Il ritratto di Margaret
Data: Mercoledì, 04 dicembre 2013 ore 08:15:00 CET
Argomento: Redazione


Ho riletto una bellissima intervista rilasciata da Heinz von Foerster a Renato Minore e apparsa alla fine degli anni Ottanta sul «Messaggero» di Roma (Lo stregone di Vienna, «Il Messaggero», 5 luglio 1989). Von Foerster parla di quanto fossero stati decisivi per la sua carriera di scienziato gli incontri con lo zio, Ludwig Wittgenstein (tanto che arrivò a imparare a memoria lunghi passaggi del Tractatus logico-philosophicus), ma dalla sua ricostruzione viene fuori anche il carattere vario delle relazioni tra i diversi membri della importante famiglia viennese. La vivacità dell'ambiente familiare sembra essere alla base degli interessi e delle passioni di un giovanissimo von Foerster che incontra suo zio a casa della sorella di Ludwig, quella Margaret Stonborough-Wittgenstein, che, qualche anno prima, nel 1905, era stata ritratta da Gustav Klimt, grande pittore austriaco. Gli storici dell'arte sostengono che il dipinto, olio su tela a grandezza naturale, non piacque particolarmente e venne ritrovato in pessimo stato nella casa di campagna della famiglia, per poi essere venduto nel 1960 da Thomas, il primo dei due figli di Margaret.

Nel corso dell'intervista il luminare parla dell'importanza di Schopenhauer nel suo processo di avvicinamento ad alcune importanti questioni filosofiche, del suo scetticismo nei confronti dell'opera di Freud (notissima ma, in fondo, poco letta dalla buona società) e di quanto il padre della psicanalisi fosse al centro dei discorsi del ceto intellettuale viennese degli anni Venti e, in tutt'altra luce, di Musil, «uno scienziato che faceva letteratura, grande letteratura», e di quanto la competenza scientifica dell'autore dell'Uomo senza qualità fosse «importante per valutare l'eccezionalità di ciò che ha scritto».
È passando da questi crocevia che diventa più semplice afferrare il modo in cui von Foerster maturò la sua idea di conoscenza come prodotto di un soggetto attivo: abbiamo bisogno − dice − «non soltanto di una epistemologia dei sistemi osservati ma anche di un'epistemologia dei sistemi osservatori» (la prima traduzione italiana del suo Sistemi che osservano, a cura di Bernardo Draghi, è del 1987). Proprio lungo il percorso che passa da Musil, da Wittgenstein e arriva fino a von Foerster (e persino a Edgar Morin) finisco per maturare una capacità di vedere e comprendere che fa dell'auto-esame e dell'auto-riflessione un mezzo per considerare in modo critico la mia persona e che, passando anche dal rumore, dall'imprecisione e dall'errore, mi consente di «sperimentare fino in fondo l'ordine dell'ignoranza».

Sempre alla luce di tali acquisizioni è possibile osservare il modo in cui il ritratto di Margaret preso in considerazione (a cui lo stesso Minore fa riferimento nel corso dell'intervista e che era stato commissionato dal padre della donna in occasione delle nozze con Stonborough) renda visibili i caratteri peculiari di quell'idea di opera d'arte totale che sappia finalmente unire la specificità delle arti applicate e della decorazione a una vena espressiva che sia in grado di restituire l'inquietudine dei tempi, attraverso i toni accesi, ossessivi e malati delle sue algide figure. In particolare, nella Margaret di Klimt sembra quasi che la composizione ritmica, il linearismo e la logica regolare dello sfondo prevalga sullo sconcertante realismo del soggetto, quasi incastonato nei fregi rilucenti, nell'oro, nei motivi geometrici. Anche il motivo floreale del raffinato abito nuziale non è che il primo avamposto di un mondo a sé, che non resta sullo sfondo e che si tramuta ben presto in una rappresentazione lampante (non semplicemente decadente) dell'universo ignoto dell'inconscio. Klimt che, come si sa, era stato, sin dal 1897, tra le personalità dominanti della Secessione viennese, propugnando un'idea di arte dinamica e dai forti contrasti cromatici, si pone come precursore della modernità: proprio per questo, non è del tutto peregrino immaginare Wittgenstein impegnato a desumere da un ritratto di Klimt i passaggi più importanti del suo TractatusScritto da Alessandro Gaudio.

