Sotto accusa
Medie e Superiori: ragazzi costretti a nutrirsi in modo scorretto - Il
presidente dell’Ordine dei medici Federico D’Andrea contesta il taglio
delle lezioni al sabato e l’allungamento di orario negli altri giorni,
una scelta che provocherebbe abitudini alimentari sbagliate - NOVARA
«Stare a scuola fino al pomeriggio fa male alla salute»: parola di
medico, anzi del presidente dell’Ordine dei medici e dietologo Federico
D’Andrea. Lancia l’allarme a un mese dall’inizio delle lezioni che
anche quest’anno seguiranno il sistema della «settimana corta» deciso
dalla Provincia nell’agosto 2013 per tagliare i costi di riscaldamento
e trasporto degli studenti.
Il responsabile della struttura complessa di dietetica e nutrizione
clinica dell’ospedale «Maggiore», specializzato in problemi come
l’obesità e l’anoressia che colpiscono sempre più spesso i più giovani,
contesta l’orario scolastico che ha eliminato le lezioni al sabato
«spalmando» le ore negli altri giorni della settimana. Questo comporta
la necessità di restare sui banchi più a lungo e rientrare a casa nel
primo pomeriggio, soprattutto i ragazzi che abitano lontano dalla
scuola.
Una scelta che incide molto, secondo il medico, sotto il profilo
dell’alimentazione: «C’è una grande contraddizione. Da un lato, sempre
più spesso e meritoriamente esperti si recano nelle varie scuole e
illustrano come ci si deve alimentare in maniera sana; dall’altro, i
ragazzi vengono tenuti sui banchi fino a ore improponibili, alle due o
alle tre del pomeriggio. Con un paio di intervalli, molto brevi, nei
quali ingurgitano di tutta fretta alimenti poco sani. E del resto non
potrebbero fare diversamente, visto che alle medie e alle superiori
nessun istituto offre il servizio di mensa. Poi arrivano a casa a metà
pomeriggio e mangiano quel che trovano».
Da un punto di vista nutrizionale, la situazione più corretta comprende
un pasto sostanzioso a colazione e soprattutto a pranzo e poi uno più
leggero a cena: «Oggi è impossibile. Dobbiamo tutti ripensare al nostro
stile di vita e cercare aggiustamenti: per noi adulti ma soprattutto
per i ragazzi che sono più fragili e hanno un metabolismo ancora in
sviluppo. Invece si va in senso opposto come nella decisione di
accorciare la settimana scolastica».
I problemi alimentari che possono scaturire D’Andrea li vede tutti i
giorni nel suo ambulatorio medico: «Mi ritrovo a dare uno schema di
dieta a ragazzi che però non lo possono applicare semplicemente perché
i tempi imposti dal sistema scolastico sono inconciliabili con una
nutrizione regolare e impone tempi esageratamente lunghi in
classe». L’appello del presidente dell’Ordine del medici è
diretto alle istituzioni, scolastiche e non: «Non voglio intervenire in
situazioni che non mi competono. Però il messaggio che intendiamo
lanciare – conclude il dottor D’Andrea – è che è necessario ripensare
ai tempi della nostra giornata, in particolare per quel che riguarda la
vita scolastica. Ci rendiamo conto che si tratta di un percorso
tutt’altro che semplice, che si scontra con abitudini ben radicate, ma
non c’è altro da fare. Combattere l’obesità infantili in queste
condizioni è un compito particolarmente arduo».
Barbara Cottavoz
Lastampa.it