CHI TE LO FA FARE UN LAVORO COSI STRESSANTE ?
Data: Domenica, 18 febbraio 2007 ore 12:25:45 CET
Argomento: Comunicati


Io penso che un docente prima di fornire apprendimenti deve formare ed educare civilmente i giovani. Se non si interviene in tale contesto nulla cambierà, ci sarà sempre degrado sociale e scelte non motivate all'atto di votare i rappresentanti per l'organizzazione e il governo del territorio. Io voglio che si cambi veramente, non condivido "Se si vuole che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi" ...

Questa è la domanda che espressamente o mentalmente mi viene rivolta dai colleghi. Quando si è docenti a tempo indeterminato con molti anni di anzianità e un posto quasi stabile non conviene fare di più del lavoro strettamente pertinente a fornire ai giovani le conoscenze relative alla propria disciplina concorsuale.

Se fosse così non mi sentirei docente.

Io penso che un docente prima di fornire apprendimenti deve formare ed educare civilmente i giovani. Se non si interviene in tale contesto nulla cambierà, ci sarà sempre degrado sociale e scelte non motivate all'atto di votare i rappresentanti per l'organizzazione e il governo del territorio. Io voglio che si cambi veramente, non condivido "Se si vuole che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi".

Un mio maestro professionale e di vita con il quale abbiamo lasciato traccia di centinaia di opere di ingegneria, che mi chiamava "figliozzo" e il cui nome era Prof. Ing. Gabriele Mastrojanni, diceva che per essere ingegnere occorreva avere le tre P : Puttaniere, figlio di Putta e tre Palle.

Non so se ho tali caratteristiche ma certamente la mia vita giovanile nel quartiere Monte Po e le esperienze personali fanno si che i giovani mi rispettano e sono grati di quello che a loro offro.

Il lavoro di educatore è difficile in quanto spesse volte si interviene su allievi che hanno le caratteristiche fisiologiche di vita come quelle indicate da Salvatore Scalia in "La Punizione" .

Scalia fornisce uno spaccato reale dell’ambiente di Catania (oggi esteso ai quartieri popolari) in cui quattro ragazzi, di famiglie umili e miserabili, passano la vita e si arrangiano con piccoli furti e scippi. Hanno abbandonato la scuola, scorazzano per le vie della città, essi che vivono nel quartiere più povero e malfamato, San Cristoforo, in groppa alle loro Vespine truccate, gli “scattioli”. Rubano e soprattutto scippano. Tra essi c’è Pinuccio, che è il più giovane e il più intelligente,  il più puro, il cui padre è andato a cercar lavoro a Milano e la cui madre, con una nidiata di figli, ha un amante e cerca di tener fuori di casa il più possibile i figli da cui ogni giorno si aspetta i proventi delle loro azioni malavitose .

Lavorando anche con giovani con tali caratteristiche, posso serenamente affermare che questa è ancora oggi la realtà di molti ragazzi in obbligo scolastico.

Ancora oggi mi sento dire da loro quanto indica Scalia, "Qui a tredici anni sei già vaccinato. Esci la mattina per buscarti il pane ... se hai l'occhio vivo riconosci a colpo i minchioni pieni d'acqua ed eviti chi ha le palle quadrate ... se sei furbo, prudente, sfacciato, rispettoso... se impari in fretta, se conosci le regole... se sei svelto di mano... se sai distinguere... sei degno di campare... sai a chi la puoi mettere in culo, sai quando invece rischi di prenderla... sopravvivi solo se sei un perfetto figlio di "iarrusa", altrimenti non meriti nemmeno l'aria che respiri".

Persone con tali caratteristiche non hanno la vita facile, occorre tentare di fornire sani punti di riferimento per formare veri cittadini e, per quelli che proprio non riescono, avviarli al lavoro.

Anche se nei casi di enorme degrado sociale e culturale di parte di alcuni cittadini si è impotenti, anche se per varie ore si lavora a scuola per educare civilmente i giovani difficili, il restante tempo, l’ambiente in cui essi vivono distrugge quanto fatto, ma penso che bisogna sempre tentare.

Condivido che non ci si può definire educatore se anche la scuola "li lascia in mutande" come ben indica Marco Lodoli. In un suo articolo su Repubblica, conclude con la frase "Forse noi insegnanti siamo la sola possibilità di non farli affondare".

Per questi motivi svolgo un lavoro stressante ma che mi appaga e mi dà tanta serenità interiore.

Se a volte non si viene compresi e si carica, chi ha buona volontà, con ulteriore lavoro, se molte volte, essendo umani ci lamentiamo e ci facciamo possedere dallo scoraggiamento, non occorre mollare se si crede che quello che si fa è "OK!".

La nostra vita è breve. Non credo che il meno stress, la possibilità di disporre denaro, il potere e tutto ciò che si crede che è bello, ci fanno vivere di più.

Si dice però che la rendono meno pesante e più piacevole.

Io penso che una passeggiata a Ognina in solitario, il rispetto e la fiducia che gli altri hanno di te, un sorriso di chi ti ama, star bene con la tua famiglia, riuscire a sbarcare il lunario mensile e lo stillicidio finanziario dei propri figli è il massimo che una persona possa ricevere nella sua breve vita.

Salvatore Ravidà







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