Sul giornale La
Sicilia del 6 febbraio un botta e risposta del giornalista Salvatore
Scalia che risponde alla lettera «I
presidi, il caso» inviata dal presidente regionale dell'ANP
Riccardo Occhipinti.
"L’unica cosa che nella sua
difesa corporativa il prof. Occhipinti non mi rimprovera è il mio
italiano anche se mi definisce penna facile. L’espressione non mi
offende essendo lo stile scorrevole e pungente prerogativa del mestiere
di giornalista. Almeno io so maneggiare le parole e la sintassi, a
differenza di quei presidi che hanno vinto il concorso avendo un’idea
molto vaga della grammatica e della lingua italiana, come dimostrano i
loro compiti scritti. Rendo onore ai tanti che rappresentano degnamente
la categoria e ai seri e sfortunati, coinvolti loro malgrado in questa
squallida vicenda, ma certamente non ho da chiedere scusa a chi scrive
frasi come questa: «Ciò induce il dirigente ha ricercare accordi...».
Con la «acca». Uno scolaro sarebbe stato bocciato. Evidentemente ciò
che vale per gli allievi non vale per i presidi".
Di seguito la lettera del prof. Riccardo Occhipinti
«I presidi, il caso»
Sono un assiduo lettore di «La Sicilia» e, come presidente
dell’Associazione sindacale che raggruppa
la maggior parte dei presidi della Sicilia, ho visto come nelle sue
colonne, non di rado, gli articolisti
si sono permessi commenti poco lusinghieri nei confronti di persone che
non conoscono e il cui
operato hanno inteso offendere in modo spesso gratuito e senza alcuna
ragione: mi riferisco a coloro
che avevano superato un concorso ordinario a dirigente scolastico, che
successivamente, a seguito
di ricorso di altri concorrenti, è stato recentemente annullato dal
Consiglio di giustizia amministrativa della Sicilia.
Ma ora si è proprio passato il segno.
Su La Sicilia di giovedì 4 febbraio, nella seconda pagina,
nell’articolo titolato "La preside perderà un bel po’ di chili" , il
sig. Salvatore Scalia, tessendo le lodi di una preside di Gela afferma
che costei è sicuramente diversa "da quei raccomandati fraudolenti e
analfabeti il cui concorso è stato annullato e che cercano sostegno a
destra e a sinistra."
Ora mi chiedo quale sia l’etica professionale di chi, sulla scorta
dell’annullamento di un concorso
a seguito di irregolarità del tutto formali relative alla composizione
della commissione esaminatrice,
si permette di parlare dei concorrenti nei termini usati dal signore in
questione. Ne deduco che, secondo l’autore dell’articolo, l’aver
partecipato ad un concorso che, per causa di errori di altri,
è stato invalidato, comporta anche il dovere essere insultato da parte
del censore di turno.
L’azione dell’articolista si qualifica da sola: una dichiarazione
illogica, irrazionale, ingiustificata, astiosa, ingiuriosa, che non
vorrei traesse origine dalla convinzione di impunità che caratterizza
le azioni dei certe "penne facili" che scrivono in questi tempi; per
non pensare che si tratti, invece, di qualcuno (ce ne sono stati tanti)
che, avendo interessi contrapposti, difende la tesi del concorso-truffa.
Qualsiasi ne sia la ragione, ritengo che sia indispensabile che
l’articolista porga subito le sue dovute
scuse al folto stuolo di colleghi che hanno il solo torto di aver
partecipato ad un concorso, affrontando tante difficoltà (preselezione,
due scritti, un doppio colloquio, nove mesi di corso di formazione).
In mancanza di tale atto di onestà intellettuale, per difendere
l’onorabilità così pesantemente
offesa di tanti colleghi, saremo costretti a valutare il ricorso alle
vie di legge.