Documento dei Docenti dell'Istituto Superiore Ramacca - Palagonia sul piano governativo 'La buona scuola'
Data: Venerdì, 14 novembre 2014 ore 07:45:00 CET Argomento: Istituzioni Scolastiche
I docenti
dell'istituto
superiore di Ramacca - Palagonia, riuniti in assemblea in data
11/XI/2014, sottoscrivono il seguente documento quale esito della
propria riflessione a proposito del piano di riforma "La buona scuola"
proposto dal governo Renzi e in risposta all’invito del Governo, del
MIUR e dell’USR (nota MIUR prot. n° 3043 del 2/10/2014; circolare USR
prot. n° 25529 del 3/10/2014).
Da anni i docenti delle scuole italiane di ogni ordine e grado si
trovano in una condizione di grande difficoltà: scarso riconoscimento
economico, decrescente partecipazione ai reali processi di cambiamento
della scuola, crescente precarietà dei diritti sul posto di lavoro,
esiguo apprezzamento sociale. Il piano de "La buona scuola" continua,
nonostante la forma seducente con cui si rivolge ai docenti e alle
famiglie italiane, questa tendenza: riduzione dei diritti dei
lavoratori, incertezza economica, marginalizzazione dei docenti
dall'organizzazione e dal vivo coordinamento della vita scolastica,
deprezzamento sociale del ruolo, precarizzazione della funzione docente
e delle condizioni di lavoro degli insegnanti.
Ciò che il governo presenta è uno strano strumento che non è una legge,
non è un disegno di legge, non è una proposta di legge, non è un
regolamento ministeriale. È una forma nuova di gestione e
organizzazione del personale docente che ignora e liquida la forma
istituzionale della contrattazione. Orario di lavoro, struttura ed
entità della retribuzione, mansioni, qualità e carichi della funzione
docente, come di qualunque altro lavoro, vanno definiti in sede di
contrattazione. Al contrario, imporre un piano di riforma - su cui si
apre una consultazione predefinita nelle forme, nei modi, nelle
possibilità di dissentire - significa limitare arbitrariamente i
diritti dei lavoratori, che si vedono privati improvvisamente dello
strumento più importante di tutela dei propri diritti: la
contrattazione.
Non si tratta di una semplice questione di rivendicazioni sindacali: è
in gioco il futuro della scuola pubblica italiana. Per questo motivo
riteniamo doveroso moralmente, oltre che professionalmente, esprimere
la nostra opinione.
I punti critici del Piano sono molti e suscitano in noi grande
preoccupazione; ne riassumiamo i più importanti, su cui manifestiamo le
nostre perplessità e il nostro dissenso:
Retribuzione:
il sistema proposto degli "scatti di competenza" al posto degli scatti
di anzianità trasformerà i docenti in contendenti che, per accaparrarsi
una quota esigua di risorse, verranno valutati principalmente per
ciò che non fanno in classe ("crediti formativi e professionali") e
solo in parte per il reale lavoro didattico senza specificare come e in
base a quali criteri; la conseguente incertezza retributiva, a parità
di lavoro didattico, rischia di provocare la fuga dei docenti dal
lavoro in classe per inseguire le attività extra-didattiche che
attribuiscono crediti e, per di più, il medesimo punteggio che in una
scuola permetterà di ottenere lo scatto lo impedirà in un'altra. Che ne
sarà allora del "merito"? E soprattutto, che ne è dell'elementare
principio di giustizia secondo cui a parità di lavoro deve
corrispondere un pari trattamento salariale?
