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Decreti: In Sardegna 1 su 4 non arriva al diploma (23,9%), ma in Sicilia sono 26 su 100.

Rassegna stampa
I giovani che disertano la scuola e non ultimano gli studi superiori sono 26 su cento in Sicilia. Al secondo posto si piazza la Sardegna con un tasso balzato al 23,9 per cento pari a un incremento di oltre due punti tra il 2008 e il 2010. La forbice con la media nazionale - dopo la metà degli anni 2000 quando l’isola segnava una netta inversione di tendenza col passato - si è di nuovo paurosamente allargata. Isola sempre più giù. Se nel 2007 la distanza Sardegna-Italia segnava 2.1 punti (contro i 10.8 del 2004), nel 2010, dicono i dati Istat, è più che raddoppiata balzando a un divario di 5.1.       
               Numeri in controtendenza col resto del Paese dove gli abbandoni scolastici sono pur sempre alti rispetto alla media europea e agli obiettivi di Lisbona, ma in costante diminuzione (dal 22,9 del 2004 si è scesi al 18,8 del 2010). La retromarcia nello sfascio educativo è tutta made in Sardinia con percentuali analoghe fra città capoluogo e centri dell’interno e punte impressionanti nel Sulcis e nel Nuorese. Il dato inequivocabile è che a un ragazzo sardo su quattro (tra i 18 e i 24 anni) non piace né andare né stare a scuola. «Paghiamo un’offerta formativa tradizionale e una istruzione tecnica e professionale inadeguata, per nulla in linea con le esigenze della società informatica contemporanea e con la struttura economica dell’isola», dice Bachisio Porru, presidente regionale dell’associazione dei presidi e dirigente del liceo scientifico “Enrico Fermi” di Nuoro: «Ho più alunni io nelle prime classi del liceo rispetto a tutti gli studenti dell’Istituto

agrario. È un controsenso. Credo sia uno sfasamento totale in una provincia a vocazione agropastorale, artigianale e turistica. Emerge una scuola con indirizzi imposti, non in sintonia con i territori nei quali opera» La grande fuga.

Ed ecco - con tanti altri motivi - il grande esodo, l’emorragia educativa a partire dalle scuole medie per arrivare accentuata ai massimi livelli soprattutto negli istituti tecnici e professionali. Una smentita solenne ai dirigenti sardi del ministero dell’I struzione che, in un caravanserraglio di falsità, sbandieravano di aver debellato gli abbandoni scolastici. Sta avvenendo l’esatto contrario. Indossiamo la maglia nera nella formazione. Nerissima. Nella nostra isola (dove sono diminuite anche le iscrizioni negli atenei di Cagliari e Sassari) si è scatenata una tanto accentuata quanto devastante rincorsa all’analfabetismo di andata e di ritorno. Nell’anno scolastico 1999-2000 gli abbandoni nel primo e secondo anno delle superiori erano dell’11.4 per cento assottigliati al 4.3 nel biennio 2004-2005. Contrasto alla dispersione anche negli anni seguenti. Poi la virtù è svanita. Le carte della scuola si sono imbrogliate col ritorno a corsi professionali burletta, meno rigorosi delle scuole tradizionali. Ed ecco che oggi in Sardegna sta avvenendo l’esatto contrario di quanto si registra nel panorama nazionale. La fuga dalla scuola (“ nella popolazione tra i 18 e i 24 anni con al più la licenza media e che non frequenta altri corsi scolastici” secondo la definizione dell’Istat) è in costante incremento dal 2007. Allora si era registrato il 21.8 per cento archiviando un disastroso 28.3 per cento del 2006 preceduto da un più devastante 33.2 per cento del 2005.

