Dalle cudduredde ai panareddi: quando la cucina si fa arte
Data: Giovedì, 18 aprile 2019 ore 09:00:00 CEST Argomento: Redazione
Per
rendere solenni eventi festivi e cerimoniali, il pasto condiviso con la
famiglia, con gli amici e con il vicinato, ha da sempre rappresentato
un evento irrinunciabile tanto che lo storico Fernand Braudel affermava
che mangiare e bere non erano
soltanto necessità, o al caso lussi sociali, ma veri e propri giuochi
comunitari, rapporti fra l’uomo e la società, fra l’uomo e il mondo
materiale, fra l’uomo e l’universo soprannaturale. Natale e
Pasqua nella società contadina tipica del nostro territorio sono da
sempre due appuntamenti che segnano la scansione temporale
dell’esistenza materiale e spirituale della popolazione e il cibo
preparato e consumato collettivamente, con la sua ritualità e la
frugale ostentazione, contribuiva ad attenuare l’insicurezza e la
precarietà del vivere quotidiano.
L’IPSSEOA dell’Istituto d’Istruzione Superiore “Cucuzza Euclide” di
Caltagirone, si è fatto carico di tramandare le tradizioni locali delle
“cudduredde” e dei ”panareddi” tenendo due laboratori sulla
preparazione di questi dolci tipici calatini. I laboratori rientrano in
un ciclo di seminari dal titolo “Storia, origini e tradizioni
culinarie”, e in sintonia e supporto della Società Filosofica Italiana
sezione Iblea, l’Istituto alberghiero ha proposto per quest’anno
scolastico 2018/2019 il recupero e la condivisione delle tradizioni
locali permettendo di cogliere per pochi istanti ‘un tempo che non è
perduto ma soltanto passato’.
Gli incontri sono stati supervisionati dal Sig. Lillo La Rovere e il
Sig. Gaetano Cannilla, dalla Sig.ra Alda Maltese e la Sig.ra Maria Di
Gregorio che hanno spiegato ai docenti del settore enogastronomico sia
la preparazione che l’esecuzione dei dolci, ricordando i momenti
familiari più significativi. Lo scopo è stato quello di indirizzare i
docenti alla corretta non solo preparazione del dolce, ma anche delle
procedure legate a essa (costruzione della figura, pizzichi, tagli
della pasta), al fine di impartire la tecnica agli studenti delle
classi che successivamente sono state coinvolte.
Caltagirone, ‘La città dei cento Presepi’, esprime a Natale la sua
tradizione culturale, devozionale e artistica e preannuncia tutto il
suo fascino fatto di aromi, legna, arancio secco e cannella, che si
concentrano per le vie dei carruggi,
teatro di racconti famigliari antichi e di tradizioni che si tramandano
di casa in casa. Ci si lascia sedurre da antichi sapori culinari come
le cudduredde esteticamente
sublimi e preziose. La fragranza del miele unita alle mandorle e al
vino cotto ha una forza incredibile, spalancando la porta a ricordi,
sensazioni, personaggi e luoghi che se ne stavano quietamente
acquattati. La ricetta è simile per tutti, ma ogni famiglia aveva e ha
il suo tocco segreto, aggiungendo agli impasti interni, di mandorle o
vino cotto, cannella, scorze di limone o arancia, vaniglia. La
preparazione è lunga e richiedeva, tempo fa, l’intervento di tutte le
donne della famiglia, compresi i bambini, era un appuntamento a cui non
rinunciare, e stringendosi attorno al tavolo distinto nelle sue fasi di
lavorazione e attorno al forno a legna si attendeva la cottura,
possibilmente chiara, dei dolci. Ogni anno le cudduredde erano migliori
dell’anno precedente! E in un certo senso è ancora così: le poche e
costanti madri e nonne di famiglia si riuniscono in casa per diversi
pomeriggi dedite alla preparazione, e particolare attenzione viene data
ai ‘pizzichi’, perché è da questo merletto ricavato da una mollettina
in rame che preme sulla pasta esterna, a far evincere la cura e la
precisione della cudduredda sfornata da una famiglia piuttosto che da
un’altra.
La competizione alimentare continuava con l’approssimarsi della Pasqua.
Durante la Quaresima, si era soliti osservare lunghi periodi di digiuno
e di moderazione alimentare, dalle tavole si escludeva carne, uova e
formaggi, ma con l’avvicinarsi della Settimana Santa le privazioni
terminavano e si cominciava a utilizzare le uova per la preparazione
dei dolci pasquali. Le uova sono il simbolo della Pasqua, la nascita e
la rinascita, simbolo della Resurrezione di Gesù e come tali vengono
utilizzate nel panareddu, un dolce povero come una delle tante varianti
del pane. Così come accade per le collorelle, anche per i panareddi si
scatenava una sana competizione fra le famiglie. Ognuno custodiva la
propria proporzione degli ingredienti dell’impasto e di sicuro quello
fatto dalla propria famiglia era sempre quello più buono, quello più
raffinato con maggiore uvetta, che rappresentava la cifra della bontà
dell’elaborazione artistica. Ogni famiglia di base preparava la forma a
“panareddu” (cestino) per augurare abbondanza, ma non mancavano quelli
a forma di "campanaru" (campanile) per risuonare le campane al Cristo
risorto, a forma di "gadduzzu" (galletto o colomba) per i ragazzi, di
"pupa" (bambola) per le bambine e a “cuore” per i propri amati.
Al di la di queste considerazioni, lo scopo dei laboratori è stato
quello di rivivere queste dimensioni perdute: la base fondamentale è
che la cudduredda ed il panareddu richiamano alla
condivisione su cui si fonda il rito e la festa, richiama all’identità
comune di un popolo di cui si celebra la memoria.
I laboratori hanno voluto trasmettere quest’appartenenza alla storia,
questa condivisione di ricordi e immagini passate, sintonia di profumi
familiari ed emozioni ritrovate.
Stefania Sinardo e Sebastiano Russo
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