È Natale: Cultura o prevaricazione per la preparazione di un presepe a scuola?
Data: Mercoledì, 17 dicembre 2014 ore 07:30:00 CET
Argomento: Sindacati


In merito a questa problematica, oggi portata alla ribalta da una scuola di Bergamo e dalla decisione del suo Preside che vieta la realizzazione di un presepe nel proprio istituto, ma che ogni giorno e in maniere sempre diverse e sempre uguali si ripropone, vorrei iniziare dando una definizione, non mia ma dei manuali di filosofia, su cosa sia esattamente il dialogo. Esso è un procedimento di ricerca condotta mediante interrogazioni fra due o più interlocutori, e in tal senso, come pratica filosofica, la sua origine è ricondotta a Socrate.
Due o più interlocutori, cioè dove ogn'uno d'essi ha qualcosa da dire a beneficio di tutti!
Le tradizioni cristiane, che sono alla base della cultura europea, sono giustappunto ciò che noi apportiamo in un dialogo interreligioso e, più in generale, interculturale. Per dialogare quindi è necessario avere degli argomenti da porre e non il silenzio di essi, altrimenti decade il concetto stesso di dialogo per trasformarsi in un monologo.

In che maniera si pone questo nostro ragionamento all'interno della questione sul presepe nelle scuole o sul crocifisso nelle aule (la cosa non cambia nella sostanza)? Semplicemente essi fanno parte di una cultura storica, artistica, letteraria, religiosa che è quella europea.

Certo, si può opporre il principio della laicità dello stato, ma siamo sicuri di dare la giusta definizione di laicità? Il principio di laicità «implica non indifferenza dello Stato dinnanzi alle religioni ma garanzia dello Stato per la salvaguardia della libertà di religione, in regime di pluralismo confessionale e culturale»; infatti «l’attitudine laica dello Stato-comunità… risponde non a postulati ideologizzati ed astratti di estraneità, ostilità o confessione dello Stato persona, o dei suoi gruppi dirigenti, rispetto alla religione o ad un particolare credo, ma si pone a servizio di concrete istanze della coscienza civile e religiosa dei cittadini».

Da quanto detto dunque, si evince chiaramente che non realizzare un presepe a scuola o togliere il crocifisso dalle aule non è rispettare gli appartenenti alle altre comunità religiose anzi tutt'altro, vuol dire ledere il loro diritto al dialogo e ridurre al silenzio culturale la comunità a cui quei simboli appartengono e contro i quali si compie una vera e propria discriminazione! Non penso che ad Assisi, durante la giornata di preghiera internazionale indetta da Giovanni Paolo II nel 1986, i capi religiosi delle grandi religioni di tutto il mondo, si siano sentiti offesi dalla presenza della basilica di san Francesco di fronte alla quale si è svolto l'evento o dal fatto che si siano ritrovati in una città simbolo della cristianità.

In un suo recente intervento sull'argomento del presepe nelle scuole, il sottosegretario all'istruzione Gabriele Toccafondi, citando anche una sentenza della Corte Europea dei diritti dell'Uomo del 2011, afferma: "Impedire la realizzazione di un presepe in una scuola è un atto che reputo privo di ragioni e di laicismo esasperato, che si nasconde dietro la presenza di alunni stranieri o di altre religioni, ma che nulla ha a che vedere con una sana laicità".

Sempre a proposito di simboli cristiani nelle aule ricordiamo il parere del Consiglio di Stato del 1988 che considera "tuttora legittimamente operanti" i due R.D. che prevedono l'esposizione del crocefisso nelle aule scolastiche", e rimarca che essi non possono essere considerati implicitamente abrogati dalla nuova regolamentazione concordataria sull'insegnamento della religione cattolica. Esso inoltre sottolinea come il crocifisso, "a parte il significato per i credenti, rappresenta il simbolo della civiltà e della cultura cristiana, nella sua radice storica, come valore universale, indipendente da specifica confessione religiosa".

Ancora, riportiamo la decisione n. 556 del 13 febbraio 2006 del Consigli di Stato la quale afferma che il crocifisso deve restare nelle aule scolastiche non perché sia un “suppellettile” o un “oggetto di culto”, ma perché “è un simbolo idoneo ad esprimere l’elevato fondamento dei valori civili” che hanno un’origine religiosa, ma “che sono poi i valori che delineano la laicità nell’attuale ordinamento dello Stato”.
Concludendo, negare il presepe nelle scuole, non è difendere la libertà di alcuni ma ledere quella di altri e, alla fine, di tutti!

Prof. Mirisola Carmelo
Prof. Manuli Sergio
Coordinamento Provinciale CISL SCUOLA I.R.C.





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