Il 2014 sarà scintillante per lo spazio italiano anche
perché avrà tre volti femminili che accompagneranno due imprese europee
attese da tempo. Il prossimo novembre Samanta
Cristoforetti, milanese d’origine (36 anni) ma cosmopolita nella
vita, volerà sulla stazione spaziale internazionale soggiornandovi per
sei mesi. È la prima astronauta italiana e la seconda a salire in
orbita con la tuta dell’agenzia europea Esa. «Il 30 novembre decollerò
da Baykonur su una navicella Soyuz e sono molto felice» dice Samantha.
E l’ultima parola ama spesso pronunciarla accompagnata da un sorriso
che sottolinea la passione per l’imminente avventura. Quando venne
selezionata nel 2009 dall’Esa assieme ad altri cinque colleghi maschi
(è rimasta l’unica donna del corpo astronauti) disse subito: «Sono
cresciuta con il sogno dello spazio chiuso nel cuore e nella mente. Il
caso mi ha favorito: sono felicissima».
In realtà c’era ben altro oltre il caso se era stata preferita tra le
8.413 domande giunte da tutti i Paesi dell’Unione. Dopo la laurea in
ingegneria meccanica al Politecnico di Monaco di Baviera varcava la
soglia dell’Accademia aeronautica di Pozzuoli diventando pilota e
prendeva una seconda laurea in ingegneria aeronautica. E poi volava sui
caccia Amx con i gradi di capitano. Se ha raggiunto il sogno cosmico lo
deve alla sua determinazione e al suo carattere che zampilla ben
definito quando le si parla. «La tv? Non la guardo mai, non mi
interessa, anzi l’ho venduta perché ingombrava la casa». Non è sposata
e per il resto aggiunge: «Sono cose personali». Complicato arrivare al
risultato desiderato? «Di difficile non ho trovato nulla, solo una
snervante attesa». E la moda? «Mi affascina solo la tuta spaziale». La
passione per le stelle ? «Nulla di particolare: non ho visto lo sbarco
sulla Luna ma ricordo con emozione le immagini degli astronauti che
riparavano il telescopio spaziale. Mi ha aiutato la fantascienza: sono
una fanatica di Star Trek». E pensando al futuro «sogno di sbarcare
sulla Luna», ammette. Sulla stazione manovrerà i bracci robotizzati,
però si è preparata anche per una passeggiata spaziale. «Avrò il
privilegio — nota con consapevolezza — di essere una abitante della
grande casa cosmica e per questo mi impegnerò a condividere la
straordinaria esperienza attraverso Twitter».
Sempre in novembre una piccola mini-sonda robotizzata si staccherà
dalla sonda spaziale Rosetta
dell’Esa in viaggio da dieci anni, sbarcando sul nucleo ghiacciato
della cometa Churyomov/Gerasimenko. È la prima volta che accade e per
sondare il mistero dell’astro con la coda compirà un’operazione tanto
difficile quanto preziosa. Con una trivella perforerà il suolo e lo
analizzerà trasmettendo i risultati sulla Terra. La «madre» di questo
straordinario strumento costruito a Milano da Selex Es è Amalia Ercoli Finzi del Politecnico
milanese. Amalia è stata la prima signora in Italia a insegnare come
volare nello spazio entusiasmando schiere di studenti perché, per
Amalia, il cosmo è prima di tutto la dimensione più bella da comunicare
ai giovani. Nel frattempo ha cresciuto cinque figli. «Non è stato
facile - dice -. Ma nella nostra famiglia tutti sanno che ognuno deve
fare la propria parte. Una donna non può essere solo a casa o al
lavoro. Ci sono gli interessi, la carriera. Non ci si deve negare
nulla, l’importante è avere fiducia e mettersi d’impegno».
«Sono emozionata — ammette —, dopo tanti anni d’attesa incrocio le dita
perché quei delicati strumenti funzionino come li abbiamo disegnati. La
cometa sarà a 675 milioni di chilometri dalla Terra e dovremo fidarci
dei nostri apparati che potrebbero scoprire molecole organiche, i
mattoni della vita». Adesso, a 76 anni, Amalia è professore emerito e
oltre a seguire lo sbarco cometario di cui è protagonista sta
partecipando con i suoi giovani studenti alla competizione
internazionale X-Price per lo
sbarco di una sonda sulla luna che i suoi allievi hanno battezzato,
guarda caso «Amalia», acronimo di una magnifica espressione latina: Ascensio Machinae Ad Lunam Italica Arte.
Ma la piccola e intelligente sonda di cento chilogrammi che si adagerà
sul nucleo della cometa largo quattro chilometri, porta il terzo nome
italiano delle imprese dell’annata. Quando si trattò di battezzarla
l’Esa bandì un concorso tra le scuole europee e alla fine scelse la
proposta avanzata da Serena Olga
Vismara di Arluno, vicino a Milano. Allora era una studentessa
di 14 anni del liceo umanistico ma appassionata di spazio. Serena
avanzò il nome Philae che era
l’isola sulla quale venne scoperta la stele di Rosetta che permise di
decifrare i geroglifici e il mondo egizio. «Pensai — racconta — a
qualcosa che fosse legata proprio alla stele e mi sembrò spontaneo
immaginare il luogo dove venne trovata». Così convinse i commissari
europei. Allora fece a se stessa due promesse: «Studierò ingegneria
spaziale al Politecnico e voglio fare l’astronauta». La prima è stata
mantenuta e per la seconda è sulla buona strada.
Giovanni
Caprara - 27esimaora.corriere.it