India, minacce degli islamici alla scrittrice anti-velo Taslima Nasreen. "Bruciamo il burqa". E i fondamentalisti si scatenano
Data: Martedì, 23 gennaio 2007 ore 14:40:21 CET
Argomento: Opinioni


dal sito " La Repubblica "
 

di FRANCESCA CAFERRI
CHE non avesse paura di dire quello che pensa lo si sapeva da tempo. Che non si facesse fermare dalle minacce anche. Che fosse pronta a rischiare un secondo esilio irritando ancora una volta i settori più conservatori della comunità musulmana un po' meno.

A dodici anni dalla fatwa che la colpì per il suo primo romanzo Lajja (in italiano Vergogna) e la costrinse a lasciare il suo paese, il Bangladesh, la scrittrice Taslima Nasreen rischia un nuovo esilio: a volersi liberare di questa intellettuale irriverente, sempre pronta a denunciare violazioni dei diritti e oppressioni, soprattutto quelle compiute in nome della religione sulle donne, sono questa volta i musulmani dell'India, paese dove la Nasreen vive sotto la protezione di una ventina di guarda spalle da quando ha lasciato la sua patria.

Le ire del All India Muslim Personal Law Board (Aimplb, massima istituzione giuridica della comunità musulmana) contro l'autrice si sono scatenate dopo un articolo pubblicato nei giorni da Outlook, uno dei settimanali più diffusi del paese. Polemicamente intitolato "Bruciamo il burqa" - ma quando è esplosa la polemica il giornale ha sostituito il titolo sul sito internet con un più cauto "Ripensiamo il burqa" - il testo spiega che l'uso di costringere le donne a coprirsi è il frutto di un problema tutto maschile (quello dell'eccitamento che li coglie alla vista delle donne) e che è uno strumento per mantenerle in stato di sottomissione e oppressione. Risultato: le donne dovrebbero smettere di conformarsi a questa abitudine, imposta loro centinaia di anni fa.



Argomentazioni più che sufficienti per scatenare le ire dei musulmani più conservatori: a nome del Aimplb, Kamal Farooqi, uno dei membri del consiglio direttivo dell'associazione, ha dichiarato il pezzo "offensivo e denigratorio" e chiesto al governo indiano di "cacciare fuori dal paese la scrittrice", il cui visto per risiedere in India scade il 17 febbraio. Farooqi ha anche promesso che il suo gruppo invierà presto una formale richiesta in materia al ministero degli Esteri indiano.

Poche ore dopo, due gruppi di donne appartenenti ad associazioni femminili islamiche hanno inscenato una manifestazione presso due sedi locali di Outlook per esigerne le scuse. Il settimanale ha fatto sapere che la scrittrice gode del supporto della redazione, ma nel giro di poche ore ha modificato il titolo dell'articolo sul suo sito internet.

Da parte sua il governo indiano ha preferito fino a questo momento ignorare la questione: l'episodio della Nasreen arriva infatti in un momento particolarmente delicato nelle relazioni fra la comunità hindù e quella musulmana. Le manifestazioni di rabbia esplose nel paese all'indomani della condanna a morte di Saddam Hussein sono degenerate nel fine settimana, provocando un morto e diversi feriti a Bangalore, capitale tecnologica dell'India e vetrina di tutto il potenziale dell'India del futuro secondo il partito del Congresso al potere.

Ieri la polizia è dovuta intervenire per bloccare gruppi di nazionalisti hindù che volevano scagliarsi contro i musulmani: le scuole sono rimaste chiuse per l'intera giornata e il lavoro di alcuni call center è stato bloccato. Segnale preoccupante per un paese che sempre più cerca di accreditarsi all'estero come potenza economica e democratica nello stesso tempo ma che, negli ultimi anni ha visto aumentare sempre più la tensione fra la maggioranza hindù e la minoranza musulmana (circa il 10% del miliardo di abitanti).

In questo quadro si inserisce la vicenda della Nasreen: episodio secondario all'apparenza, ma le cui ripercussioni rischiano di far crescere ulteriormente la tensione inter-religiosa in India.


(23 gennaio 2007)
L'INTERVISTA. Parla la scrittrice:
"I fondamentalisti non rappresentano la comunità" "Non fuggirò in Europa
questo non è il vero Islam"


La scrittrice Taslima Nasreen
TASLIMA Nasreen non è tipo da farsi spaventare. Se lo fosse, dopo essere stata costretta a lasciare il Bangladesh negli anni '90, di fronte alle minacce e agli insulti che periodicamente le arrivano in India avrebbe già accolto gli inviti a trasferirsi che le sono arrivati da numerosi governi europei. Ma lei vuole restare nel paese d'adozione, "dove mi sento come a casa, visto che a casa mia non posso starci" e dove vive protetta da un fitto sistema di sicurezza.

Signora Nasreen, ci risiamo: un gruppo di fondamentalisti islamici chiede di nuovo la sua espulsione. Immagino se lo aspettasse quando ha scritto quell'articolo per Outlook: non è la prima volta che accade.
"A dire il vero quando scrivo non lo faccio pensando alle reazioni che susciterò: ma certo non sono sorpresa. Ciò detto, io scrivo quello che penso e penso che in alcuni casi la situazione delle donne nell'Islam sia di oppressione. L'obbligo di indossare un burqa è per me uno di questi casi".

Lei è ospite dell'India da quando ha lasciato il Bangladesh per le minacce degli integralisti. Ma anche nel suo nuovo paese ha avuto molti problemi e vive sotto sorveglianza: non si sentirebbe più libera trasferendosi in Europa?
"Dipende da cosa intende. Io voglio vivere in una parte di mondo che risponde alla mia cultura e con la gente di cui scrivo. Credo che la mia azione sia molto più efficace da qui di quanto non lo sarebbe in Europa".

Il governo indiano le ha espresso solidarietà dopo questo attacco?
"No, non c'è stata nessuna reazione ufficiale. Gli intellettuali sono con me, il governo non so: lo scoprirò presto, visto che il 17 febbraio scade il mio permesso di soggiorno in India e potrebbero decidere di non rinnovarmelo".

Delusa del mancato supporto?
"No, me lo aspettavo. Hanno bisogno del voto dei musulmani e cercano di compiacerli: ma ascoltando solo le frange estremiste fanno un grave errore".

Parla di frange estremiste, ma in India la comunità islamica è molto più aperta e tollerante che altrove...
"Non voglio generalizzare, ma il fondamentalismo è in crescita in ogni parte del mondo e non si può più dire che in una zona è pericoloso e nell'altra no. È un virus che viaggia da un paese all'altro e che si combatte solo con l'educazione, l'uguaglianza e dividendo lo stato dalla religione. Un concetto che pochi governi, compresi quelli europei, hanno afferrato: gli estremisti sono una minoranza fra i musulmani, ma molti stati e governi li considerano rappresentanti di intere comunità, solo per cercare di tenerli buoni. Questa è una politica che non paga, bisognerebbe affrettarsi a capirlo".
(fr. caf.)


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