Essere
soli è una condizione o una necessità? Un desiderio o una condanna? Un
piacere o una sciagura? Un dono o una sventura?
Non voglio fare l'apologia della solitudine, dell'anacoretismo, del
romitaggio. Solo i santi e i matti sono anacoreti o eremiti. E noi,
invece, siamo solo uomini, giusti, sbagliati, arrabbiati, ma
profondamente uomini. Ma anche gli uomini, a volte, possono essere
soli, restare soli, vivere soli. E nella solitudine si imparano tante
cose, forse, troppe...
La solitudine, come il silenzio, è, soprattutto, un dono, che pochi
sanno apprezzare. Forse perché non viene capita, accettata, compresa,
fino in fondo. O, forse, perché non può essere comprata. "I ricchi
comprano il rumore, i virtuosi il silenzio". Ma il silenzio è
capriccioso, si rivela solo a chi lo sa cercare, a chi lo sa
"ascoltare", ed ha la capacità di dire tutto o niente. E l'animo umano
si cheta nel silenzio della natura.
Forse perché solo la solitudine ha la capacità di liberare energie,
desideri, passioni, affetti, nascosti in fondo al cuore, offuscati dai
pensieri, sedimentati tre metri sotto i nostri passi.
«La solitudine non se la possono permettere i vecchi, non se la possono
permettere i malati. Non se la può permettere il politico. Un politico
solitario è fottuto, di solito. Quando si può rimanere soli con se
stessi, si può essere maggiormente in contatto con le circostanze. Si
riesce a pensare meglio ai propri problemi, e si riesce a trovare anche
delle migliori soluzioni, ... e si possono trovare soluzioni anche per
gli altri. Mi sono reso conto che un uomo solo non mi ha mai fatto
paura, mentre l'uomo organizzato mi ha fatto sempre molta paura». Dice
il grande Fabrizio De Andrè... E c'è da credergli!
Io ricordo d'aver letto, da qualche parte, una piccola favola per
ragazzi...
«C'era una volta... un bambino che aveva tanta paura di stare solo. Prima
di tutto perché da solo si annoiava, e poi ogni rumore lo metteva in
agitazione e cominciava vedere dappertutto fantasmi, orchi, assassini...
Un giorno in cui era rimasto solo in casa, mentre i suoi erano fuori
per lavoro, andò in soggiorno e vide, appeso ad una parete, un bel
ritratto di donna. Era un dipinto molto bello, si vedeva una signora in
abito lungo di seta bianco e sullo sfondo un bosco di aranci in fiore.
Ad un tratto... la signora dipinta si mosse e, con passo leggero, uscì
dal quadro. "Sono venuta a conoscerti - disse la signora vestita di
bianco - perché mi dispiace che tu abbia paura di me". "Chi sei?", le
chiesi. "Sono la solitudine!". "La solitudine? Non ci credo, sei troppo
bella. La solitudine deve essere un mostro perché io quando sono solo
sto male e ho paura". "Paura di che cosa?", replico lei. "Paura di... non
so, di tutto quello che può succedere... di quello che non so...". "E con
gli altri?", mi disse. "Con gli altri non succede perché li conosco!".
"Ma quando sei solo sei con te stesso; e te stesso non ti conosci, non
ti fai compagnia? Forse ancora no, ma quando mi conoscerai meglio non
avrai più niente più paura di me, vedrai". Ci fu un momento di
silenzio, poi la signora continuò con un largo sorriso, "Ci sono un
mucchio di cose che puoi fare solo con me e sono cose belle...". "Quali
per esempio?". "Per esempio, inventare una storia, scrivere una poesia,
leggere un libro, fare un disegno, ascoltare la musica, immaginare,
pensare, ricordare, prendere una decisione, lasciare liberi tutti i
pensieri... Quante cose puoi fare, se hai tempo!". "Adesso - disse la
signora Solitudine - è tempo che io me ne vada". "No, ti prego, resta
con me!". Ma la solitudine, sorridendo, rispose, "Esistono anche gli
altri: la famiglia, gli amici, i parenti, la gente che incontri, e sono
tutti importanti per la tua vita. Così ora io me ne vado, ma ricordati
che ogni volta che avrai bisogno di me, io ci sarò". E salutandolo,
lungamente, ritornò nel suo bel quadro, lassù, a Brescia...».
Angelo
Battiato (inviato speciale a Brescia)
angelo.battiato@istruzione.it