L’elogio della solitudine
Data: Mercoledì, 04 giugno 2014 ore 08:00:00 CEST
Argomento: Redazione


Essere soli è una condizione o una necessità? Un desiderio o una condanna? Un piacere o una sciagura? Un dono o una sventura?
Non voglio fare l'apologia della solitudine, dell'anacoretismo, del romitaggio. Solo i santi e i matti sono anacoreti o eremiti. E noi, invece, siamo solo uomini, giusti, sbagliati, arrabbiati, ma profondamente uomini. Ma anche gli uomini, a volte, possono essere soli, restare soli, vivere soli. E nella solitudine si imparano tante cose, forse, troppe...
La solitudine, come il silenzio, è, soprattutto, un dono, che pochi sanno apprezzare. Forse perché non viene capita, accettata, compresa, fino in fondo. O, forse, perché non può essere comprata. "I ricchi comprano il rumore, i virtuosi il silenzio". Ma il silenzio è capriccioso, si rivela solo a chi lo sa cercare, a chi lo sa "ascoltare", ed ha la capacità di dire tutto o niente. E l'animo umano si cheta nel silenzio della natura.
Forse perché solo la solitudine ha la capacità di liberare energie, desideri, passioni, affetti, nascosti in fondo al cuore, offuscati dai pensieri, sedimentati tre metri sotto i nostri passi.
«La solitudine non se la possono permettere i vecchi, non se la possono permettere i malati. Non se la può permettere il politico. Un politico solitario è fottuto, di solito. Quando si può rimanere soli con se stessi, si può essere maggiormente in contatto con le circostanze. Si riesce a pensare meglio ai propri problemi, e si riesce a trovare anche delle migliori soluzioni, ... e si possono trovare soluzioni anche per gli altri. Mi sono reso conto che un uomo solo non mi ha mai fatto paura, mentre l'uomo organizzato mi ha fatto sempre molta paura». Dice il grande Fabrizio De Andrè... E c'è da credergli!
Io ricordo d'aver letto, da qualche parte, una piccola favola per ragazzi...
«C'era una volta... un bambino che aveva tanta paura di stare solo. Prima di tutto perché da solo si annoiava, e poi ogni rumore lo metteva in agitazione e cominciava vedere dappertutto fantasmi, orchi, assassini...
Un giorno in cui era rimasto solo in casa, mentre i suoi erano fuori per lavoro, andò in soggiorno e vide, appeso ad una parete, un bel ritratto di donna. Era un dipinto molto bello, si vedeva una signora in abito lungo di seta bianco e sullo sfondo un bosco di aranci in fiore. Ad un tratto... la signora dipinta si mosse e, con passo leggero, uscì dal quadro. "Sono venuta a conoscerti - disse la signora vestita di bianco - perché mi dispiace che tu abbia paura di me". "Chi sei?", le chiesi. "Sono la solitudine!". "La solitudine? Non ci credo, sei troppo bella. La solitudine deve essere un mostro perché io quando sono solo sto male e ho paura". "Paura di che cosa?", replico lei. "Paura di... non so, di tutto quello che può succedere... di quello che non so...". "E con gli altri?", mi disse. "Con gli altri non succede perché li conosco!". "Ma quando sei solo sei con te stesso; e te stesso non ti conosci, non ti fai compagnia? Forse ancora no, ma quando mi conoscerai meglio non avrai più niente più paura di me, vedrai". Ci fu un momento di silenzio, poi la signora continuò con un largo sorriso, "Ci sono un mucchio di cose che puoi fare solo con me e sono cose belle...". "Quali per esempio?". "Per esempio, inventare una storia, scrivere una poesia, leggere un libro, fare un disegno, ascoltare la musica, immaginare, pensare, ricordare, prendere una decisione, lasciare liberi tutti i pensieri... Quante cose puoi fare, se hai tempo!". "Adesso - disse la signora Solitudine - è tempo che io me ne vada". "No, ti prego, resta con me!". Ma la solitudine, sorridendo, rispose, "Esistono anche gli altri: la famiglia, gli amici, i parenti, la gente che incontri, e sono tutti importanti per la tua vita. Così ora io me ne vado, ma ricordati che ogni volta che avrai bisogno di me, io ci sarò". E salutandolo, lungamente, ritornò nel suo bel quadro, lassù, a Brescia...».

Angelo Battiato (inviato speciale a Brescia)
angelo.battiato@istruzione.it





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