Se potete, lasciate in pace gli esami di stato. Il valore legale del titolo di studio
Data: Domenica, 30 ottobre 2016 ore 08:30:00 CET
Argomento: Redazione


Sembra diventato un passatempo in viale Trastevere cambiare gli Esami di Stato ad ogni chiaro di luna. Quello che sorprende non è la volontà di procedere in questa direzione, ma la mancanza di solide ragioni per farlo. Un'innovazione nell'ambito dei titoli di Stato non attiene solo a questioni di ordine didattico, nè si puo' nutrire solo di riflessioni e teorie docimologiche, perchè investe il rapporto fiduciario tra scuola e società, tra formazione e mondo del lavoro.
Le questioni che sorgono sono queste: il diploma è un titolo affidabile? Ci sono ragioni valide per renderlo affidabile? E se sì, come?

Non è detto che tali questioni debbano essere prese sul serio. Si puo' benissimo ritenere che siano prive di senso, perchè nel terzo millennio, nella società della conoscenza il diploma di maturità non è più utile come prima; perchè il grado di preparazione da esso certificato non ha riscontro nell'attuale organizzazione del lavoro, superato com'è da titoli più alti e impegnativi; perchè per la sua possibile e rapida obsolescenza non è in grado di sostenere e giustificare alcuna particolare pretesa dei suoi detentori nei rapporti di lavoro.

Si puo' anche pensare che se sono queste le condizioni di spendibilità del titolo di studio, non sia affatto necessario mantenere l'attuale e/o qualsiasi impalcatura degli esami di Stato e affrontarne il costo finanziario. A dire la verità, tranne la vampata rigoristica della prima versione degli esami di Stato risalente alla gestione Berlinguer, il resto delle innovazioni ha risposto o ad esigenze di risparmio economico o a tentativi di condiscendenza nei confronti di un'utenza turbolenta e scontenta. Si è fatto di tutto per trasformare gli esami in un rito privo di serietà pedagogica, culturale e professionale, in modo da poterne fare una giustificazione dei tentativi di abolizione del valore legale dei titoli di studio.

E' proprio questa non-detta intenzione la causa delle molteplici fantasiose proposte di innovazione degli esami di Stato, perchè se non si abolisce esplicitamente il valore legale del diploma, se ne puo' drasticamente e agevolmente ridurre il suo significato e la sua portata con gli esami burla, in cui il 99% dei candidati è promosso e una percentuale logicamente inattendibile di candidati ottiene il massimo dei voti.

UN BISOGNO DI SERIETA'
E' possibile allora fare seriamente gli esami a prescindere dalla spendibilità tradizionale del titolo di studio?
Questo a me sembra il problema e questa la sua corretta impostazione. Io credo che si possano fare e si debbano fare seriamente gli esami, come qualsiasi attività di rilevanza sociale e pubblica e l'istruzione e la formazione lo sono.
La serietà e il rigore delle operazioni di esame restituirebbero non poco consenso e non poco prestigio alla scuola e agli insegnanti; consentirebbero agli stessi diplomati di potere avere un report attendibile dello stato della loro preparazione professionale e di affrontare una prova impegnativa per la loro crescita umana;consentirebbero alle scuole di avere una qualche cognizione della qualità del lavoro svolto nelle classi e all'amministrazione di potere formulare qualche ipotesi ragionevole sulla condizione di salute del'apparato scolastico; eviterebbero alle Università di allestire le indigeste prove di ingresso per stabilire che debba accedere alle varie facoltà.

Due sole prove scritte, come pare si voglia fare, mi sembrano povera cosa per avere esami di un certo valore e mi pare bizzarra la collocazione della prova INVALSI al quarto anno. In un anno, nella vita dei giovani succedono molte più cose di quante se ne possono immaginare. Basta averli frequentati per saperlo. E', invece, una buona idea, valorizzare quanto più possibile il curriculum scolastico e ridurre nel punteggio il peso degli esami, per evitare qualsiasi forma di mortificazione del lavoro, dell'impegno e dei risultati di un'intera carriera scolastica. Si dovrebbe fare più o meno come si fa all'Università col punteggio di laurea. E' chiaro che se così si intendesse procedere, bisognerebbe eliminare qualsiasi forma di bonus, occasione di arbitri e ingiustizie. Che all'alternanza si dia spazio, mi pare giusto, ma senza stravolgere l'equilibrio complessivo del curriculum. E' necessario fare esami finali razionali e credibili e non allestire lotterie per i fortunati.

E tutto questo con commissari interni? Con presidenti presi a casaccio, perchè ce ne vuole uno per ogni gruppo di due classi? Lasciamo perdere!

prof. Raimondo Giunta





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