Da domani a 4 milioni di pensionati rimborsi Inps per gli assegni non adeguati all’inflazione: accreditati sui loro c/c tra i 400 e 1.000 euro, ma dovevano essere molti di più
Data: Domenica, 02 agosto 2015 ore 17:06:12 CEST
Argomento: Sindacati


Per l’Ufficio parlamentare di bilancio, la restituzione media a seguito dell’infausta decisione presa nel 2011 dal Governo Monti, sarà appena del 12%. Le cifre reali, su cui si è espressa la Consulta, erano ben altre: ad agosto gli stessi pensionati avrebbero dovuto percepire tra i 3.000 e i 5.400 euro. E quanto restituito sarà pure tassato al 20%, con effetti negativi sull’assegno di quiescenza: le perdite annue raggiungeranno i 1.000 euro.
Marcello Pacifico (Anief-Confedir-Cisal): il Governo si è reso protagonista di una decisione politica salva conti pubblici, sulla pelle dei cittadini che hanno lavorato una vita. Le sentenze definitive, nel bene e nel male, vanno rispettate: per questo, i rimborsi dovevano essere distribuiti in proporzione a quanto indebitamente trattenuto. Non c’è altra scelta che ricorrere alla Corte di Conti. Per recuperare quel 70-90 per cento di soldi non recuperati. E avere assegni più consistenti. Ricorreremo, certamente, pure contro la tassazione delle somme corrisposte. Siamo pronti ad un’altra battaglia legale, per ottenere una nuova pronuncia di illegittimità. Se necessario, sino ancora dinanzi alla Corte Costituzionale.
Domani, 3 agosto, oltre 4 milioni di pensionati riceveranno sul proprio conto corrente, assieme al consueto assegno, i rimborsi Inps per le pensioni non adeguate all’inflazione dal 2012 sino ai primi sette mesi dell’anno in corso, come previsto dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 70/2015 del 30 aprile scorso: la data è stata stabilita dal decreto legge n. 65 ‘Disposizioni urgenti in materia di pensioni, di ammortizzatori sociali e di garanzie TFR. (15G00081)’, convertito con modificazioni dalla Legge 17 luglio 2015, n. 109, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 166 del 20 luglio scorso, ed è stata spostata a domani per tutti coloro che percepiscono l'accredito pensionistico tramite banca (la maggior parte), poiché i primi due giorni di agosto non sono stati operativi.
A beneficiare dei rimborsi, sono tutti i pensionati (anche gli eredi attraverso apposita domanda) che percepiscono tra 3 e 6 volte il minimo Inps, comprese cioè tra i 1.405 euro e i 2.810 euro lordi mensili: si ritroveranno accreditati, però, solamente tra i 400 e meno di 1.000 euro, che corrispondono tra il 10 e il 32 per cento del ‘maltolto’. Secondo i calcoli dell’Ufficio parlamentare di bilancio, organo super partes, la restituzione media sarà appena del 12%. Le cifre reali, su cui si è espressa la Consulta, erano dunque ben altre: se solo si fosse proceduto ad un saldo totale dei soldi non corrisposti per quattro anni e mezzo, domani gli stessi pensionati avrebbero infatti dovuto percepire una cifra oscillante tra i 3.000 e i 5.400 euro.
Si tratta, quindi, di una parziale 'risarcimento', che tra l’altro verrà anche ipertassato. Visto che a breve i pensionati dovranno restituire al fisco anche il 20 per cento delle somme che riceveranno. E le beffe non terminano qui. Perché se gli arretrati spettanti ai pensionati arrivano a superare i 5mila euro, la perdita annuale, a regime, tocca i 2mila euro, come conseguenza della mancata rivalutazione e del parziale risarcimento. Per capirci, anche coloro che percepiscono una fascia di reddito di 1.700 euro, tra i più “fortunati” di questa operazione di rimborso, si ritroveranno comunque, dopo l’una tantum percepita, a perdere quasi 3mila euro. E oltre 1.000 come differenza annuale a regime.
“La nostra organizzazione sindacale – commenta Marcello Pacifico, presidente Anief, segretario organizzativo Confedir e confederale Cisal– ha sempre contestato tale di procedere del Governo. Perché si tratta di una decisione politica salva conti pubblici, ancora una volta sulla pelle dei cittadini che hanno lavorato una vita. Le sentenze definitive, nel bene e nel male, vanno rispettate: per questo, i rimborsi dovevano essere distribuiti in proporzione a quanto indebitamente trattenuto. Mentre è stata scelta la via dell’assegnazione di un importo una tantum, senza alcuna possibilità di consolidare in misura piena gli arretrati non percepiti”.
“A questo punto – prosegue Pacifico -, non c’è altra scelta: ricorreremo alla Corte di Conti. Per recuperare quel 70-90 per cento di soldi non recuperati. Con effetti penalizzanti, tra l’altro, che si trascineranno pure sull’assegno di quiescenza. Ricorreremo, certamente, pure contro la tassazione delle somme corrisposte. Siamo pronti ad un’altra battaglia legale, per ottenere una nuova pronuncia di illegittimità. Se necessario, impugnando anche il decreto legge 65 imposto dal Governo, poi diventato Legge 109, ancora sino dinanzi alla Corte Costituzionale”.
Tutti gli interessati sul ricorso Anief con Cisal, Confedir e Radamante, possono leggere “Pensioni: Anief, Cisal e Confedir avviano i ricorsi alla Corte dei conti per il recupero della perequazione delle pensioni superiori a tre volte il minimo inps, a partire dal 2012” oppure scrivere a pensioni@anief.net oppure contattare il sindacato, la confederazione di appartenenza entro il prossimo 15 settembre. Per presentare direttamente ricorso, invece, cliccare qui. Gli interessati possono anche scaricare il modello di diffida.
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