Poi l’impennata di cui si è detto. Che fa seguito ai recenti dati della commissione europea presieduta dalla principessa Alexia Juliana Marcela Laurentien dei Paesi Bassi. Il gruppo di studiosi da lei guidato aveva il compito di “individuare i metodi per migliorare i livelli di alfabetizzazione” degli adolescenti europei comparandoli alle competenze dei quindicenni di 65 Paesi dei cinque continenti in lettura, matematica e scienze. Ebbene: in Europa, quasi 20 adolescenti su cento “sono privi - scrive la stessa Commissione europea - delle capacità fondamentali di lettura e di scrittura, il che rende loro più ardua la ricerca di un lavoro e li pone a rischio di esclusione sociale”. Il conteggio dei ragazzi meno “attrezzati” è stato condotto attraverso l’ultima indagine Pisa (Programme for International Student Assessment) dell’Ocse su coloro che hanno ottenuto basse performance (al di sotto del secondo livello sui 6 previsti dall’indagine) in lettura. In Italia i quindicenni “privi delle capacità fondamentali di lettura e di scrittura” sono 21 su cento. Nelle isole la percentuale schizza al 31,4 per cento. Sardegna e Sicilia drammaticamente sorelle analfabete a pari punti. «Arrivano demotivati dalle medie, credono che frequentare un istituto professionale sia un gioco. E così nel primo e nel secondo anno gli abbandoni esplodono - denuncia Daniela Diomedi, preside dell’Antonio Meucci di Cagliari -. I giovani motivati non mollano. Il corso per odontotecnici ha ottimi tassi di frequenza e poi di occupazione, cala invece la tensione tra i meccanici, i meccanici termici, gli elettricisti, gli elettronici». I dati Istat. Le nuove tabelle dell’Istat sono tanto vere quanto impietose. La Sicilia, come detto, è in vetta agli abbandoni scolastici col 26 per cento registrato nel 2010.

Al secondo posto c’è la Sardegna col 23.9, tasso cresciuto di un punto sul 2009 e sul 2008 e di 2.1 sul 2007 quando cominciavano ad essere dimenticati numeri ancor più choccanti (vedi tabella). Dopo la Sardegna si collocano la Puglia (23.4 per cento), la Campania (23) e la provincia autonoma di Bolzano col 22.5 per cento. Le zone più virtuose sono quelle del ricco Nord-Est: la provincia di Trento (11.8 per cento) seguita dal Friuli Venezia Giulia (12.1) e dalla regioni centrali (Umbria e Marche, entrambe col 13.4 per cento). Il Piemonte è al 17,6 mentre la Lombardia registra il 18,4. L’Emilia Romagna (14.9) meglio della Toscana (17.6 contro un 16.9 dell’anno precedente con un incremento di 0.7 punti). Studiano di più le donne. I dati sulla Sardegna sarebbero ancor più disastrosi se la maggiore propensione femminile allo studio non compensasse in parte il crescente disinteresse maschile. Gli abbandoni da parte delle donne si fermano al 16,1 per cento (al di sotto quindi della media nazionale) contro il dato-maschi che è quasi doppio e schizza al 31,1 per cento. Un dato statistico peraltro in linea anche con i tassi di laurea: nel 2010 la Sardegna aveva 137 mila laureati e post laureati di cui 79mila donne e 57mila maschi. La percentuale della popolazione laureata femminile in Sardegna è del 10,5 per cento (11.5 la media nazionale) contro l’8% di quella maschile (in Italia 10.5). Le reazioni. «Gli studenti non hanno fiducia nella scuola e gli insegnanti si sentono bistrattati e disincantati», dice Maria Grazia Kalb, vicepreside dell’Istituto alberghiero “ Antonio Gramsci” di Monserrato (1285 frequentanti). «Molti giovani si iscrivono ai professionali pensando che non sia necessario l’i mpegno e il metodo. E sbagliano. Se vedono rigore reagiscono scappando dai banchi. Ma chi resta si forma bene e trova anche lavoro». Sotto accusa, da parte di tutti i dirigenti, anche le famiglie. «Non è facile avere collaborazione - dice Cesira Vernaleone, preside del tecnico commerciale “Leonardo da Vinci” di Cagliari -. I ragazzi arrivano poco preparati dalle scuole medie, sentono un peso il rispetto degli orari, dell’educazione». Guido Tendas, preside del liceo classico “De Castro” di Oristano aggiunge: «Ci sono anche problemi strutturali. Le condizioni di viaggio dei pendolari sono quelle di trent’anni fa. (da  La Nuova Sardegna)

redazione@aetnanet.org








Postato il Lunedì, 23 gennaio 2012 ore 07:01:42 CET di Redazione
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