La 'Buona scuola' senza giustizia ed equità. Ricomincia la giostra!
Data: Martedì, 10 novembre 2015 ore 03:00:00 CET
Argomento: Redazione


Le scuole paritarie svolgono "un servizio pubblico", come recita l'art. 1 comma 3 della legge n. 62/2000 sulla parità scolastica e sono soggette "alla valutazione dei processi e degli esiti da parte del sistema nazionale di valutazione". Fanno parte attiva del sistema nazionale d'istruzione che è " costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali". Dopo queste promesse dichiarative di "impegni" verso il "servizio pubblico" si registra che i docenti delle scuole paritarie sono stati esclusi da bonus da 500 euro, come se non fosse loro riconosciuto il diritto-dovere di aggiornarsi.

Quest'asimmetria di trattamento non è equa e non è neanche nell'interesse dello Stato, che ha "come obiettivo prioritario l'espansione dell'offerta formativa" (art. 1 comma 1 della legge n. 62/2000), cioè di tutta l'offerta, indipendentemente da chi la eroghi, scrive Tuttoscuola, dando voce alle associazioni AGIDAE, ANINSEI, FIDAE e FISM, organismi che assistono e tutelano i diritti delle scuole paritarie.
Ancora una volta si apre il fossato tra docenti di serie A e serie B.

Secondo uno studio condotto dalla Cisl-scuola sulle scuole paritarie, il personale in servizio nelle scuole paritarie ammonterebbe complessivamente a circa 160 mila addetti.
Dei circa 130 docenti in servizio nelle scuole paritarie la maggior parte è assunta a tempo determinato mentre quelli a tempo indeterminato potrebbero essere non più di 40-50 mila.
Costoro avrebbero pieno diritto al Bonus e la spesa complessiva non dovrebbe superare i 15 milioni di euro.
E' legittima la richiesta di riconoscimento di tale diritto che assicurerebbe un trattamento alla pari tra docenti delle scuole statali e docenti delle paritarie, e non saranno certamente queste spese la causa dell'impoverimento del Paese.

Basta un po' di buon senso e di sana giustizia.
La tanto auspicata e proclamata "Buona scuola" non applicando i principi dell'equità non potrà essere qualificata "buona" e neppure l'idea di "scuola della Nazione" ha avuto un esito positivo.
Sono andate in fumo le belle parole: rilancio dell'immagine e del prestigio sociale della scuola e dei suoi insegnanti ("loro salveranno l'Italia" aveva affermato Renzi concludendo il meeting di Firenze): la scuola e gli insegnanti, aveva detto, sono al servizio non di questa o quella maggioranza di governo, ma della Nazione. Come ha scritto Ernesto Galli della Loggia la scuola è rimasta "ignorata" e ancora una volta la parola "scuola" è stata scritta senza la "c" ed è rimasta una semplice "suola" da calpestare e tenere schiacciata per terra.

La proclamata autonomia, senza regole e senza risorse, diventa versione internazionale dell'italico 'arrangiatevi', eco lontana dell'antica espressione "Armiamoci e partite", visto che per 15 anni alle istituzioni scolastiche sono state riservate ben poche risorse e possibilità concrete di azione.
Le carenze aumentano e i disservizi s'ingigantiscono. Di contro, si assiste alla nascita di nuovi partiti, nuove correnti ed "espressioni politiche", e ricomincia la giostra.

Giuseppe Adernò
g.aderno@alice.it





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