La difficile scommessa dell’istruzione professionale / 7 - conclusioni
Data: Sabato, 16 dicembre 2017 ore 07:30:00 CET
Argomento: Redazione


Il modello formativo dichiarato per gli Istituti Professionali è il sistema duale, introdotto di fatto in Italia con la riforma del mercato del lavoro e con la cosiddetta Buona Scuola ;un modello formativo integrato tra scuola e lavoro , mutuato dalla Germania;un modello che propone la prevalenza delle esperienze lavorative sulle discipline scolastiche. Il sistema duale non vuole essere solo un intervento specifico di ordine metodologico , ma un approccio generale per una politica di transizione dall'istruzione al lavoro. Che ne faccia esperienza innanzi tutto l'Istruzione Professionale non deve sorprendere, perchè fin dagli inizi della sua storia ha fatto parte delle politiche sociali in termini di lotta alla disoccupazione, di promozione e di tutela delle condizioni individuali dei lavoratori.

La disoccupazione giovanile è un problema di cui certamente il sistema di istruzione deve farsi carico, ma è non risolvibile solo dal lato dell'offerta del lavoro e in assenza di cospicui e costanti investimenti nel sistema produttivo. Senza adeguata vigilanza con le nuove norme si rischia di rendere l'istruzione professionale in modo prevalente uno strumento di politica economica e un fattore di sviluppo produttivo, subordinati, però, agli interessi e alle strategie del mondo delle aziende. In questa prospettiva non è certamente il sistema scolastico a dire la prima parola e a porre le condizioni del rapporto. In linea generale non è un buon segnale che si restringa lo spazio della cultura e dell'istruzione generale, come si è fatto, perchè di ciò si ha bisogno per educare , per avere buoni lavoratori e buoni cittadini. Col solo addestramento non si va molto lontano.

Il ricorso intensivo alle pratiche laboratoriali e soprattutto alle attività di alternanza e a quelle di apprendistato, più complesse di quanto si pensi, senza un alto controllo epistemologico sui vari momenti del rapporto tra teoria e prassi puo' condurre alla banalizzazione dei saperi, all'impoverimento degli apprendimenti , ad una complessiva preparazione professionale soggetta a facili deperimenti e potenzialmente non adeguata a seguire e a confrontarsi con gli sviluppi tecnologici dell'apparato produttivo. Michele Pellerey a proposito delle esperienze di alternanza e di apprendistato ricorda che tra esperienza in azienda e interventi formativi nelle scuole e nelle istituzioni formative va attivata una vera e propria circolarità:l'apporto conoscitivo offerto nei luoghi di formazione deve trovare riscontro nelle esperienze lavorative e le esperienze lavorative devono trovare spazio di riflessione critica e di consapevolezza progressiva all'interno degli interventi delle scuole e delle istituzioni formative. Se manca questa tensione si rischia di disarticolare e di rendere confuso e precario il corso delle attività didattiche. E questo non sarebbe certamente ciò che si ripromette la nuova Istruzione Professionale, che si configura senza dubbio come un campo sperimentale da osservare con attenzione in queste pratiche e in quelle di accompagnamento e nella flessibilità organizzativa. E' opportuno, tuttavia, ricordare che la buona riuscita delle attività di alternanza e di apprendistato dipende anche dalla qualità dei tutor e in modo particolare di quello aziendale, in genere non appositamente formato per questa mansione.

L'insieme delle innovazioni metodologiche e curricolari, sulle quali ci si è soffermati nelle note precedenti, ci consegna un indirizzo di istruzione quasi descolarizzato, come richiesto da alcune parti sociali. Hanno sicuramente differenziato l'Istruzione Professionale dall'Istruzione Tecnica , ma l'hanno reso tale e quale la Formazione e Istruzione Professionale Regionale. La differenza sta tutta nella durata quinquennale, finchè si avrà la capacità di difenderla dalle sperimentazioni che propongono i quattro anni per gli istituti del secondo ciclo. A questo punto e così ridotta l'Istruzione Professionale, verrebbe voglia di chiedersi per quali motivi si ritiene necessario tenerla ancora al Ministero della Pubblica Istruzione e nelle competenze dello Stato. Logica vorrebbe che con armi e bagagli passi alle cure e alle attenzioni delle Regioni. Si è deciso invece di istituire nuove modalità di rapporto tra l'Istruzione Professionale e l'Istruzione e Formazione Professionale Regionale.

Con decreto del Ministero della pubblica istruzione di concerto con il Ministero del lavoro e con quello dell'Economia e delle finanze , previa intesa in sede di Conferenza permanente tra Stato e Regioni e Province Autonome di Trento e Bolzano saranno definiti i nuovi criteri generali per favorire i raccordi tra i due settori dell'istruzione a carattere professionale e per la realizzazione dei percorsi che conducono alla qualifica e al diploma professionale da realizzare negli Istituti Professionali. Per facilitare il dialogo tra Istruzione Professionale e Istruzione e Formazione Regionale viene istituita la Rete Nazionale delle Scuole Professionali.

La Rete è un contenitore di cui faranno parte gli istituti professionali statali e le istituzioni formative regionali "nel rispetto della loro diversa identità e pari dignità"(art. 7 decreto legislativo n. 61/2017)per promuovere l'innovazione, il permanente raccordo col mondo del lavoro, per rafforzare gli interventi di supporto alla transizione dalla scuola al lavoro, per diffondere e sostenere il modello duale realizzato in alternanza scuola -lavoro e in apprendistato e per l'aggiornamento periodico degli indirizzi di studio. Per queste finalità la Rete delle Scuole Professionali si raccorderà con la Rete Nazionale dei Servizi per le Politiche del Lavoro, di cui all'art. 1 comma2 del decreto legislativo 14 settembre 2015 n. 150. Si chiude in questo modo il cerchio tra mondo delle scuole professionali e le istituzioni preposte alle politiche del lavoro e si dà qualche soddisfazione alle sollecitazioni della Comunità Europea di sviluppare l'apprendimento basato sul lavoro. Si dice per sviluppare la cultura del lavoro o forse per accettare il lavoro come è stato ridotto.

La nuova Istruzione Professionale dovrebbe partire dall'a. s 2018/2019 e , a prescindere dalle valutazioni espresse in questa e nelle note precedenti, chiaramente senza un lavoro serio di preparazione di tutto il personale della scuola, che indichi con chiarezza il significato di ogni passaggio di questa riforma e il modo più razionale di realizzarlo, questo importante settore del sistema di istruzione nazionale puo' sfasciarsi, mandando in aria tutti i suoi buoni propositi. Ancora una volta fallirebbe l'impresa di rendere attrattiva l'Istruzione Professionale e svanirebbe l'ambizione di legare le competenze formate nel sistema di istruzione con i profili professionali del mondo del lavoro.

Raimondo Giunta





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