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Riforma: Conflitto stato regioni e le sentenze della corte costituzionale sull’autonomia scolastica

Redazione
Non essendo stata applicata la Riforma Costituzionale, è iniziato un contenzioso tra Stato e Regioni davanti alla Corte Costituzionale che perdura tutt’oggi.
Va detto che il contenzioso riguarda soprattutto la nuova produzione legislativa, cosa alquanto strana, perché se è normale pensare che potessero sorgere dei problemi per quanto riguarda l’adeguamento della legislazione previgente o il passaggio di competenze, dovrebbe essere scontato che la nuove produzione legislativa sia conforme al dettato costituzionale, ma così non è stato.
Va detto che il testo Costituzionale non è certo di facile interpretazione, soprattutto per quanto riguarda la distinzione tra norme generali e principi generali, tra legislazione di competenza dello Stato e legislazione concorrente, ma la realtà è che la legislazione statale spesso e volentieri non ha tenuto conto delle prerogative delle Regioni, così come non se ne è fatto praticamente niente del trasferimento delle competenze amministrative dallo Stato alle Regioni e agli EE.LL.; di qui i ricorsi delle Regioni contro la legislazione statale e le invasioni di campo nelle materie di competenza regionale.
Del pari, con il passare del tempo, le Regioni hanno cominciato a legiferare senza che fosse fatta alcuna chiarezza, nonostante le indicazioni della Legge 131/2003, per cui anche lo Stato ha iniziato a fare ricorso contro diverse Leggi regionali.
Noi qui analizzeremo alcune sentenze, interessandoci non solo e non tanto al merito delle questioni esaminate dalla Corte, ma soprattutto ai principi enunciati a chiarimento delle norme costituzionali di non facile interpretazione.
Dividiamo la trattazione per materie.
Norme generali, principi fondamentali, livelli essenziali delle prestazioni, offerta aggiuntiva (Sentenza 275/2005 e Sentenza 200/2009).
Nella Sentenza 275/2005 la Corte si è pronunciata in merito ai ricorsi promossi dalle Regioni Emilia-Romagna e Friuli-Venezia Giulia che eccepivano l’illegittimità costituzionale di vari aspetti del D.Lgs 59/2004 (Riordino del primo ciclo di istruzione), in particolare la violazione degli articoli 117, comma 3 e 6, e 118 della Costituzione.
La Corte ha ritenuto non fondato il ricorso, dato che le norme contestate rientrano tra le “norme generali” di esclusiva competenza statale.
La Corte afferma che va preliminarmente risolta la questione della “individuazione delle norme generali e la loro distinzione non solo dalle altre norme, di competenza delle regioni, ma anche dai principi fondamentali di cui all'art. 117, comma terzo, della Costituzione”.
A conferma che il testo costituzionale non è certo molto chiaro, la Corte afferma anche che bisogna andare “al di là del dato testuale, di problematico significato,” per cogliere la “ratio della previsione costituzionale che ha attribuito le norme generali alla competenza esclusiva dello Stato”.
Per la Corte sono:
  • “norme generali” quelle che hanno contenuti di natura unitaria valevoli per tutti i cittadini, immediatamente applicabili su tutto il territorio nazionale, senza bisogno di ulteriore normazione legislativa
  • “principi fondamentali” quelli che, pur ispirati da esigenze unitarie, non sono immediatamente applicativi, ma hanno funzione di “ispirazione” rispetto ad un’ulteriore normazione legislativa, di competenza delle Regioni.
La questione è stata ripresa in modo più sistematico dalla Sentenza 200/2009.
Per prima cosa, la Corte afferma che rientrano nelle norme generali di esclusiva competenza statale tutte le materie di cui agli articoli 33 e 34 della Costituzione, quali l’ istituzione di scuole di tutti gli ordini e gradi, la necessità di un esame di Stato per la conclusione di un ciclo di istruzione, la frequenza della scuola aperta a tutti, l’ obbligatorietà e la gratuità dell'istruzione primaria, il diritto degli alunni capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, di raggiungere i gradi più alti di istruzione.
