L’università dei bambini
Data: Lunedì, 17 marzo 2014 ore 06:30:00 CET
Argomento: Rassegna stampa


Cosa insegnano le migliori scuole del mondo? Estetica, problem solving, etica e morale ma anche e soprattutto a valorizzare le diversità e a integrarsi con altre culture. Ecco un quadro delle “discipline” impartite in istituti di eccellenza, dall'asilo in su, utili a capire con quali skills si confronteranno i nostri figli. Perché per i bambini di oggi, adulti di domani, la competizione si giocherà su un piano internazionale

Hilton Augusta Rogers ha 11 anni, un passaporto americano e le idee molto chiare sul suo futuro: «Parlare il cinese mi aiuterà a essere migliore e più intelligente», ha dichiarato a Newsweek che l’ha intervistata. Figlia del miliardario americano Jim Rogers, la ragazzina vive a Singapore, dove la famiglia si è trasferita per inseguire il sogno di un’educazione globale. I suoi genitori, infatti, sono esponenti di quell’avanguardia che ha realizzato che lo studio, da solo, non basta più. Perché per i bambini di oggi e gli adulti di domani, la competizione si giocherà su un piano internazionale. Per questa ragione i Rogers - ma non sono certo i soli - sono disposti ad andare molto lontano. Altro che Tiger Moms. Le figlie della famiglia Rogers, dunque, frequentano la prestigiosa Nanyang Primary School, un’istituzione nel panorama formativo di Singapore che, dalla sua, ha già il fatto di essere uno fra i primi hub mondiali dell’istruzione.

Gli ultimi dati Pisa, resi noti lo scorso dicembre, mettono l’ex colonia britannica al secondo posto nella preparazione in matematica e al terzo posto per scienze e lettura, dopo Shanghai e Hong Kong. Ma cosa si studia di diverso in una scuola come quella delle figlie dei Rogers? «La missione della scuola è quella di migliorare l’interazione sociale, sviluppare l’aspetto morale, cognitivo, fisico ed estetico. Abbiamo sviluppato una piattaforma nel segno della globalizzazione, perché i nostri studenti possano condividere, imparare e motivarsi a vicenda», spiega Lee Hui Feng, preside della scuola. Accanto a matematica, scienze, inglese e cinese, grande attenzione è dedicata all’estetica che viene interpretata come una macro-disciplina e già alle elementari i bambini si misurano con composizioni musicali, video, ikebana e giornalismo digitale. Gli studenti di maggior talento, inoltre, hanno accesso a un programma volto allo sviluppo delle capacità critiche di pensiero e di espressione. Come tutte le scuole di stampo britannico, l’approccio è eminentemente pratico e, accanto ai gruppi di recitazione e di dibattito, ci sono anche club dedicati al problem solving, alla robotica, alla calligrafia cinese e alla matematica avanzata.

Dall’altra parte del mondo, nel centro di Chelsea a New York, Avenues World School è una scuola pensata per i nativi digitali: gli studenti sono incoraggiati a utilizzare forme di apprendimento digitalizzato, possono portare a scuola i propri device e sono liberi di collegarsi alla rete, la cui fruizione è controllata da un centro dedicato, che monitora gli oltre cinquemila dispositivi nelle mani degli studenti.

«Internet è una risorsa troppo importante per l’apprendimento e non potevamo permetterci di “spegnerla”», ha commentato Chris Whittle, della scuola che ha aperto i battenti nell’autunno del 2012 in un magazzino del 1928 riqualificato con look minimalista e 60 milioni di dollari di investimento. Avenue intende trasformare in realtà il sogno di un’educazione a misura dei cittadini del mondo e per questo ha in programma l’apertura di venti sedi nelle principali capitali, per permettere la circolazione di studenti e insegnanti. «Ci assicuriamo che i nostri studenti parlino perfettamente almeno una seconda lingua e ci occupiamo anche della formazione del carattere, instillando valori morali ed etici, come “non copiare”, “non rubare”, “non avere paura”», prosegue Whittle. Il contatto con il cinese o lo spagnolo avviene a partire dall’asilo e metà delle lezioni è tenuta nella seconda lingua: un approccio che scavalca il tradizionale sistema a compartimenti stagni - in cui le lingue sono una materia, la matematica e le scienze un’altra -, ma anche una scelta che promuove l’interdisciplinarità, la collaborazione, la soluzione di problemi. Per quanto innovativa, Avenues in realtà non ha inventato nulla. Già nel 1996 - la capillarità di internet era ancora al di là di venire e “No Logo” sarebbe uscito solo quattro anni più tardi -, l’International Commission on Education for the Twenty-first Century dell’Unesco ha pubblicato il documento “Learning: the treasure within”. Nelle sue oltre duecento pagine, il report ha evidenziato quattro direttrici di sviluppo per la riorganizzazione della formazione nel nuovo Millennio. Ovvero: apprendimento del sapere, apprendimento del fare, apprendimento della convivenza e apprendimento dell’essere.

Insomma, un invito per la scuola ad aprirsi al mondo, anche a quello interiore. Ma l’apertura sulla globalizzazione e sull’innovazione non è alla portata di tutti: come fa notare il Wall Street Journal, i costi di iscrizione delle scuole elementari più prestigiose competono con - e in certi casi superano - quelli delle università più blasonate.

Negli ultimi cinque anni (dati 2011), le rette a New York sono cresciute del 79%. Nonostante ciò, chi se lo può permettere si assicura che oltre alle materie tradizionali i propri figli siano esposti alle lingue, alla tecnologia e alla diversità. La paura dei genitori, infatti, è quella che i ragazzi restino indietro rispetto ai coetanei di altre latitudini.

D La Repubblica









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