1914-1918. Il mondo va alla guerra
Data: Domenica, 08 novembre 2015 ore 02:00:00 CET
Argomento: Redazione


Grande GuerraTutto il Novecento è "figlio" della Grande Guerra. Il mondo d'oggi è la conseguenza diretta della Prima Guerra Mondiale. E tutti i successivi conflitti, le ostilità, le contese, i massacri, le immane tragedie, gli odi, sono il frutto acerbo della Guerra del 15-18. Tutto nasce da lì, dalla Grande Guerra, che ha segnato in maniera indelebile il destino dell'Europa e del mondo intero. Ed è incomprensibile la storia dell'umanità senza conoscere a fondo le ragioni che hanno scatenato quel drammatico conflitto, e, soprattutto, l'evoluzione, la conduzione, gli sviluppi, la conclusione, il suo funesto epilogo, gli accordi di pace e il "Trattato di Londra" del 1919.

Tutto ebbe inizio dal fango delle trincee, dal filo spinato, dagli infiniti e terribili giorni ad aspettare il nemico e ad aspettare la morte, dalle interminabili notti a "vegliare un compagno morto", dagli assalti alla baionetta, dal gas nervino, dalla carneficina delle battaglie di Verdun e di Somme, dalla disfatta di Caporetto, dalle acque del sacro Piave, dagli scontri nelle pietraie del Carso e dell'Isonzo, dalla gloriosa battaglia di Vittorio Veneto. E in questa guerra l'uomo ha dato veramente il peggio di sé, tutto veniva concesso, il fine veramente giustificava i mezzi, e gli uomini valevano meno di niente, meno di una bocca di cannone o di una tanica di benzina, e il libero pensiero valeva meno di "un bottone ben lucidato".

Non si può comprendere il "biennio rosso", la rivoluzione russa, il fascismo, il nazionalsocialismo, non si possono capire le dittature, le persecuzioni, le violenze, i crimini, l'olocausto, gli stermini se non si conosce e non si comprende la Grande Guerra. Non si può comprendere Hitler, Mussolini, Stalin, senza il conflitto mondiale e il suo umiliante epilogo, per i vincitori e i vinti, senza "l'Armistizio di Compiégne", il "Patto di Londra" e la "vittoria mutilata". Probabilmente senza la guerra Hitler a Monaco avrebbe continuato a sognare di fare il grande artista o ad insegnare all'Accademia di Belle Arti; Mussolini sarebbe rimasto un esponente di spicco del Partito Socialista Italiano e il direttore dell'Avanti; Churchill sarebbe stato un oscuro premier del Regno Unito e un incallito fumatore di sigari toscani; le camicie nere sarebbero stati forti braccia dell'agricoltura e della nascente industria del nord; e le camicie brune sarebbero rimaste nei ranghi delle caserme prussiane, a bivaccare e a sognare di abbattere la rivoluzione d'ottobre. Il "Putsch di Monaco" non sarebbe successo. La "Marcia su Roma" non sarebbe servita. Non ci sarebbe stato nessun Führer, nessun Duce, nessun Caudillo. Tutto sarebbe stato diverso. L'Europa sarebbe stata un'altra. Il mondo d'oggi sarebbe stato differente.

Ma la storia non torna mai indietro, non conosce scorciatoie, non gioca a nascondino, non guarda in faccia a nessuno. "La storia dà torto e dà ragione" a tutti, a vincitori e vinti. Ma torniamo alla guerra. Nel 1914 tramontava il mito del laissez-faire, il convincimento che la società si potesse autoregolare con le sole forze del mercato, libera da principi e da regole, si comprese che il mercato da solo non poteva bastare a creare una società equa e solidale, occorreva una nuova organizzazione dello Stato, era necessario uno Stato che limitasse lo "strapotere" del mercato, uno Stato sociale che tenesse conto delle reali esigenze delle masse popolari. Ma per lo Stato sociale, i tempi non erano ancora maturi.

Occorreranno ... due guerre mondiali ... e molte decine di milioni di morti! La prima vittoria dei ceti dominanti dell'epoca fu, del resto, l'assenza di una vera opposizione politica: anche i partiti socialisti aderenti alla Seconda Internazionale si associarono patriotticamente alla politica dei rispettivi paesi. Una parte determinante delle opinioni pubbliche europee si schierarono con le idee "patriottiche" delle rispettive nazioni. I popoli austriaci, tedeschi, francesi, inglesi, italiani, russi, serbi, turchi, si strinsero attorno ai loro governanti, si allinearono con le classi dirigenti delle loro nazioni, infischiandosene delle idee internazionaliste e socialiste. Per la verità, in difesa della pace restarono attive solo delle esigue minoranze politiche. Poi, con la "scusa" della revolverata di Sarajevo, scoppiò l'inferno, e fu un suicidio per la vecchia Europa e per la civiltà occidentale. Alla fine, i cosiddetti imperi centrali crollarono, lasciando un mucchio informe di macerie, una montagna di rovine, materiali e umane.

L'Austria fu travolta soprattutto dalla sua stessa natura e dalla ribellione delle nazionalità. La Germania ripiegò, ma accettò una pace umiliante senza avere subito una vera sconfitta militare. L'Italia si accontentò delle terre irredenti del Friuli e del Trentino, e subì l'oltraggio della "vittoria mutilata". Gli Stati Uniti d'America, con i quattordici punti di Wilson, a modo loro, si convinsero che la guerra era stata un antidoto all'autoritarismo (degli altri) e al pericolo comunista, e azzardarono un nuovo e fragile "ordine mondiale".

Ma la "mazzata" più grande fu addossare l'intera responsabilità del conflitto alla Germania, un oltraggio - per i vinti - che avrebbe causato rancori immensi e conseguenze inimmaginabili. In realtà, nulla venne veramente risolto. La guerra non aveva inaugurato il nuovo mondo sperato da tutti. Anzi, tutto ritornò ad essere più difficile e più complicato di prima. E sul campo rimasero soltanto macerie e ... oltre ottanta milioni di morti che "chiedevano" solamente giustizia e verità. Chiedevano di non essere dimenticati. Chiedevano di scongiurare altri odi, altri conflitti, altre guerre, altri morti. Chiedeva pace e rispetto. Chiedevano, ... chiedevano invano ...

Angelo Battiato
angelo.battiato@istruzione.it





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