La sentenza, inoltre, si rifà alla legislazione ordinaria per l’individuazione di ulteriori materie rientranti nelle norme generali, tra cui quelle dalla legge 28 marzo 2003, n. 53 (Riforma Moratti), di cui alla sentenza sopra citata.
La Corte indica tra queste materie la definizione dei cicli e degli ordinamenti, gli standard minimi perché i titoli acquisiti siano validi a livello nazionale, la valutazione degli apprendimenti e del comportamento degli studenti.
La Corte indica infine, in via interpretativa, tra le norme generali quelle che riguardano l’'autonomia funzionale delle istituzioni scolastiche e l'assetto degli organi collegiali.
Dopo aver ripreso quanto affermato nella sentenza 275/2005, la Corte affronta anche la questione dei principi fondamentali, di competenza dello Stato, che devono agire come principi ispiratori della legislazione concorrente di competenza regionale.
I principi fondamentali “fissano criteri, obiettivi, direttive o discipline, finalizzate ad assicurare la esistenza di elementi di base comuni sul territorio nazionale in ordine alle modalità di fruizione del servizio dell'istruzione”, ma “non sono riconducibili a quella struttura essenziale del sistema d'istruzione che caratterizza le norme generali sull'istruzione”.
Si potrebbe dire che le norme generali definiscono la natura del sistema di istruzione, mentre i principi fondamentali fissano dei criteri per la fruizione del servizio in modo paritario su tutto il territorio nazionale, da parte di tutti i cittadini.
I principi fondamentali, naturalmente, vanno attuati, non eseguiti, per cui necessitano dell’intervento delle Regioni, a livello appunto di legislazione concorrente.
Per ultimo, la Corte affronta la questione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP); lo Stato ha competenza legislativa esclusiva anche in questo campo, perché si tratta di garantire la fruizione dei diritti civili e sociali su tutto il territorio nazionale; naturalmente, tra questi rientrano anche quelli relativi all’istruzione.
Le Regioni, anche qui hanno competenza concorrente, possono migliorare i livelli essenziali delle prestazioni, migliorare quindi l’offerta formativa, adeguandola anche alle esigenze locali, naturalmente a loro spese.
Lo stesso si afferma nella Sentenza 275/2005 sopra citata; la Corte stabilisce che i curricoli obbligatori, con il relativo monte ore annuale, di cui al D.Lgs 59/2004, vanno intesi come “livelli minimi … validi per l'intero territorio nazionale, ferma restando la possibilità per ciascuna regione (e per le singole istituzioni scolastiche) di incrementare, senza oneri per lo Stato, le quote di rispettiva competenza”.
Non solo le scuole, quindi, possono incrementare l’offerta formativa in aggiunta al monte ore stabilito a livello nazionale, ma anche le Regioni; si devono però far carico dei relativi oneri, mentre lo stato deve finanziare il curricolo obbligatorio.
La continuità dell’azione amministrativa (Sentenza n.13/2004)
Nella Sentenza n.13/2004, dopo aver riconosciuto la competenza delle Regioni in merito alla gestione dell’offerta formativa sul territorio e in particolare nella distribuzione dell’organico tra le scuole, la Corte ha ritenuto di non doversi pronunciare per la caducazione immediata delle norme “statali” illegittime per il principio della continuità dell’azione amministrativa.
Di conseguenza, le norme statali continuano ad essere in vigore pur essendo illegittime fino all'adozione di nuove leggi regionali che individuino una disciplina ed un apparato amministrativo idoneo a svolgere la funzione di distribuzione del personale tra le istituzioni scolastiche.