Funzione
docente: il piano stravolge la funzione docente assestando un
colpo durissimo ai principi costituzionali dell'autonomia intellettuale
e didattica del docente. La trasformazione del collegio dei docenti in
consiglio dei docenti e la sua marginalizzazione nella vita scolastica,
a fronte di un DS dai poteri accresciuti e di un nuovo Nucleo di
Valutazione dotato di un ventaglio preoccupante di poteri arbitrari e
quasi monocratici, sancisce la fine del modello italiano di scuola
pubblica: una scuola sinora incentrata sul funzionamento degli organi
collegiali, cioè sul principio della partecipazione e della democrazia,
nel rispetto delle diverse funzioni dei vari organi. Il cattivo
funzionamento, purtroppo frequente, degli organi collegiali non
giustifica la riduzione degli spazi di democrazia all'interno
dell'istituzione scolastica, piuttosto dovrebbe spingere ad un loro
rafforzamento nella logica, finalmente, dell'attuazione dell'autonomia
scolastica che, esistendo sulla carta ma senza adeguate risorse
economiche, è sempre rimasta un miraggio nella scuola italiana;
Precarizzazione:
l'assunzione promessa di 150.000 precari ha una grave
contropartita: una complessiva precarizzazione della professione
docente. A fianco dell'organico di diritto (ogni docente incardinato su
una specifica cattedra) nascerà l'organico funzionale, ossia un insieme
di docenti che faranno la spola tra le scuole di una provincia o di una
rete territoriale per svolgere le supplenze e affiancare l'attività dei
docenti su cattedra nelle attività extra-didattiche (progettazione,
progetti POF, attività extra-curriculari). In realtà l'organico
funzionale più che "organico dell'autonomia", come vorrebbe il Piano,
corre il rischio di creare un esercito di docenti di serie B che
saranno in balìa sistematica degli eventi accidentali della vita
scolastica e della discrezionalità dei Dirigenti Scolastici, insomma
docenti tappabuchi la cui professionalità e le cui motivazioni, oltre
che la qualità del lavoro, saranno inevitabilmente penalizzate
dall'incertezza dei compiti e dalla mobilità di sistema. E non basta:
la precarizzazione spacciata come "mobilità" virtuosa e
razionalizzazione del lavoro riguarderà tutti, anche i docenti su
cattedra, perché il Piano promette di incentivare il passaggio tra i
due tipi di organico, con la minaccia subdola di una possibile e
incombente precarizzazione per ogni singolo docente.
I fondi:
nel piano è dichiarata l’impossibilità da parte della Stato di
garantire i finanziamenti adeguati alla scuola pubblica statale e la
conseguente necessità di attrarre fondi privati: ciò appare gravemente
in contrasto con il mandato istituzionale che la Costituzione assegna
alla scuola della Repubblica, così come la equiparazione tra scuola
pubblica e scuola paritaria a cui si dichiara di voler assicurare
risorse. Inoltre nonostante gli anglismi (crowdfunding e matching fund
per dirne alcuni) l'unica certezza che si ricava dal piano è che la
ristrutturazione dello stipendio dei docenti avverrà senza nessun onere
aggiuntivo per lo Stato, finanza virtuosa ottenuta risparmiando sugli
scatti di anzianità sistematicamente sottratti ad un terzo dei docenti,
e che gli scatti (di qualunque tipo: di "competenza" o di "anzianità")
saranno bloccati sino al 2018. Riteniamo, infine, che per qualificare
l’istruzione pubblica statale occorrano risorse economiche statali
aggiuntive, sottratte in questi ultimi anni da tutti i governi, che
portino la spesa dell’Italia per istruzione, formazione e ricerca ai
livelli della media europea, ossia al 6% del PIL.
Sulla base di queste osservazioni e delle idee di scuola e di
insegnamento che emergono dal piano "La buona scuola", i docenti che
sottoscrivono il presente documento invitano le famiglie, il personale
docente della scuola pubblica italiana, gli studenti a confrontarsi su
un'idea di scuola che, prima di essere un'impresa che produce
eccellenze o insuccessi, che attrae fondi privati o meno, che realizza
utili o perdite, che gareggia con altri istituti scolastici alla
ricerca di fondi, è, innanzi tutto, un'istituzione democratica che cura
ed educa il capitale umano del Paese; invitano inoltre il governo ad
aprire una reale consultazione sullo stato della scuola pubblica
italiana e sul suo futuro, partendo dal principio che i difetti, le
lentezze, le inefficienze del sistema scolastico non si curano con la
precarizzazione del corpo docente, con la trasformazione del Dirigente
Scolastico in un manager la cui bravura si misura solo dalla capacità
di attrarre fondi economici, con il risparmio sugli investimenti
destinati alla scuola, con una complessiva diminuzione dei diritti dei
lavoratori. Nessun paese è virtuoso o meritevole se
non lo sono i suoi cittadini e nessun cittadino può essere veramente
tale se non ha avuto modo di sviluppare la propria intelligenza,
autonomia di giudizio e dignità personale. La scuola è solo una parte
del sistema sociale, ma una parte essenziale: nostro compito di docenti
è quello di creare le condizioni migliori e più adeguate perché
l'intelligenza e la dignità di ciascuno studente si possano esplicare e
rafforzare. Se non si persegue questo scopo, che noi tutti condividiamo
e che non ritroviamo nelle pagine del piano "La buona scuola", nessuna
scuola è veramente buona, meritevole e virtuosa.
I docenti sottoscrittori
dell'istituto superiore di Ramacca - Palagonia
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