Ho riletto una bellissima intervista rilasciata da Heinz von Foerster a Renato Minore e apparsa alla fine degli anni Ottanta sul «Messaggero» di Roma (Lo stregone di Vienna, «Il Messaggero», 5 luglio 1989). Von Foerster parla di quanto fossero stati decisivi per la sua carriera di scienziato gli incontri con lo zio, Ludwig Wittgenstein (tanto che arrivò a imparare a memoria lunghi passaggi del Tractatus logico-philosophicus), ma dalla sua ricostruzione viene fuori anche il carattere vario delle relazioni tra i diversi membri della importante famiglia viennese. La vivacità dell'ambiente familiare sembra essere alla base degli interessi e delle passioni di un giovanissimo von Foerster che incontra suo zio a casa della sorella di Ludwig, quella Margaret Stonborough-Wittgenstein, che, qualche anno prima, nel 1905, era stata ritratta da Gustav Klimt, grande pittore austriaco. Gli storici dell'arte sostengono che il dipinto, olio su tela a grandezza naturale, non piacque particolarmente e venne ritrovato in pessimo stato nella casa di campagna della famiglia, per poi essere venduto nel 1960 da Thomas, il primo dei due figli di Margaret.

Nel corso dell'intervista il luminare parla dell'importanza di Schopenhauer nel suo processo di avvicinamento ad alcune importanti questioni filosofiche, del suo scetticismo nei confronti dell'opera di Freud (notissima ma, in fondo, poco letta dalla buona società) e di quanto il padre della psicanalisi fosse al centro dei discorsi del ceto intellettuale viennese degli anni Venti e, in tutt'altra luce, di Musil, «uno scienziato che faceva letteratura, grande letteratura», e di quanto la competenza scientifica dell'autore dell'Uomo senza qualità fosse «importante per valutare l'eccezionalità di ciò che ha scritto». È passando da questi crocevia che diventa più semplice afferrare il modo in cui von Foerster maturò la sua idea di conoscenza come prodotto di un soggetto attivo: abbiamo bisogno − dice − «non soltanto di una epistemologia dei sistemi osservati ma anche di un'epistemologia dei sistemi osservatori» (la prima traduzione italiana del suo Sistemi che osservano, a cura di Bernardo Draghi, è del 1987). Proprio lungo il percorso che passa da Musil, da Wittgenstein e arriva fino a von Foerster (e persino a Edgar Morin) finisco per maturare una capacità di vedere e comprendere che fa dell'auto-esame e dell'auto-riflessione un mezzo per considerare in modo critico la mia persona e che, passando anche dal rumore, dall'imprecisione e dall'errore, mi consente di «sperimentare fino in fondo l'ordine dell'ignoranza».

Sempre alla luce di tali acquisizioni è possibile osservare il modo in cui il ritratto di Margaret preso in considerazione (a cui lo stesso Minore fa riferimento nel corso dell'intervista e che era stato commissionato dal padre della donna in occasione delle nozze con Stonborough) renda visibili i caratteri peculiari di quell'idea di opera d'arte totale che sappia finalmente unire la specificità delle arti applicate e della decorazione a una vena espressiva che sia in grado di restituire l'inquietudine dei tempi, attraverso i toni accesi, ossessivi e malati delle sue algide figure. In particolare, nella Margaret di Klimt sembra quasi che la composizione ritmica, il linearismo e la logica regolare dello sfondo prevalga sullo sconcertante realismo del soggetto, quasi incastonato nei fregi rilucenti, nell'oro, nei motivi geometrici. Anche il motivo floreale del raffinato abito nuziale non è che il primo avamposto di un mondo a sé, che non resta sullo sfondo e che si tramuta ben presto in una rappresentazione lampante (non semplicemente decadente) dell'universo ignoto dell'inconscio. Klimt che, come si sa, era stato, sin dal 1897, tra le personalità dominanti della Secessione viennese, propugnando un'idea di arte dinamica e dai forti contrasti cromatici, si pone come precursore della modernità: proprio per questo, non è del tutto peregrino immaginare Wittgenstein impegnato a desumere da un ritratto di Klimt i passaggi più importanti del suo Tractatus.

Alessandro Gaudio - Ecodeimonti.it





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