La tutela dell’autonomia scolastica(Sentenza 275/2005)
Nella Sentenza 275/2005 la Corte accetta la posizione del Governo che “in relazione alle prospettate lesioni dell'autonomia scolastica,… la tutela di tale autonomia non compete certamente alle regioni...”, per cui le eccezioni sollevate dalle Regioni in merito alla pretesa lesione dell’autonomia scolastica non vengono prese in considerazione.
La Corte afferma quindi il principio che l’autonomia scolastica è un “prius” rispetto alla competenza legislativa delle regioni, come del resto chiaramente stabilito dall’art.117, comma 3 della Costituzione; ne discende che il Governo è anche il “tutor” costituzionale dell’autonomia rispetto ad eventuali invasioni di campo da parte della legislazione regionale.
Rimane irrisolto il problema di chi tutela l’autonomia scolastica rispetto alla legislazione nazionale ed agli atti governativi...Solo i privati cittadini possono agire in tal senso, rivolgendosi al giudice ordinario che dovrebbe quindi porre la questione di legittimità davanti alla Corte, a meno che sulla base della recente sentenza n. 641/2011 del TAR dell’Abruzzo qualche scuola non voglia avventurarsi in una causa contro il Governo…
Lo stato giuridico dei docenti è di competenza esclusiva dello Stato
Nella Sentenza 275/2005 la Corte afferma la piena legittimità del “cosiddetto tutor”, in quanto la “la definizione dei compiti e dell'impegno orario del personale docente, dipendente dallo Stato, rientra …sicuramente nella competenza statale esclusiva di cui all'art. 117, comma secondo, lettera g), della Costituzione, trattandosi di materia attinente al rapporto di lavoro del personale statale”.
Da notare la dizione “compiti” ed “impegno orario” del personale docente, che rientrano nelle norme generali di esclusiva competenza statale; naturalmente il principio affermato dalla Corte riguarda lo stato giuridico dei docenti e non pregiudica certo gli aspetti contrattuali di definizione del rapporto di lavoro, che è questione non attinente al giudizio.
Il potere legislativo delle Regioni
Nella sentenza n. 120 del 2005, che richiama le sentenze n. 353 del 2003 e n. 282 del 2002, la Corte respinge il ricorso del Governo contro una legge della Regione Toscana; il Governo eccepiva che in materia di istruzione le Regioni non avrebbero potuto esercitare la loro potestà di legislazione concorrente in mancanza dei principi fondamentali fissati dallo Stato.
La Corte giudica priva di fondamento l’eccezione del Governo, perché le Regioni possono legiferare in materia di legislazione concorrente, soprattutto nella fase di transizione dal vecchio al nuovo, nel rispetto dei principi fondamentali risultanti dalla vigente legislazione statale in vigore; la mancanza di nuovi principi stabiliti ad hoc non può bloccare l’attività legislativa delle Regioni
Del resto, quanto appena detto è scritto chiaro e tondo nella Legge 131/2003.
La gestione dell’offerta formativa sul territorio (Sentenza n.13/2004 e n. 200/2009)
Nella Sentenza n.13/2004, la Corte stabilisce che la programmazione della rete scolastica è competenza della Regione e la definizione degli organici del personale docente e non docente rientra in tale competenza.
Una diversa interpretazione sarebbe in contrasto con la legislazione, già vigente peraltro dal 1998 con il D.lgs n. 112, che attribuisce alle Regioni tutte le funzioni amministrative relative alla programmazione dell'offerta formativa integrata tra istruzione e formazione professionale, alla suddivisione del territorio in ambiti funzionali, alla programmazione, sul piano regionale, della rete scolastica.
La cosa è ancora più chiara in base all'art.117 della Costituzione, in materia di programmazione scolastica allo Stato spetta solo la definizione dei principi fondamentali, mentre la sua concreta realizzazione è competenza regionale.

Pietro Perziani
perziani@libero.it








Postato il Mercoledì, 14 marzo 2012 ore 09:00:00 CET di Redazione
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