenti. Nessun evento, nefasto o terribile ci
farà desistere di un millimetro dalle nostre certezze: siamo qui per
difendere qualcosa e allora via. Si comincia. Parlo alla fine, dopo una
preside, una studentessa di biologia dell’Università di Trapani e dopo
l’insegnante di latino.
Donne di cultura che, tranquille e spedite, testarde e imperterrite,
ripetono senza stanchezza discorsi detti e ridetti più volte in questi
anni. Anche qualche notizia recente: i dati Ocse assegnano alle scuole
pubbliche un bel primato: se non fosse per i tragici risultati delle
prove dei ragazzi delle private, l’Italia sarebbe ben dieci posizioni
più su nella classifica. Leggo espressioni d’orgoglio. Però a noi ce li
hanno tolti, i soldi, alle private no, anzi.
Mi fermo perché sto osservando quel luogo splendido: gli affreschi, gli
stucchi, gli arredi. E mi vien fuori a voce alta: alzate le teste e
guardate in silenzio, questo noi siamo e questo stiamo difendendo. La
rivoluzione della bellezza e della conoscenza per tornare a essere
mille volte italiani. No, non parliamo di quello che è accaduto qualche
ora prima dentro i luoghi delle decisioni e nemmeno di quello che sta
accadendo fuori. Ci rendiamo conto che non possiamo distrarci.
Nessun mezzo di distrazione di massa per evitare la distruzione.
Nessuna distrazione da quello che sta raccontando Cristina, 22 anni, e
dal suo terrore del futuro. Qua dentro non esiste il vergognoso mercato
dei valori che non si possono vendere, non esiste la violenza, non
esiste l’esitazione. Ci siamo noi e il nostro fortino assediato ma
inespugnabile, per difendere quello che siamo dai barbari. Amanuensi
nemmeno tanto silenziosi. E’ l’una e mezza di notte quando il pullman
mi lascia nel centro deserto di una Palermo sotto il diluvio.
Sono pochi passi e mi accorgo di avere i piedi zuppi d’acqua. Con un
sorriso accenno inconsciamente “scarpe rotte eppur bisogna andar a
conquistare la rossa primavera”..un mio caro amico mi obietterebbe “che
linguaggio vecchio, che parole vecchie”… il rosso è uno dei colori
della bandiera italiana, per chi ci crede, oggi come 150 anni fa. E c’è
il bianco per dire a quei ragazzi: riflettete, state attenti.
Riflettete e studiate. Per capire, per decidere secondo conoscenza e
coscienza. Con calma, sapienza e organizzazione.
Armandosi di pensieri , competenza e di parole, mai di sassi. Per
resistere a viso alto in una protesta sacrosanta. C’è anche il verde:
tra un po’ è primavera. Domani mattina per dieci milioni di italiani
c’è scuola. Come oggi e come dopodomani. E noi la difendiamo. La mia è
una chiara e manifesta istigazione a resistere, per continuare ad
esistere
(di Mila Spicola da L'Unità)
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