ZAPATERO DICHIARA GUERRA AL LAVORO PRECARIO: COME AVERE UN POSTO FISSO
Data: Luned́, 08 maggio 2006 ore 00:20:00 CEST
Argomento: Comunicati


Zapatero dichiara la guerra al lavoro precario

 Approvata riforma che rende obbligatorio il posto fisso dopo due anni di flessibilità

 di Franco Mimmi/ Madrid

 NEL BUON ANDAMENTO dell’economia spagnola, che da anni riesce a superare la media di crescita europea attestandosi attorno al 4%, non mancano i punti deboli. Primo: la scarsa produttività, dovuta alla carenza di investimenti da parte delle aziende.
 Se-
 condo: una inflazione attorno al 4%, quasi il doppio della media Ue, dovuta in buona parte alla speculazione edilizia. Terzo: la precarietà del mercato del lavoro, dove i contratti temporanei rappresentano circa il 30% del totale contro il 14% europeo, dovuta in buona parte all’impunità con la quale le aziende sfruttano i dipendenti violando spesso e volentieri le norme. Almeno a questo terzo punto, il governo socialista di Zapatero ha cercato di mettere riparo con una riforma stilata d’accordo con la confindustria (Ceoe) e i due maggiori sindacati (Union general de trabajadores e Comisiones obreras), destinata a entrare in vigore entro luglio. Con questa riforma, gli imprenditori riceveranno un premio se trasformeranno in contratti a tempo indeterminato i contratti temporanei. Questo significa che sono riusciti ad ottenere dei sussidi pubblici anche per fare ciò che molto spesso avrebbero dovuto fare comunque e senza premi, perché la casistica dei contratti a termine fuori norma è vastissima: da quelli di 11 mesi, con riassunzione dopo un mese sicché non scatta l’anzianità, a quelli di 5 giorni, con licenziamento il venerdì e riassunzione il lunedì. Per dare un’idea di come vanno le cose, basti dire che la durata di metà dei contratti temporanei non supera il mese, e che dei contratti firmati ogni mese quelli fissi rappresentano appena un 10%. Con la riforma, dovrà essere fatto fisso il dipendente che abbia accumulato in una impresa contratti temporanei superiori a due anni nello spazio di 30 mesi.
 Il governo spera che i datori di lavoro sviluppino una maggior coscienza sociale grazie alla sintesi di due fattori: non riceveranno più i sussidi fin qui previsti per i contratti a termine, però avranno un premio di 800 euro all’anno per tre anni per ogni contratto trasformato in definitivo entro la fine del 2006. Sarà invece di 500 euro, anche oltre quella data e senza limite di tempo, il sussidio per la trasformazione in indefiniti dei contratti di formazione e di quelli «di rilievo» (per esempio, il rimpiazzo di un pensionato). Un sussidio speciale, attorno ai 3000 euro all’anno per quattro anni, sarà riservato a chi impieghi in forma definitiva un lavoratore portatore di handicap, mentre 1.200 euro toccheranno a chi impieghi una donna che entri nel mondo del lavoro, 850 euro se già era inserita in esso. Quanto ai contratti indefiniti per i giovani, riceveranno un sussidio di 800 euro. Inoltre saranno ridotti di mezzo punto i contributi che le aziende pagano al fondo di disoccupazione. Per vigilare su tutto ciò, e sull’abuso dei subappalti (sarà considerato illegale che un’azienda ceda a un’altra solo mano d’opera, senza alcun valore aggiunto), verrà aumentato del 20% il numero degli ispettori, e si auspica che anche le Regioni varino organi analoghi. Un maggiore appoggio ai lavoratori dipendenti proverrà anche dal Fondo di garanzia salariale, che aumenterà l’indennizzo, a chi lavorasse per una impresa che ha dichiarato fallimento, da 25 a 30 giorni per anno lavorato (con un massimo di un anno di salario), e da 120 a 150 i giorni di stipendio pagati. Inoltre tali aiuti verranno dati anche ai dipendenti con contratto a termine, fin qui esclusi.
 Per trarre le prime conclusioni bisognerà attendere qualche mese dopo l’entrata in vigore della riforma. Infatti le parti in causa si sono dichiarate soddisfatte dell’accordo raggiunto, ma pochi si sono azzardati a fare previsioni. Unica eccezione il sottosegretario all’occupazione, Valeriano Gómez, secondo il quale le misure adottate potrebbero riguardare un milione di persone. Attualmente vi sono in Spagna, paese di circa 43 milioni di abitanti, 18,5 milioni di affiliati alla previdenza sociale (di cui l’8% rappresentato da immigrati non comunitari). I disoccupati sono invece circa 2 milioni, ovvero il 9,4% della forza lavoro. Il ritmo al quale si vanno creando posti di lavoro è buono, ma nell’ultimo anno la percentuale di disoccupati è aumentata di qualche decimo per la massiccia entrata nel mercato del lavoro di immigranti e di donne. Queste ultime costituiscono il 61% dei senza lavoro.


Nota: Unità 7 maggio 2006






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