È sempre la stessa
musica: mano a mano che si cerca di far emergere le contraddizioni
subite da una categoria e si ricorre alla sfera giudiziaria, a causa
della chiusura politica che da anni ormai caratterizza il sistema di
reclutamento nella scuola statale, si scatenano guerre fratricide e
reazioni di contrasto immotivate quanto poco degne della categoria che
rappresentiamo, quella degli insegnanti. Adesso, dopo l'annosa e ben
nota vicenda dei diplomati magistrali, l'asse dello scontro si è
spostato sui docenti ITP che, a seguito di una disattenzione reiterata
del MIUR nei confronti del riconoscimento del loro profilo e della loro
specificità, si sono rivolti alla Magistratura per ottenere quanto
ritengono di diritto. La vicenda giudiziaria ha portato alla emanazione
di provvedimenti cautelari con i quali i docenti ITP, relegati in III
fascia delle Graduatorie d'Istituto, possono essere intanto iscritti in
II fascia, in vista delle nomine annuali da queste graduatorie.
Gli stessi provvedimenti, sono stati seguiti da note ministeriali che
hanno inviTato le scuole ad operare gli inserimenti e questo è avvenuto
in tempi celeri e senza particolari ostacoli, vista anche la cronica
mancanza di docenti nelle scuole, ormai in piena attività. Tuttavia,
ciò ha scatenato polemiche e reazioni di contrasto, non tanto da parte
delle amministrazioni scolastiche ma da parte di docenti con profili
diversi, fatto non nuovo anche questo, ma sicuramente poco edificante
per la categoria intera, polemiche basate, soprattutto, su pretesti
superficiali e legati al bieco interesse personale.
Nessuno ha portato tesi di diritto, per le proprie rimostranze, ma una
pretesa di “priorità” derivante dall'aver ottenuto l'abilitazione
attraverso corsi a pagamento. Questi ultimi, infatti, dichiarano di
sentirsi beffati, perché scavalcati da chi è “da meno”, perché non
abilitato, senza entrare nel merito della vicenda dei colleghi che
additano e dimenticando l'iter che li ha portati, oggi in II fascia. La
maggior parte degli insegnanti ITP abilitati, infatti, ha ottenuto il
titolo a seguito dei percorsi abilitanti speciali (PAS) disposti per
rispondere alla richiesta di migliaia di docenti di III fascia,
dimenticati e disconosciuti dall'amministrazione per la quale
lavoravano da anni. I PAS, tuttavia, sono stati istituiti nel 2013, in
soluzione unica, anche se spalmati su tre anni, corsi a numero
chiuso, definiti sul parametro dei tre anni di servizio per accedervi.
Questo paletto, di fatto, ha lasciato fuori decine e decine di
insegnanti, magari per una manciata di giorni di servizio in meno,
rispetto a quelli previsti dalla normativa. Dal 2013 ad oggi, poi, non
è stata prevista alcuna altra possibilità di migliorare la propria
posizione professionale, né poter accedere al concorso, nonostante
l'utilizzo degli ITP non abilitati anche per incarichi annuali su posti
vacanti. La propria storia, forse, è più “storia” di quella degli
altri, sebbene soltanto spostata nel tempo? In vista delle ulteriori
nuove modalità di accesso alla professione, non è forse legittimo
richiamare un diritto negato, portarlo nelle sedi dove si analizza il
diritto in quanto tale, non un diritto di parte?
L'inclusione in II fascia d'istituto, richiesta in questi giorni e
ottenuta da quasi tutti gli ITP ricorrenti, è in fondo solo una mera
misura di compensazione parziale di un diritto negato, che non comporta
altro che la possibilità di rimanere nel sistema scolastico nel quale
si è già di fatto inseriti da precari. Se si verifica, in questo
passaggio di fascia, un sorpasso, pure senza titolo abilitante, ciò è
unicamente dettato dai titoli culturali e di servizio, i primi
considerati “merito” i secondi dimostrazione dell'impiego strutturale e
reiterato di personale precario. A noi, oggi come quando iniziammo la
nostra battaglia per la III fascia di istituto, ci sembrano ottime
ragioni per chiedere una adeguata valorizzazione del personale
scolastico iscritto nelle Graduatorie d'istituto.
Sostenere il contrario, come stanno tentando di fare organizzazioni
improvvisate, anche ipotizzando dei controricorsi, ci sembra
pretestuoso e scarsamente etico oltre che in evidente contraddizione
con la battaglia che i precari stanno conducendo, ognuno secondo le
proprie specificità. Il contrasto tra categorie parallele e affini,
inoltre, ricorda la crociata contro gli stessi PAS, operata da
associazioni senza scrupoli, di cui forse si è persa la memoria. In
virtù di un concetto distorto di merito, nel 2015, fu respinto un
ricorso proposto al TAR del Lazio, contro il decreto che introduceva i
percorsi abilitanti speciali, e condannati alle spese a ad un
risarcimento, nei confronti anche dell'associazione che coordino, i
soggetti proponenti. Se fosse stato accolto, forse anche i docenti
attualmente abilitati PAS avrebbero avuto una battuta d'arresto, allora
impedita da una energica e capillare azione legale.
Le vicende appena accennate dovrebbero far riflettere e ricordare che
difendere i propri diritti è possibile senza disconoscere i diritti di
altri. Non è compito nostro dare risposte ma è nostro preciso dovere
non abbassare la guardia di fronte ad ogni tentativo di disconoscimento
della categoria.
Se questo non viene compreso, pazienza! Noi, come docenti e come
associazione, continueremo a fare ciò che riteniamo fondato e giusto,
in difesa dei docenti precari delle graduatorie d'istituto,
indipendentemente dalla fascia in cui sono iscritti!
Valeria Bruccola, Coordinatrice
Nazionale Adida