Catullo, Sirmione e i poeti nuovi romani
Data: Domenica, 20 aprile 2014 ore 07:30:00 CEST
Argomento: Redazione


In una serena mattina d’ottobre ho fatto un lungo viaggio,… nello spazio e nel tempo,… fino ad arrivare a Sirmione, ai confini dell’Impero romano, nell’estremo lembo della piccola penisola sul lago di Garda, per incontrare il grande poeta latino, Caio Valerio Catullo. Passo dopo passo, scorgevo, tra lacustri alberi d’ulivo e spiagge d’acqua dolce, un’indecisa quiete del tempo infinito e voci di donne e di poesie nuove…
Valerio Catullo nacque a Verona, tra l’87 e l’84 a.C. e morì a Roma, a trenta’anni, nell’57 – 54 a.C., per cause a noi sconosciute. Apparteneva ad una famiglia ricca e potente, si narra, addirittura, che il padre ospitò, a casa sua, Metello Celere e Giulio Cesare al tempo del loro proconsolato in Gallia.
Intorno al 61-60 a.C. si trasferì a Roma, dove frequentò gli ambienti politici e mondani della Capitale, e conobbe molti personaggi influenti dell’epoca, Ortensio Ortalo, Gaio Memmio, Cornelio Nepote, Asinio Pollione; ebbe anche accesi contrasti con Giulio Cesare e Cicerone, che lo soprannominò “neóteros”, (poeta nuovo), in senso dispregiativo.
Fondò un circolo privato, insieme ad alcuni amici letterati, tra i quali Licinio Calvo ed Elvio Cinna, e con loro condivise un nuovo stile poetico e una diversa e originale concezione della vita. Durante il suo soggiorno a Roma ebbe una relazione travagliata con Clodia, la sorella del tribuno Clodio, a cui dedicò molti carmi, nominandola Lesbia, in onore della grande poetessa greca dell’amore, Saffo, dell’isola di Lesbo. Con Clodia, più grande d’una decina d’anni, e che la descrisse non solo graziosa, ma anche colta, intelligente e spregiudicata, il poeta visse un amore turbolento e complicato, con periodi di litigi e di riappacificazioni. Spesso, le ripeteva, “Ti odio e ti amo. Ti Chiederai come faccia! Non so, ma avviene ed è la mia tortura”.

Ma Catullo ebbe anche una relazione con un giovinetto romano di nome Giovenzio (nell’antica Roma i rapporti omosessuali erano comuni). Catullo non partecipò mai attivamente alla vita politica, pensava solamente al “suo” nuovo stile poetico, ad una poesia leggera e lontana dagli ideali politici tanto osannati dai letterati del tempo, “Non mi interessa affatto piacerti, Cesare, né sapere se tu sia bianco o nero”.
Anche se, da civis romanus, seguì le vicende politiche del suo periodo, la formazione del primo triumvirato, la guerra condotta da Cesare in Gallia e Britannia, i tumulti fomentati da Clodio, comandante dei populares, fratello di Lesbia e acerrimo nemico di Marco Tullio Cicerone, i patti di Lucca e il secondo consolato di Pompeo.
Addirittura, negli ultimi anni della sua vita, Catullo fece parte della “cohors praetoria”, la Guardia Pretoriana che accompagnò Gaio Memmio in Bitinia. Pur tuttavia, quell’avventura gli arrecò pochi benefici, ritornò a Roma senza guadagni economici, né la lontananza riuscì a fargli riacquistare la serenità perduta a causa dell’amore incostante di Lesbia nei suoi confronti.

Catullo, soprattutto, sognava casa sua, lassù,… in riva al lago; e tante volte scappò da Roma per trascorrere a Sirmione, nella villa paterna, momenti indimenticabili di riposo e di serenità interiore! Il poeta amava quel luogo ameno, quel fascino irresistibile della sua terra d’origine. Sirmione rappresentava le sue radici, era il suo luogo dell’anima e dei ricordi più belli dell’infanzia e dell’adolescenza, dove aveva vissuto momenti felici, irripetibili, pieni di speranza… “Oh, Sirmione, terra giuliva della mia prima vita”, ripeteva sempre, “Le cose che si amano non si posseggono mai completamente. Semplicemente si custodiscono!”.
Ma Catullo è stato, soprattutto, un grande poeta, i suoi versi sono intrisi di sentimenti vivi e di passioni travolgenti, di gioia di vivere e di desiderio d’amare. Catullo è considerato uno dei maggiori rappresentanti della scuola dei “neoteroi” (poeti nuovi), il portavoce più autorevoli di un nuovo modello di poesia e di vita, lontano dalla tradizione romana; la sua poetica si rifaceva ai versi del greco Callìmaco, anch’essi diversi dalla poesia epica di tradizione omerica, che tendeva ad essere ripetitiva e dipendente quasi esclusivamente dalla quantità dei versi piuttosto che dalla qualità.
Sia Callìmaco che Catullo, infatti, non descrivono le gesta degli antichi eroi o degli dei, ad eccezione di poche poesie, ma narrano episodi semplici di vita quotidiana. Da questa matrice callimachea proviene anche il gusto per la poesia breve, erudita e mirante stilisticamente alla perfezione. Catullo stesso definì “levigata” la sua poesia, a riprova dell’elaborazione e della perfezione stilistica dei suoi versi, della “leggerezza” e della purezza della parola, della sua brevità; aveva la convinzione che solo un carme di breve durata poteva essere un’opera raffinata e preziosa.

Catullo apprezzava molto la poetessa greca Saffo, vissuta nell’isola di Lesbo, nel VI secolo a. C., e le sue liriche costituiscono una fonte preziosa, grazie alle quali è possibile conoscere l’opera della poetessa greca. Saffo era molto famosa per i suoi epitalami, una forma poetica che cadde in disuso nei secoli successivi. Catullo recuperò e diffuse un particolare tipo di metro detto “strofa saffica”, molto usato da Saffo.
Ma Catullo compose anche dei carmi contro i più potenti uomini del suo tempo: Cesare e il suo favorito Mamurra, Cicerone e i disonesti Nonio e Vatinio. L’avversione per Cesare non deve sembrare in contrasto con l’adesione del poeta ai valori avversi alla morale tradizionale. Non dimentichiamo che Catullo e i suoi “sodales” rappresentavano pur sempre la classe dirigente e i ricchi proprietari. Le loro simpatie di conseguenze andavano alla fazione filosenatoria, di cui condividevano interessi, anche se non i valori, e la loro ostilità si rivolgeva ai “populares”, di cui Cesare era rappresentante.
La novità costituita dall’esperienza poetica di Catullo e degli altri “poetae novi” non sta dunque in una particolare scelta ideologica, quanto in ciò che essi rappresentarono all’interno della società romana. Il loro ideale di vita e la concezione dell’amore erano diversi e insoliti dall’ortodossia romana, così come il modo di considerare la donna, la concezione non tradizionale della famiglia, la maniera di porsi con gli amici, il valore stesso della poesia.
Possiamo dire che Catullo, nel corso della sua breve e intensa esistenza, visse d’arte, di poesia,… e d’amore!
Perché… “il sole può tramontare e risorgere; per noi, quando la breve luce si spegne, resta un’unica eterna notte da dormire…”.

Angelo Battiato (inviato speciale a Brescia)
angelo.battiato@istruzione.it





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