Devozione, folklore e secolarizzazione
Data: Giovedì, 25 giugno 2015 ore 01:15:00 CEST
Argomento: Redazione


A migliaia e anche a decine di migliaia in processione alle feste del Santo Patrono; fede non è, e spesso nemmeno vera devozione. E solo folklore, tradizione che non riesce a renderci migliori nemmeno per un giorno. Le feste nel passato avevano la duplice funzione di rinsaldare i legami sociali di una comunità e di costruire un'identità culturale e di costume attraverso l'esaltazione delle figure paradigmatiche dei santi, proposti per le loro biografie, per le loro virtù e per i loro miracoli. Le feste assolvevano ad un compito importante di costruzione di legami sociali, di educazione popolare e di riposo dalle dure fatiche della vita.
A tenere vivi questi legami si preoccupavano le confraternite, composte da gente del popolo, che svolgevano il compito di tenere accesa la fiaccola della devozione, elaborando le ragioni e il significato dei riti, di cui esplicitavano il contenuto religioso. A rinsaldare il sentimento di appartenenza provvedeva l'attenzione per i casi umani che richiedevano un impegno di solidarietà e di aiuto sociale.
Le confraternite erano vere e proprie strutture della società civile, che dispiegavano tutto il loro potenziale sociale nelle processioni: numero dei partecipanti, qualità e ricchezza dell'abbigliamento, della festa e dei doni. Di fatto il gruppo dirigente assumeva ruolo e rilevanza pubblici rispetto alla comunità della confraternità e rispetto alla restante società. Non stupisce che il dispositivo di mantenimento delle tradizioni, di secolarizzazione e di radicamento popolare abbia consentito negli ultimi tempi, soprattutto nella società meridionale, le infiltrazioni malavitose nelle vicende delle confraternite e delle processioni, a garanzia della propria egemonia sul territorio.
Il tempo che è passato ha stravolto il significato di queste tradizioni, come ci insegnano le cronache. Sono state assunte dosi massicce di mondanità che ne hanno travisato le fisionomie: giochi, spettacoli musicali, abbuffate, spese smodate per giochi pirotecnici, sfarzo, etc. Quel tanto o meglio quel poco di religioso che resisteva nei riti delle feste, nella mescolanza con questi elementi profani di grossolana qualità, è andato a farsi benedire...
Mantenere le feste in queste condizioni è dal punto di vista religioso insensato,anche se a parte del clero conviene per affermare il carattere di fatto pubblico e sociale delle varie forme dell'esperienza religiosa;bisognerebbe "cristianizzarle", sottrarle allo spreco e al fracasso: ma non è facile.
Il confronto con i processi di secolarizzazione è una sfida seria e importante e non può fermarsi all'eliminazione delle ridondanze di mondanità dalle tradizioni religiose. L'opera di purificazione delle espressioni di fede può condurre, infatti, ad un suo processo di razionalizzazione, che finirebbe per confinarla in una zona residuale delle preoccupazioni della vita quotidiana.
La ricollocazione del "sacro" nella società contemporanea è un'impresa forse impossibile. Si tratta di far convivere una forma di "pensiero primitivo", con una forma di pensiero razionale, operante a ritmo pieno, di fattura sofisticata e portata ad escludere ogni forma di diversità dall'orizzonte della coscienza individuale.

prof. Raimondo Giunta





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