Che confusione sotto il cielo della scuola
Data: Domenica, 26 febbraio 2017 ore 08:00:00 CET
Argomento: Rassegna stampa


A gennaio, dopo le feste, gli studenti, messa da parte ogni velleità rivoluzionaria o solo riformatrice con occupazioni e autogestioni, si concentrano su compiti, interrogazioni e recuperi vari in vista della scadenza quadrimestrale. Mentre le scuole si imbellettano e si presentano alle famiglie per le iscrizioni on line, come d’incanto, con nuovi indirizzi di studio, laboratori, gruppi sportivi, ecc. Ma quest’anno la tradizionale pace che regna a scuola nel periodo postnatalizio è stata turbata da fatti nuovi, incombenti e minacciosi, che continuano ad agitare la categoria, e non solo: la mobilità dei docenti e i decreti delegati previsti dalla legge 107.
La massiccia immissione in ruolo dei docenti dell’altr’anno ha determinato, com’era prevedibile, spostamenti diffusi di personale, che ora aspira a tornare verso casa. Si attrezzano moltissimi docenti per un trasferimento definitivo; in subordine cercheranno, come quest’anno, almeno un’assegnazione provvisoria, annuale. Superando i vincoli di permanenza nella sede che erano stati imposti negli anni scorsi. Tutto ciò determinerà lo stesso caos che si sta vivendo in quest’anno scolastico: da una parte più docenti di ruolo al sud e più supplenti annuali al nord; dall’altra la necessità di nominare – dappertutto – tanti supplenti perché molto spesso i docenti di ruolo titolari di ambito, “a disposizione” delle scuole, non corrispondono, per la materia d ’insegnamento, a quelli che le scuole cercano per sostituire gli assenti o coprire posti vuoti.
Tempo fa, il nuovo governo, alla scadenza prevista dalla legge delega, più nota come Buona Scuola, ha resi noti gli schemi di decreti delegati, otto su nove, tutti su materie significative: formazione iniziale e accesso ai ruoli degli insegnanti; inclusione e disabilità; raccordo tra istruzione e formazione professionale; sistema integrato di educazione e istruzione 0/6 anni; diritto allo studio; cultura umanistica; istituzioni scolastiche italiane all’estero; valutazione e competenze degli studenti e degli esami di Stato. Dopo una serie di rapidi pareri, gli schemi diverranno decreti. Molte delle novità contenute nei decreti che circolano in questi giorni contribuiscono a creare ansia, incertezza e malumore.
A cominciare da un nuovo sistema di formazione iniziale e reclutamento. Prevede un concorso dopo la laurea, per chi lo supera un percorso di tre anni, di cui due di tirocinio a scuola, per poi essere assunti stabilmente. Migliaia e migliaia di precari inseriti nelle graduatorie ad esaurimento o d’istituto, idonei nei concorsi, abilitati nei Tfa, supplenti annuali, temporanei, rimandano sine die l’applicazione di un sistema nuovo. Che poi tanto nuovo non è. Ha molte analogie con gli specializzandi impropriamente e largamente “utilizzati” nei Policlinici. Sembra un modo sbagliato e scorretto per eliminare i costi delle supplenze.
E poi c’è quello su inclusione e disabilità, che mette assieme nelle critiche docenti, alunni e famiglie. Classi che vedono la presenza di un alunno con disabilita anche con più di 22 alunni. La diagnosi funzionale redatta da una commissione di soli medici. La richiesta delle ore di sostegno avanzata non più dalla singola scuola ma dal GIT, Gruppo Inclusione Territoriale. Prevede un insegnante iperspecializzato (si passa da 60 a 120 crediti) sempre meno docente, mentre le attività di sostegno passeranno agli insegnanti della classe con una preparazione tutta da costruire. Non si sa come potranno spendersi il titolo di sostegno quanti lo hanno conseguito in questi anni in avide università o come saranno utilizzati i centomila e passa insegnanti di sostegno di ruolo.
Ancora, la valutazione nella secondaria. Cambia l’esame di Stato. Gli studenti sono ammessi all’esame con la media del sei, compresa la condotta: sembrerebbe che serva a far ricadere sulle scuole le responsabilità di far arrivare agli esami studenti poco preparati, responsabilità che sono in capo a chi non sa governare il sistema scolastico. Invece, poi, delle tre prove scritte salta la terza, quella preparata dalle scuole; e soprattutto l’Amministrazione ribadisce la sua vocazione verticistica e censoria con le prove Invalsi. Che, al posto di dare una lettura del livello di apprendimento degli studenti al fine di predisporre gli interventi più utili per il singolo, la scuola, il territorio, diventano giudizi definitivi da riportare nel documento allegato al diploma e di cui si terrà conto per l’accesso all’Università.
Insomma, tra mobilità e decreti delegati, anche questo periodo tradizionalmente tranquillo, pacifico e produttivo, vede nelle scuole preoccupazioni, ansie, agitazioni, proteste. Che s’ingigantiranno, c’è da scommetterci, quando più ci si avvicinerà alla fine dell’anno scolastico.

Franco Buccino
Repubblica





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